Il genio anarchico di John Byrne: un omaggio ad uno dei più grandi autori di sempre nel mondo del fumetto popolare statunitense
Non ricordo qual è stato il primo fumetto di John Byrne che mi sia capitato tra le mani: forse qualcosa degli X-Men, o forse un albo dei Fantastici 4. Erano gli anni ’80 e i fumetti dei supereroi in Italia li pubblicava la Star Comics.
Una cosa però me la ricordo bene: ho capito subito che quelli erano i supereroi che volevo vedere. Può sembrare assurdo ma io i supereroi li avevo sempre immaginati così, come li disegnava Byrne.
Ancora adesso adoro vedere le sue tavole così perfette, plastiche, eleganti. Una cosa del genere l’avevo provata soltanto con gliAlan Ford di Magnus & Bunker: amore cieco a prima vista.
Ma parlando di fumetti di supereroi in calzamaglia poi, naturalmente, anche per me sono arrivati tutti gli altri: Frank Miller, Bill Sienkiewicz, Dave McKean, Todd Mc Farlane, Alex Ross…
Ogni autore ha il stile e le sue caratteristiche e, nel bene e nel male, sono due gli elementi che fanno la differenza tra un autore e un esecutore: la personalità e il genio. Byrne però è diverso da tutti gli altri: il suo tratto pur essendo immediatamente riconoscibile è sempre riuscito a mantenere in maniera incredibile il contatto con la tradizione.
Le sue tavole riescono ad annullare il tempo in maniera assoluta, totale: i suoi supereroi sono eterni, sempre moderni e sempre classici, le linee che riesce a trattare con la sua matita se ne sbattono di parole come contemporaneità, modernità, tracciano segni che infrangono i limiti temporali.
Per dirla in parole semplici quando penso all’archetipo di Superman, il più supereroe di tutti i supereroi, io ho in testa il Superman di Byrne. E chi se ne frega se Byrne ha iniziato a disegnare il ragazzotto di Krypton soltanto a metà anni ’80: per me sono stati quelli che sono venuti prima di lui che lo hanno copiato (non chiedetemi come ma vi assicuro che è così).
Ci sono autori che esprimono al meglio la loro epoca e che proprio per questo restano dei classici: a distanza di anni si resta affascinati dai loro disegni perché si capisce che non si sono limitati a disegnare un omino in calzamaglia, ma hanno bloccata il tempo che percepivano intorno a loro.
John Byrne no, lui è totalmente estraneo a connotazioni temporali (bisognerebbe fare un discorso infinito sul genio del Byrne scrittore oltre che su quello del disegnatore, sempre che sia possibile scindere i due aspetti). Penso ai suoi X-men, al ciclo dei Fantastici Quattro, al suo Hulk, al suo Namor, a She-Hulk, ai Vendicatori, al suo Superman…
Un altro aspetto che poi mi ha sempre affascinato di Byrne è stata la sua voglia di andare a sviluppare personaggi minori, decadenti (e non soltanto dal punto di vista delle vendite), di risollevae personaggi storici che sembravano arrivati al capolinea, di sfidare sempre e comunque le mode e le tendenze del mercato.
Da qualche anno Byrne non va più di moda: il suo carattere geniale ed anarchico lo ha fatto litigare con tutti (ah, queste prime donne!), ha beccato qualche flop eclatante, il suo stile e il suo gusto sono lontani da quelli di questi ultimi anni, ha la fissa dei robot e di voler fare sempre tutto da solo…
Però, se proprio devo dirla tutta, chi se ne frega: io quando ho un suo albo tra le mani sogno e mi diverto ancora come un ragazzino, cosa si può volere di più dalla vita?