Intervista ad Andrea Pinketts

Sono le sette di sera, la sera è quella di un venerdì di ottobre. Ho rintracciato Pinketts come farebbe un cane da tartufi, dal suo sito, mandando una email. Tenete presente che il grande scrittore non usa la rete, dall’altra parte del monitor c’è una persona fidata che gli fa da tramite. Eppure, dopo soli due minuti di attesa, mi arriva la risposta che dice “chiamami subito al cellulare”. Pinketts è da qualche parte, immagino sia un pub, la musica è altissima. Lui urla di spegnerla, poi, visto che l’atmosfera non è quella giusta, mi da il numero del locale e si rintana da qualche parte per rispondere alla mia intervista. Mi sento Mata Hari. Lui esordisce dicendo che odia la tecnologia, cosa di cui già mi ero resa conto. Si scusa con un: “sai com’è, sono un uomo di Neanderpinketts”. Dal suo lato del filo sorseggia un cocktail, dal mio lato mi accendo una sigaretta. Il registratore di fortuna, che ho miracolosamente raccattato nel cassetto della scrivania, fa il suo dovere. Pinketts fa tutto il resto.

Andrea G.Pinketts è l’uomo dallae mille vite. Scrittore, opinionista, giornalista investigativo, fotomodello (nel 1986 è testimonial per una campagna pubblicitaria di Armani), maestro di arti marziali, copywriter, pugile, autore di testi per canzoni… Sulla carta d’identità ti sei accontentato di inserire tuttologo o hai preferito quella G che ti contraddistingue?

Basta una G, una G variabile, a me piace la variabilità. Visto che nome e cognome ci vengono assegnati, ho deciso di aggiungere una G, che a volte sta per genio, alle volte per ganascino (il pizzicotto sulla guancia, all’ombra della Madunina. NdA), a Napoli sta per guaglione…

Quindi la G è variabile anche geograficamente?

Per me la G è un estremo libero, l’estremo del resto è sempre libero.

Ci siamo incontrati al MystFest 2009, premio che tu hai vinto e stravinto (’84, ’89, ’90), in una cittadina dove sei sceriffo (delibera 8636 della Giunta). Cosa aspettano ad intitolarti una piazza?

Ho vinto tre MystFest e sono anche diventato una sorta di detective comunale di Cattolica, pur essendo io molto poco cattolico. Ricordo quando il sindaco Gianfranco Micucci voleva dedicarmi, come tu hai insinuato spudoratamente, una piazza. Qui ci sarebbe stata una fontana che, anziché un cavalluccio marino, avrebbe riprodotto le sembianze di un cavallo da cowboys. L’idea era che spillasse birra ai passanti.

E’ un’idea da riprendere, bisogna farlo presente all’attuale amministrazione!

Mah, chissà, nel frattempo collaboro ancora col Gran Giallo Città di Cattolica, premio che mi ha dato la notorietà.

Quindi vincere il MystFest porta bene…

Una volta era fondamentale per entrare nel mondo dell’editoria, adesso forse lo è un po’ meno. Per ragioni di “lodi” la Mondadori ha meno appeal.

Non mi fai coraggio, visto che l’edizione 2009 l’ho vinta io!

Una volta il MystFest era una porta aperta, quasi come vincere una caccia al tesoro. Ti dava la possibilità di accedere ad un mondo che, come esordiente, non ti apparteneva. Adesso è un premio importante ma abbastanza istituzionale.

Nel frattempo mi barcameno tra Lazzaro e Andrea, fatico a decidere come lo devo chiamare. Glielo faccio presente e dicendogli “immagino che molte delle mascalzonate del personaggio siano anche un po’ tue”, introduco la domanda seguente. Hai vinto di tutto (“Una remington sulla strada” per il miglior giornalista investigativo italiano, Premio Scerbanenco, Noir in festival di Courmayeur, Noir in Campione…) vorremmo assegnarti anche il Premio Angiolotta di bontà (Il vizio dell’agnello – Pinketts, 1994) ma ci servono le tue credenziali. Una buona azione di Andrea G.Pinketts?

Ho aiutato un boy-scout ad investire una vecchietta.

Alla mia risata continua dicendo che è un paradosso immaginare si possa essere buoni o cattivi al cento per cento. Nel 1997 per Flamingo ti sei occupato del fenomeno dei serial killer, curando la prima Enciclopedia dei serial killer italiani (libro introvabile, conosco gente che ucciderebbe per averlo). So che pare brutto chiedertelo ma… chi è il tuo serial killer preferito?

Sono stato uno tra i primi ad investigare in questo campo, poi sono arrivati i miei amici, peraltro bravissimi, Picozzi e Lucarelli. Il mio serial killer italiano preferito in realtà non esiste. Tieni anche conto che io sono una persona tutt’altro che seriale, persino nelle opere che scrivo cerco di non esserlo, figuriamoci nell’omicidio! Diciamo che il mio serial killer preferito è un caso irrisolto, non posso dirti di più sennò mi querelano. Ne riparleremo quando ci saranno le prove del suo secondo omicidio. Posso solo dirti che è un assassino di Genova, che ancora non è stato scoperto.

Ok, allora attendiamo sviluppi, poi magari mi richiami per dirmi di più.

Ma io non ho il tuo numero, cara.

Qui ho glissato e sono passata alla domanda seguente. Ti definisci un incrocio tra Fonzie e Einstein, esiste quindi una “relatività del giubbotto di pelle”? Belli e dannati o dannatamente Pinketts?

Meglio essere bello e dannato, essere dannatamente Pinketts comporta delle responsabilità che io cercherei di non assumermi mai, ma sono inevitabili.

Sei un appassionato di sigari, donne, bar equivoci e cattive compagnie. Dovessi rinunciare ad uno di questi piaceri… cambieresti marca di sigari?

Non rinuncerei a nessuno dei miei vizi ma un giorno a settimana faccio ramadan, non bevo, non fumo e non vado a donne. Quel giorno mi sento svuotato, una sorta di purificazione, così il giorno dopo, quando accendo un sigaro, bevo una birra e vedo una ragazza graziosa… non so resistere.

I tuoi lettori ti considerano un Dio. Questo ti sprona a nuovi miracoli letterari?

Il miracolo letterario è sempre in divenire. Nel momento in cui viene compiuto o organizzato non è più un miracolo.

Condividiamo la passione per Fred Buscaglione, a dire il vero trovo che vi assomigliate parecchio. Sai anche cantare?

Io sono un grande crooner, ho cantato anche in vecchio locale di Milano, un posto che non esiste più e di cui in questo momento non voglio citare il nome, perché diventerei nostalgico. Voglio invece ricordare che ho celebrato nel 2000, con un’interpretazione alquanto movimentata, il quarantennale della scomparsa di Fred, un interprete straordinario e soprattutto un grandissimo musicista.

Sei stato attore di fotoromanzi. Come sono riusciti a tenerti zitto e fermo?

Fare fotoromanzi era fortissimo. Uno ti diceva di fare la faccia come per dire “sto prendendo un treno, amore”. Tu facevi quella faccia e il fotografo scattava. Il regista, per non essere da meno, diceva che quell’espressione non andava bene, dovevi metterci più intensità. Alla terza volta che facevi la stessa faccia, tutti dicevano che era proprio quella che dovevi fare.

In Francia sei una leggenda vivente, però hanno eletto Sarkozy. Quel giorno proprio non ti andava di fare il Presidente della Repubblica?

L’avrei anche fatto, ma non ho la cittadinanza francese. Sono però Cavaliere al Merito Culturale della Repubblica Francese. Là hanno un’attenzione maggiore verso la cultura, soprattutto verso il noir, un buco in cui puoi infilare qualsiasi cosa. In Francia è un genere molto apprezzato. In Italia, invece, vediamo persone come Margaret Mazzantini e Susanna Tamaro… non basta essere brave scrittrici per essere scrittori, scusa l’attimo di maschilismo! Immagino che ora non potrò più fare un film con Castellitto.

“Non puoi avere la luna piena e la moglie ubriaca. Specie se sei un licantropo” (Io, non io, neanche lui – Pinketts, 1996). I tuoi libri sono pieni di chicche che i tuoi lettori (e adepti) snocciolano, un vero gergo pinkettsiano. Tutti vorrebbero conoscere l’ingrediente segreto di Pinketts e quello della Coca Cola, svelaci il tuo… e che gli astemi si arrangino!

Mi provochi una risposta abbastanza banale. Io sono come il rum per la Coca Cola, con me diventa Cuba Libre.

Ogni tanto lo rincuoro, sapendolo chiuso non so dove, in qualche antro buio di quel locale, costretto a rispondere alle mie domande.

Ma no, dai, le tue domande sono abbastanza intelligenti da meritare la mia attenzione.

Esistono diversi calendari, da quello Maya a quello gregoriano. Tu nei hai uno pinkettsiano, dove lo zero corrisponde al tuo quattordicesimo compleanno. Ci puoi spiegare questa rivoluzione temporale?

Io ho due età diverse in me, una è quella del bambino che diventa ragazzo, l’altra, invece, è iniziata attorno ai quattordici anni, quando ho avuto la consapevolezza di essere adulto. In pratica quella che sto vivendo è la condizione di un quattordicenne che continua ad avere quattordici anni fino alla morte. Quindi il bambino Andrea e il Giovane Pinketts… e i dolori del giovane Pinketts, che tra un po’ diventeranno artriti!

Stai quindi vivendo il giorno della marmotta?

Credo esista veramente questa fase, in cui improvvisamente ti improvvisi uomo, questa è una citazione di Franco Califano.

“Io sono contemporaneamente seducente e sedicente. Seduco e racconto cose su di me”(Fuggevole turchese – Pinketts, 2001). Pinketts seduce volontariamente i lettori o, semplicemente, la gente riconosce il genio quando ne incontra uno? (E’ una domanda marzulliana, lo so!).

Nel momento in cui scrivo, e mi scuso coi lettori, io me ne frego. Scrivo a penna riempiendo un vuoto, è qualcosa che mi entusiasma. Il mio prossimo libro, che uscirà forse tra un anno per Mondadori, è stato scritto rigorosamente a penna, e ogni giorno era una sorpresa.

Quindi eri sedotto dalla pagina bianca?

No, ero angosciato. La pagina bianca è come la Dama Bianca che non si concede.

Queste sono state le ultime lapidarie parole di Andrea G. Pinketts, la telefonata è durata quaranta minuti e ne conservo gelosamente la registrazione. Qualcuno potrebbe pensare che intervistare Pinketts sia un’esperienza traumatica, difficile stare al passo con la sua favella e coi suoi giochi di parole. Lui ha “Il senso della frase” (Feltrinelli, 1995)! In realtà se conosci Lazzaro Santandrea sei già in sintonia con il suo creatore… e poi con AGP non ci si può davvero sentire imbarazzati, semmai si maledice la distanza Ferrara-Milano che rende difficile bere una birra in compagnia di un genio!