Intervista ad Alessio Romano a cura di Daniele Cutali per Sugarpulp MAGAZINE
Ciao Alessio e benvenuto sulle pagine di Sugarpulp Magazine. Il tuo esordio scoppiettante nelle vesti di scrittore è stato Paradise For All, pubblicato nell’ormai lontano 2005 per la Fazi Editore.
Un bel thriller-noir ambientato a Torino, con protagonisti alcuni allievi e docenti della Scuola Holden. Tu stesso sei stato allievo della Scuola Holden. Raccontaci della tua permanenza a Torino e della frequenza alla Holden.
Perché ti sei ritrovato a Torino e hai deciso di frequentare la famosa scuola fondata da Alessandro Baricco?
Ho sempre sentito molto forte in me la vocazione per la scrittura e quella scuola mi sembrava il posto migliore per cercare di mettermi alla prova. Sono stati due anni molto belli e anche molto formativi. Il risultato è stato proprio Paradise for All, un romanzo scritto per cercare di rielaborare tutto quello che avevo letto, imparato e compreso durante quella formidabile esperienza culturale.
Cosa ti è rimasto impresso di più del capoluogo sabaudo, dal tuo punto di vista di abruzzese?
Torino è una città che offre molto da un punto di vista culturale e umano; e che però ha anche un’aurea di mistero che la circonda. Io venivo da Bologna, dove ho studiato Lettere Moderne per cinque anni, un’altra città che ho amato tanto: più a misura d’uomo… anzi, più a misura di studente.
Come è nato Paradise For All? Avevi qualche idea prima o la folgorazione ti è venuta sulla via della Holden, data l’ambientazione?
L’idea era di partire da Twin Peaks del grande David Lynch e di usarlo come modello per raccontare un microcosmo popolato di scrittori e di aspirati scrittori che conoscevo bene, perché l’avevo abitato per due anni. La sua costruzione è avvenuta di getto, man mano che scrivevi, o hai pianificato le cose, trama, personaggi, luoghi ecc.? Una traccia generale di un romanzo la faccio sempre prima di iniziare a scrivere; per esempio per Solo sigari quando è festa ho riempito due quaderni fitti di appunti. Ma poi è anche bello lasciarsi sorprendere da quello che scrivi, man mano che lo scrivi, lasciare che i personaggi prendano una vita propria.
Come sei approdato alla Fazi Editore? Semplice invio del manoscritto o ha aiutato il “curriculum Holden”?
Fu tutto relativamente semplice; mandai il manoscritto solo a loro e dopo un mese mi dissero che mi avrebbero pubblicato. Non so quanto abbia contato il fatto che avessi frequentato la Holden. A quel tempo alla Fazi lavorava Massimiliano Governi che era davvero molto attento agli esordienti e che ne lanciò tanti altri insieme a me. A volta basta essere la persona giusta al momento giusto.
La tua esperienza con Fazi è stata soddisfacente? Promozione, distribuzione e tutto il resto?
Sì, era (e rimane) un’ottima casa editrice.
Quindi dieci anni di interregno senza sapere più nulla. Cosa è accaduto nel frattempo? Cosa hai combinato?
Ho letto molto, prima di tutto. E anche viaggiato parecchio per l’Europa e il Sud America. E poi mi sono dato da fare come operatore culturale nella mia città, Montesilvano, organizzando festival, incontri con autori e corsi di scrittura. Ma soprattutto ho avuto tempo per scrivere e riscrivere il mio nuovo romanzo.
Poi, come un fulmine a ciel sereno, esce Solo sigari quando è festa nientepopodimeno che per la Bompiani! Spiegaci un po’ la questione, Alessio. Ovvero: come è nato questo tuo secondo romanzo? Gestazione lunga o negli ultimi tempi ti è venuta l’ispirazione all’improvviso?
Gestione lunghissima: dal 2009 ho lavorato pressoché ininterrottamente fino al gennaio del 2015 (quando ho consegnato l’ultima bozza del libro per andare in stampa). Un lavoro per cercare una scrittura quanto più pulita ed efficace possibile. Ma anche per rialberare, al pari di un lutto, la tragica esperienza del terremoto di L’Aquila attraverso il genere che ho trovato più adatto: quello del thriller. In più ho dato voce a un’altra inquietudine legata al diffondersi dei social network: ho provato a raccontare l’esigenza di esibizionismo che fa diventare pubblica la nostra vista privata.
Come hai fatto ad arrivare alla Bompiani dopo dieci lunghi anni di silenzio?
Paradise for all fu salutato da un buon successo di vendite e di critica e il suo ricordo è rimasto ancora vivo. Il problema non è quasi mai trovare un editore, ma trovare la storia che valga la pena scrivere.
Se Paradise For All era un thriller/noir, come definiresti Solo sigari quando è festa?
Il genere più preciso è quello del thriller. Dal giorno del terribile terremoto di L’Aquila, il protagonista Nick non fa altro che essere in pericolo di vita per tutto il romanzo. Ma c’è anche un giallo da scoprire. Infatti appena tornato a vivere nella casa con suo padre dopo il terremoto, su Facebook a Nick arriva una richiesta di amicizia da un profilo misterioso, quello di un utente che si chiama “Il Ragno” e cha ha solo cinque amici, di cui tre morti in circostanze misteriose. Nick capirà presto di essere in pericolo e che deve riuscire a scoprire l’identità di questo misterioso Ragno.
Cosa diresti ai lettori di Sugarpulp Magazine per far sì che lo leggano? Cos’ha di interessante il tuo libro?
È il tentativo di raccontare il nostro mondo reale attraverso l’utilizzo del romanzo di genere. Ma se non vi fidate di me, credete alle parole di Matteo Strukul, proprio qui su SugarPulp: “Saccheggiate le librerie allora, comprate Solo sigari quando è festa e riscoprite questo giovane, fantastico autore. Ne vale davvero la pena”.
Cosa ti attendi dalla collaborazione con Bompiani?
Intanto, per me, è un vero onore vedere un mio romanzo all’interno di un catalogo che va da Moravia a Tolkien, contiene alcuni degli autori più importanti della letteratura mondiale. Dal futuro non so che dirti, ma già ora ho imparato molto da Bompiani.
Hai qualcosa da dire agli scrittori esordienti, ai lettori di Sugarpulp Magazine e all’Associazione stessa?
Agli scrittori esordienti dico: leggete, leggete e leggete. E vivete tanto. A voi di Sugarpulp non posso che fare grandi complimenti per un lavoro svolto con grande passione.
Grazie Alessio per la tua grande disponibilità e in bocca al lupo per cento di altri romanzi. A presto.
Crepi… o meglio ancora: viva il lupo!