Intervista a James Lee Burke a cura di Matteo Strukul per Sugarpulp
Il sud degli States ha sempre avuto una straordinaria schiera di affascinanti cantori e James Lee Burke, che di quel deep south è custode e cultore integerrimo, è solo uno dei talenti emersi negli ultimi dieci anni nel mercato italiano, se è vero che al suo fianco non possono non venire a mente, fra gli altri, anche Cormack McCarthy, Joe R. Lansdale, Daniel Woodrell, e James Sallis.
Nato a Houston, Texas, nel 1936, Burke non è certo un accademico nel senso ortodosso del termine: ha infatti lavorato nell’industria petrolifera e poi come giornalista ed impiegato all’ufficio di collocamento in Louisiana, è stato quindi professore di College nel Kentucky e successivamente assistente sociale a Los Angeles, senza che tutto questo gli impedisse di prendere una laurea in Letteratura Inglese presso la University of Missouri nel 1960.
Eppure tutto questo girovagare non lo ha distolto dal suo grande amore per la Louisiana ed il Texas, che poi, guarda caso, sono i due Stati in cui vengono ambientati i cicli di avventure dei suoi due personaggi di maggior successo, quelli che gli hanno permesso di scalare le classifiche di mezzo mondo e di vincere ben due Edgar Awards.
Parliamo naturalmente del detective cajun Dave Robicheaux e l’avvocato texano Billy Bob Holland. Autore superbo, definito da Jonathan Kellerman “il Faulkner della Crime Fiction”, ma i riferimenti possibili sarebbero infiniti, da Flannery O’Connor a Erskine Caldwell tanto per nominarne un paio, James Lee Burke è uno di quegli scrittori in grado di rivoluzionare il concetto di noir, riuscendo a fondere i tratti caratteristici del genere con il lirismo vibrante della letteratura del sud. Infatti, anche a causa del suo vissuto, Burke è, a dispetto delle etichette e delle categorie di scrittore di noir doc pure certamente utili sotto il profilo divulgativo-informativo, anche e soprattutto autore di romanzi sociali.
Nei suoi libri il detective Dave Robicheaux è un ex agente della squadra omicidi di New Orleans, a cui hanno ucciso la moglie, che ha deciso di ritirarsi in un angolo appartato sul bayou Teche a vendere esche e a fare l’aiuto sceriffo prima e l’investigatore privato poi a New Iberia.
Disilluso senza essere rassegnato, cinico ma non spietato, Robicheaux è la figura perfetta per Burke, il deus ex machina che gli consente di mettere in vetrina i complicati intrecci della società del sud, incrociando politica con corruzione e sete di denaro, aristocrazia e potere, rabbia e sopruso, evitando, peraltro, nel modo più assoluto di “pennellare” personaggi a senso unico ma anzi proponendo caratterizzazioni quanto mai complesse e sfaccettate, in grado di affascinare i lettori proprio perché rifuggono in ogni modo semplificazioni manichee di sorta. Onore a Meridiano Zero prima e a Fanucci poi, quindi, case editrici attente che hanno pensato bene di pubblicare i libri di James Lee Burke (dopo l’abbandono da parte di Baldini Castoldi e Dalai) acquistandone di recente i diritti e, così facendo, permettendo che uno dei massimi scrittori americani contemporanei giungesse finalmente fino a noi.
L’INTERVISTA
Come e quando hai deciso di cominciare il ciclo dei romanzi di Dave Robicheaux?
Ci fu un periodo della mia vita durante il quale non riuscivo più a pubblicare un romanzo in hardcover (l’edizione rilegata). Quel periodo durò qualcosa come tredici anni. Un mio caro amico e ottimo scrittore – Rick Demarinis – mi suggerì di tentare con un hard boiled. Quando terminai di scrivere il libro, tre importanti case editrici newyorchesi fecero un’offerta. Ricordo perfettamente che quasi svenni per l’emozione.
Pioggia al Neon, pubblicato da Meridiano Zero in Italia è il primo romanzo dedicato a Dave Robicheaux. Che cosa rappresenta per te questo libro dopo vent’anni?
Sono sempre stato molto fiero di questo libro. Venne scritto prima che cominciasse la Guerra del Golfo.
Cosa ti ha suggerito un titolo come questo?
La scelta è legata alla straordinaria bellezza di New Orleans durante una giornata di pioggia, in modo particolare perché a causa dele tante insegne sembra che l’intera città scintilli di tanti neon colorati.
Come descriveresti in breve “Pioggia al neon”?
Direi che è una storia che mescola i temi del traffico d’armi in America Centrale con le politiche sottobanco dell’amministrazione Reagan impegnata a intessere relazioni d’affari con i cartelli della droga e delle armi e a garantirsi l’appoggio da parte di frange della destra estrema fra gli squadroni della morte.
Dave Robicheaux è un detective cajun. Chi erano i Cajun?
Sono i discendenti dei c.d. Acadiani o Acadienne, popolazioni canadesi che vennero espulse dagli Inglesi nel 1755, i quali deportarono queste persone dalla Nuova Scozia fino alle paludi malsane della Louisiana perché lì crepassero come mosche a causa del clima micidiale.
Vorrei che mi parlassi del personaggio di Dave Robicheaux. Qualche volta incarna perfettamente l’eroe buono, altre volte somiglia da vicino a un “cattivo tenente: che tipo di uomo è?
Rappresenta il prototipo del cavaliere bluecollar (blue collar, letteralmente colletto blu, parola del gergo americano per definire gli operai a causa delle tute blu che indossano ndr) errante. Ha tutte le virtù che la maggior parte delle persone ammira e vorrebbe avere: coraggio, senso dell’onore, sincerità, grande pazienza e capacità di accettazione. Ultima qualità, ma non meno importante delle altre anzi, Dave Robicheaux cerca di dar voce a tutti coloro che non ne hanno alcuna, che poi di solito sono i più deboli, gli ultimi della società.
Soprattutto nel ciclo delle storie dedicato a Dave Robicheaux, la natura della Louisiana non costituisce solo un fondale, un’ambientazione ma è piuttosto una parte essenziale della storia, un personaggio vero e proprio che ne pensi? Sei d’accordo?
Penso che il motivo di una simile scelta sia legata agli scrittori che hanno certamente influenzato il mio stile, autori naturalisti come John Steinbeck, James T. Farrell e John Dos Passos. Secondo me luoghi e ambientazione sono personaggi chiave di un romanzo. Aggiungi che fra coloro che ammiro vanno inseriti i nomi di almeno tre grandi cantori del Sud come Erskine Caldwell, William Faulkner e Tennessee Williams e il quadro complessivo è ancora più chiaro.
Che tipo di ricerche conduci per scrivere i tuoi romanzi?
Davvero niente di particolare. Tendenzialmente cerco di curare i dettagli, verifico le date, insomma quel genere di piccole verifiche che si fanno per avere una corretta sequenza cronologica, ma non ho mai condotto quella che potremmo seriamente definire una ricerca su un determinato tema o storia per poi scrivere un libro.
Abbastanza recentemente hai scritto un racconto intitolato Jesus out to Sea, ancora inedito in Italia, e un romanzo L’urlo del vento, pubblicato da Fanucci, che fotografano la tragedia dell’uragano Katrina. La domanda è: come potrà rinascere New Orleans dopo quello che è accaduto?
Non credo di essere in grado di rispondere a questa domanda. Come dici giustamente tu la distruzione di New Orleans ha un solo nome: tragedia. Nel bene e nel male, penso proprio che la vecchia Louisiana sia andata perduta per sempre.
Anche il blues ha un ruolo importante nei tuoi romanzi, soprattutto in alcuni dedicati a Dave Robicheaux come ad esempio La ballata di Jolie Blon uscito per Meridiano Zero. Puoi dirmi due parole sul ruolo che ha la musica nei tuoi libri?
Ho sempre suonato la chitarra ogni giorno della mia vita negli ultimi quarantasei anni e non ho mai fatto significativi miglioramenti. Qualsiasi cosa io suoni, sento porte di casa che si chiudono. Non so esattamente cosa significhi.
Che tipo di scrittori ami leggere?
Solamente quelli molto bravi. Se vuoi imparare a scrivere davvero devi leggere solo buoni autori e non leggerne mai, nemmeno uno, di mediocre. Fra questi ultimi includerei quelli melensi, quelli ignoranti e quelli che si sputtanano.
A quale progetto stai lavorando in questi giorni?
Al nuovo romanzo che ho appena pubblicato: Swan Peak. Anche questo è dedicato a Dave Robicheaux ma questa volta ho deciso di spostare l’azione nel Montana.