Il capolinea de Il tram di Natale. La recensione di Maila Cavaliere del romanzo di Giosuè Calaciura pubblicato da Sellerio.

Il tram di NataleTitolo: Il tram di Natale
Autore: Giosuè Calaciura
Editore: Sellerio
PP: 120

Ogni racconto è un viaggio con mete sempre sconosciute e un bagaglio di mistero ed epifanie ed è forse per questo che i mezzi di trasporto hanno ispirato tanta letteratura.

Quello descritto ne Il tram di Natale di Giosuè Calaciura, edito da Sellerio, è un percorso tragico e struggente. È il viaggio del tram numero 14 che conduce, nella fredda e scura vigilia di Natale, verso la periferia delle periferie un gruppo di miserabili.

Non si conoscono ma sono accomunati dalla miseria, dalla precarietà, dalla solitudine, dal non aver paura di spingersi dove nessun altro passeggero vorrebbe andare. Dentro, oltre al disoccupato disperato per aver perso la sua unica banconota, al mago malato, alla prostituta africana e al suo vecchio e sciagurato cliente, al clandestino affamato e all’infermiera stanca della sua solitudine e di quella dei malati che assiste, c’è un bambino in fasce lasciato sul sedile posteriore.

Il dramma che si cela dietro l’abbandono si mescola alla luce di speranza che quella vita insinua nella tragedia quotidiana degli avventori e crea un chiaro parallelo con il tenue bagliore con cui il tram interrompe la notte di una città qualunque.

Con la sua suadente e precisa prosa poetica, Giosuè Calaciura delinea un moderno Canto di Natale che restituisce valore a un’idea di umanità ormai largamente sottostimata.

Attraverso le vicissitudini dello stuolo di personaggi che presenta l’autore siciliano riesce a scuotere il lettore come per uno scossone o una brusca frenata del tram e lo costringe a ridefinire nuovi equilibri, lo mette di fronte alle proprie fragilità e lo riconduce al capolinea, quello dell’appartenenza al genere umano.

Dopo la potente prova di scrittura di Borgo vecchio con cui ha vinto il Premio Volponi, Giosuè Calaciura , finissimo intellettuale engagé (per fortuna ne esistono ancora), torna a divorare il tempo e a trasportare in una dimensione onirica e delirante mentre racconta di relazioni umane vere, spietate e impotenti dinanzi al legno torto del proprio destino.