Il permesso – 48 ore fuori – tutto per quel che conta, costi quel che costi.
Voce fuori campo: “48 ore. A voi 4 sono state concesse 48 ore di libertà. Fate un solo passo falso e da qui dentro non uscite più”. Dentro è il carcere di Civitavecchia. Voi 4 sono 4 detenuti: Luigi (Claudio Amendola), Donato (Luca Argentero), Rossana (Valentina Bellé) e Angelo (Giacomo Ferrara). Fuori è ovunque li porti la ragione (ma in realtà più il sentimento) alla base della richiesta di permesso. 48 ore, solo 48 ore è il tempo che ciascuno ha per compiere la propria missione. Partono tutti e 4 contemporaneamente dallo stesso epicentro e, una volta fuori, si diramano, ciascuno verso il proprio punto cardinale: risoluzione, vendetta, riconoscenza … e fuga?
Luigi è richiamato alla funzione di problem solver (“io a risolvo sta cosa”) dall’arroganza di suo figlio, che pretende di vestire i panni del padre, da boss della malavita, pur non avendone la stoffa. Invece la tuta vintage (quella celeberrima, con la doppia banda laterale), insieme al taglio di capelli undercut e ad una testa di orso per anello, marchiano subito Donato come lottatore, disposto a farsi menare, ma anche menare, duro per ritrovare la propria donna. Rossana è un’avvenente ragazza snob, alla quale sotto il naso, in mancanza della cocaina, non rimane che la puzza di galera, e si illude di poter supplire all’assenza della madre con la compagnia delle scarpe d’alta moda. L’ingenuo borgataro Angelo pensa invece di ricongiungersi alla propria famiglia adottiva, formata da quelli che sono (sono stati?) i suoi compagni di scorribande … in primis a casa di sua nonna.
Tutti si muovono lungo la traiettoria del “a fin di bene”, nel perseguimento appunto del bene per sé e soprattutto per i propri cari, costi(no) quel che costi(no), in termini di scontro, anche violento, determinazione e sacrificio. Perfettamente in linea con questo tema suona “Good man” di Raphael Saadiq.
Dopo La mossa del pinguino (ricordate i 4 giocatori di curling?) Claudio Amendola fa il bis alla regia con questo Il permesso – 48 ore fuori, film noir, prodotto da Claudio Bonivento e distribuito da Eagle Pictures, proiettato in anteprima a Milano nell’ambito della 26°edizione del Noir in Festival 2016.
Amendola si ritaglia però in questa occasione un ruolo centrale nella sceneggiatura, ruolo che gli è senz’altro congeniale e familiare. Argentero, abbandonando per questa interpretazione il proprio cliché “camicia bianca-orologio importante-capello impomatato”, ha sicuramente rischiato molto, non solo in termini di carriera, ma anche di costole. Per questo si è preparato diligentemente, facendo i dovuti esercizi (addominali, appunto, più che di recitazione), così da riuscire a mantenere la sua emblematica compostezza anche nell’arte di picchiare duro. Insomma esce senz’altro vincente sia dal ring, che dallo schermo. Sui giovani Bellé e Ferrara c’è poi sicuramente da scommettere.
A tal proposito Claudio Amendola, in presenza Giacomo Ferrara, ha raccontato alla platea del Noir in Festival di aver conosciuto l’esordiente Giacomo sul set di Suburra, l’eccezionale film diretto da Stefano Sollima, tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo. La rapida uscita di scena di Alberto Anacleti detto “Spadino” (freddato da Numero 8) non ha permesso a Amendola di approfondire la conoscenza del giovane interprete, che è stata però evidentemente solo rinviata, per poi sfociare nella collaborazione per questo film.
Ma torniamo un momento alle 48 ore: boss di spicco che tenta di appacificare due fazioni avverse (come il Samurai?!), altolocata con problemi di droga che pretende di comprare scorciatoie privilegiate (come l’on. Filippo Malgradi?!), teppistello con velleità di ascesa nella scala delinquenziale (come Spadino?!), spiaggia con baracche (è Pescara, ma potrebbe essere tranquillamente Ostia) … troppi i richiami a Suburra per essere una coincidenza. Eppefffozza! La sceneggiatura de Il permesso – 48 ore fuori è nata dalla penna di Giancarlo De Cataldo (autore di Suburra, come detto, e Romanzo Criminale) e di Roberto Jannone, con la collaborazione dello stesso regista.
La pellicola è in effetti sostanzialmente, se non proprio uno spin off, una zoomata sulla stessa realtà rappresentata in Suburra, per illustrare da più vicino i suoi meccanismi. In particolare si mette a fuoco, usando il filtro del romanticismo e qualche diottria di ingenuo ottimismo, quali forze manovrano i vari ingranaggi, spingendo il pubblico a riflettere sui possibili effetti di tali manovre sul prossimo futuro … ovvero allo scadere delle 48 ore …
Buona visione, dal 30 marzo.
Tic tac tic tac tic tac…