Onirico, grottesco e gotico. Ecco a voi In Bruges di Martin McDonagh
Il purgatorio è un po’ una via di mezzo: non hai fatto del tutto schifo ma non sei stato neanche un gran che…
…come il Tottenham
Cosa succede quando si trapiantano due killer inglesi legati da una specie di rapporto filiale nella “fiabesca” Bruges, in Belgio?
E’ quello che tenta di raccontare Martin McDonagh in questo film dalla sottile e ironica filigrana pulp, dominato dalla spettacolare fotografia di una città che ha potuto conservare in sé le cupe atmosfere medievali dei silenziosi canali navigabili e delle maestose costruzioni gotiche.
Ray (Colin Farrell; In linea con l’assassino, La regola del sospetto, Miami vice) e Ken (Brendan Gleeson; Michael Collins, 28 giorni dopo, The Village) si ritrovano a Bruges, allontanati dalla loro Inghilterra a causa di un casino combinato dal giovane Ray, killer alle prime armi.
Così, seguendo le indicazioni del boss schizzato, Harry Waters (Ralph Fiennes; Il paziente inglese, Red dragon, The constant gardener), tentano di fare i turisti, diventando protagonisti di una serie di gag sfiziose ma mai sopra le righe e rigorosamente in salsa british lungo le vie della cittadina belga.
Il tutto mentre Ray affronta la propria crescita, vivendo il rimorso e tentando di evitare il castigo anche con l’aiuto del paterno Ken.
Fino alla resa dei conti.
Come in uno squarcio del “Giudizio universale” di Bosch, ognuno si confronterà con i propri peccati e farà i conti con il proprio onore e i propri principi.