Fellini, Rossellini e il soldato giallo: Roma città aperta, ovvero la nascita del neorealismo
Fine estate 1944. Roma è stata da poco liberata. Il 4 giugno le truppe americane della V armata comandate dal generale Mark Clark erano entrate nella capitale. I Nazisti ormai erano solo un brutto ricordo. Roma stava tornando lentamente a sognare una parvenza di normalità. Quel pomeriggio di settembre Roberto Rossellini si fermò davanti alla vetrina di un locale di via Nazionale. Un gruppo di soldati americani in libera uscita stazionava sul marciapiede, ridevano, qualcuno entrava, qualcuno usciva. Rossellini si chiese se per caso non avesse sbagliato indirizzo. Alzò lo sguardo e vide l’insegna: The Funny Face Shop. No, non aveva sbagliato. La bottega che cercava era quella. Gli avevano detto che un gruppo di disegnatori umoristici del Marc’Aurelio, il famoso giornale satirico della Roma pre-bellica, lavorava in queste botteghe sorte un po’ dappertutto nella capitale liberata. Al Funny Face Shop i soldati americani per poche am-lire potevano farsi fare un ritratto, una caricatura oppure incidere un saluto su disco da spedire ai parenti oltreoceano. Rossellini quel giorno tuttavia non aveva intenzione di farsi fare né ritratti, né caricature ne altro. Era un regista cinematografico ed era lì per uno scopo diverso e ben preciso. Senza ragionare ulteriormente entrò nel locale. C’erano diversi tavolini più qualche cavalletto. Quasi tutti i disegnatori erano all’opera. Rossellini si guardò intorno fino a quando vide quello che cercava. Con due passi raggiunse il ragazzo. “Sei tu Federico Fellini?” chiese brusco il Regista. Il disegnatore annuì con il capo. Alto, magro, con una fronte spaziosa e i capelli pettinati all’indietro, stava ritraendo un soldato americano che aveva chiare ascendenze asiatiche e che alle parole dell’intruso grugnì cercando di non muoversi per non perdere la posa. “Mi chiamo Rossellini.” “Lo so.” Il soldato sbuffò, Roberto per compiacerlo guardò il ritratto e fece pollice su verso il militare. Poi, continuando a guardare il ritratto tornò a parlare. “Sto mettendo su un film, si intitola Storie di ieri ma il titolo probabilmente lo cambieremo. Parla di Roma sotto l’occupazione nazista. Vogliamo filmare la storia di don Morosini, il prete fucilato dai tedeschi.” “E io che c’entro?” chiese Fellini facendo un sorriso al soldato che si stava spazientendo per la presenza di questo estraneo che aveva cominciato a parlare distraendo il disegnatore. “Fabrizi è l’unico attore in grado di interpretare la parte, ma purtroppo i dialoghi scritti fino a questo momento non sono abbastanza buoni da fargliela accettare” disse tutto d’un fiato.
Evitò di dire che un abboccamento con Fabrizi ci era già stato ed evitò anche di dirgli che in linea di massima aveva accettato la parte ma purtroppo aveva chiesto un milione di lire, una cifra esorbitante che loro non avevano. “Ripeto, e io che c’entro?” “ Be’, sei il soggettista di Fabrizi, hai scritto Avanti c’è posto il suo grande successo. Tu saprai aggiustare i dialoghi, e con i tuoi dialoghi strepitosi Fabrizi accetterà la parte.” Evitò di dire che più che i dialoghi avrebbe dovuto convincere Fabrizi ad accettare solo quattrocento mila lire. “Però di ‘sti tempi il cinema non paga, adesso facendo caricature guadagno bene, e non ho tempo per scrivere sceneggiature gratis.” Borbottò Federico. “ Ma tu sei un artista.” Rossellini cercò di solleticare l’ego del giovane, senza un suo aiuto non sapeva proprio come fare con Fabrizi e senza il nome di Fabrizi non sarebbero riusciti a trovare i soldi che servivano per far partire la produzione. Fellini si fermò, piegò la testa, guardò per l’ultima volta la caricatura finita dopodiché la porse al cliente. Il soldato all’iniziò sembrò contento, tuttavia quando mise a fuoco iniziò ad alterarsi, ad arrabbiarsi paurosamente. Fellini riconoscendolo asiatico gli aveva colorato il viso di giallo. “I’m not Yellow!” urlò il soldato afferrando un tagliacarte dalla scrivania. “Oh!” urlò Fellini scattando in piedi e nascondendosi dietro Rossellini. “I’m not Yellow!” Rossellini cercò di calmare il soldato mentre Fellini continuava a nascondersi dietro le sue spalle per evitare i fendenti dell’americano preso da furore omicida. “Calmati.” “ I’m not yellow.” “Aiuto.” “Sono sicuro che c’è stato uno sbaglio” diceva Rossellini cercando di bloccare le braccia dell’americano.
A quel punto si udirono dei fischi. La Military Police fece irruzione nella bottega. Il soldato fu bloccato immediatamente. Rossellini trasse un profondo sospiro e si passò una mano sul viso. Con la coda dell’occhio vide Fellini che fuggiva verso il retrobottega. Senza perdere tempo lo seguì. Fuori lo trovò poggiato a un muro intento a cercare di riprender fiato e riacquistare la calma. “Ci è mancato poco.” biascicò. “Eh, si.” Fellini si staccò dal muro, guardò verso l’interno della bottega e fece un sorriso forzato che era più un digrignar di denti. “Di cosa hai detto che parla il tuo film?”