Intervista a Valerio Varesi
Due morti in tempi ravvicinati e una pioggia ubriaca, così comincia “È solo l’inizio, commissario Soneri” (Frassinelli, 2010). Due morti, quindi, – uno impiccato e uno accoltellato, un rumeno appartenente a un gruppo fascista di ultras della tifoseria spezzina il primo, un agitatore politico del Sessantotto il secondo. E dalla città di Parma le indagini si spostano ai borghi delle Cinque Terre, mentre le vicende si dipanano tra le nebbie e il mare d’inverno, saldate a una scrittura impeccabile e simenoniana.
Varesi dà nuovamente prova della sua capacità di dominare la materia gialla sfumandola con toni malinconici e noir. Il risultato è un romanzo corposo che tiene il lettore avvinghiato fino alla fine, a tratti con un po’ di magone.
Attraverso un’intervista all’autore abbiamo parlato del suo personaggio, il commissario Soneri: un uomo con cui Varesi ha molto in comune, schivo, di temperamento randagio, poco ossequioso ma educato. Scruta la realtà con l’attenzione di chi non si ferma in superficie e ha una filosofia di vita che molto si confonde quella di Varesi. E visto che lo scrittore è anche un giornalista di Repubblica, abbiamo esteso il discorso alla nostra contemporaneità e al nostro modo di portare avanti e recepire la cultura. Ma, soprattutto, ai veli neri che ci avviluppano.
Partiamo dal titolo. Sembrano parole dette in confidenza, tra amici, quasi un incoraggiamento verso il commissario…
In realtà è un motto del maggio francese che, nel ’68, recitava più o meno così: “C’est ne que un debut…” Appunto: è solo l’inizio. Della rivoluzione, del cambiamento, della protesta… E’ un’invenzione della mia editor Ilde Buratti che, da sessantottina, si ricorda molto bene quel periodo.
Uno dei due morti di questo romanzo è Elmo Boselli, leader del ‘68 parmigiano, un tempo fascino ribelle, grande seduttore sia di donne che di piazze. Le incursioni nel passato recente spiegano un presente in apparenza oscuro. Cosa rimane, oggi, degli anni in cui Elmo agitava le folle?
A livello di idee poco e niente. Il comunismo, sia pur declinato in chiave umanistica, è sparito dallo scenario politico, le speranze di allora sono sepolte così come la grande tensione culturale. Se guardiamo al mondo di fine anni ’60 e a quello di oggi pare di stare su due pianeti differenti. Resta molta nostalgia per quello che Bernardo Bertolucci ha rappresentato molto bene in “Prima della rivoluzione”. Del ’68 restano purtroppo molti guasti di una generazione che, a mio parere, ha distrutto molto e costruito poco per le generazioni future pensando molto a se stessa. Prova ne è che i figli dei sessantottini votano in buona parte a destra o per la Lega. I loro genitori, molto presi da se stessi, hanno trasmesso poco ai figli anche perché tanti sono passati loro stessi dall’altra parte.
“È solo l’inizio, commissario Soneri” si divide tra Parma e i borghi liguri delle Cinque Terre. Come scegli le ambientazioni nei tuoi romanzi?
Lo scenario urbano di Parma, che rappresenta la media città padana del nord ricco, e quello dell’Appennino li conosco molto bene e li uso spesso anche per comodità. Uno scrittore deve conoscere i luoghi in cui si svolgono le sue storie. La novità è il mare della Liguria. Da Parma è quello più vicino e un’autostrada collega la pianura padana con La Spezia. In quest’ultimo caso, la mia conoscenza è di tipo impressionistico. La Liguria è sole, chiarezza, geometria. Insomma: la razionalità euclidea, mentre la pianura nebbiosa e fredda è piuttosto il caos dai contorni sfocati
A proposito di territorialità: come ti sembra l’Italia oggi? Unita, aperta o provinciale?
Gli italiani non hanno il senso della comunità né dell’appartenenza. Sono, come direbbe Gadda, “patriottardi”, vale a dire che ritrovano il loro spirito d’assieme solo per cose futili come le partite di calcio o qualche altra bazzecola. Per il resto conoscono solo il proprio interesse e quello della propria famiglia di appartenenza che può essere in senso ristretto o allargato come il clan, la consorteria, la cosca… La “res publica” è un concetto sconosciuto anche perché siamo un popolo di ignoranti il cui tono dominante è quello che un tempo si definiva piccolo borghese
In che rapporti sei con Soneri? Lo sogni, ti fa compagnia?
No, non lo sogno se non come sviluppo narrativo. Comunque ho buonissimi rapporti dal momento che continuo a renderlo protagonista. Forse arriverà il momento del litigio, ma per ora siamo ancora in buoni rapporti
Cosa ti direbbe se ti incontrasse?
Forse mi rimprovererebbe per avergli affibbiato un così brutto carattere
E tu, cosa risponderesti?
Che è uguale al mio
Dirigi la pagina culturale per il martedì di Repubblica Bologna. Com’è la critica in Italia? Esiste una critica pura o viene sempre contaminata dal vissuto e dalle idiosincrasie del recensore?
Certe scorie non si eliminano: credo che sia umano e non esista il recensore del tutto asettico. La critica mi sembra quasi scomparsa. L’Italia è piena di recensori che non strappano nemmeno il cellophane sopra la copertina. In genere, anche qui, sono in auge le mafiette culturali del tipo: io recensisco te e tu recensisci me e tutt’e due non recensiamo i nostri nemici… Penoso. Nella paginetta che gestisco il martedì cerco di dare spazio un po’ a tutti e quindi di allontanarmi da questa modalità
Chi maneggia la letteratura ha dei doveri? Nei confronti di chi?
Sì, credo che dei doveri ce ne siano. Per esempio, quello di essere un po’ missionari della cultura, di propagandare la lettura, i libri. Soprattutto di insegnare ai ragazzi l’amore per la conoscenza. Io, nei limiti del possibile, vado nelle scuole a raccontare queste cose. Magari molti ragazzi si annoieranno, ma qualcuno si appassiona. Devo dire che sono tanti, per fortuna, i giovani che si incuriosiscono, che chiedono, che vengono affascinati dalla lettura.
Progetti?
In futuro desidero scrivere libri senza parentele col giallo e col noir. L’ho già fatto, ma credo che uno scrittore debba cimentarsi con più di un registro narrativo. Anche perché penso che il mondo giallo-noir subirà l’esplosione della bolla speculativa attuale. Tutti si sono messi a scrivere sfruttando il genere e il risultato è un’inflazione dannosa.