Io Capitano, la recensione di Giacomo Brunoro del film di Matteo Garrone in concorso all’80a edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

Io Capitano di Matteo Garrone è un film potentissimo. Un film che affronta un tema molto complesso come quello dei flussi migratori e lo fa senza ipocrisie e senza toni moralistici o paternalistici.

Io Capitano racconta la storia di due ragazzi che decidono di partire dal Senegal alla ricerca di una vita migliore, di un futuro. Un racconto che ci mostra l’ingenuità di chi non ha gli strumenti culturali per capire la complessità della società in cui si trova, complessità con cui i protagonisti saranno costretti a confrontarsi subendo una violenza  agghiacciante. 

Quello di Garrone è un film che parla di speranza, di lotta, di sentimenti profondi che riescono a tenere in piedi le persone anche quando sembra impossibile. È un film che racconta la possibilità di restare umani di fronte all’abisso dell’assenza di umanità.

Il viaggio di un eroe

Non sono completamente d’accordo con chi ha parlato di dimensione “favolistica” per questo film. Leggere la storia di Seydou come il classico viaggio dell’eroe è a mio avviso limitante. Garrone, infatti, sceglie di raccontarci uno dei tanti viaggi dell’eroe. Questo non è il viaggio dell’eroe, è il viaggio di un eroe. 

Un viaggio fatto da persone normali che non hanno nessuna voglia di essere eroi e che si ritrovano loro malgrado a confrontarsi con situazioni inimmaginabili, ma si tratta comunque di una narrazione che è fortemente inchiodata alla realtà.

Torno su quanto scritto in apertura: l’aspetto centrale di Io Capitano secondo me è il riuscire ad essere umani nonostante tutto e tutti, una sfida che deve per forza coinvolgere anche noi che siamo dall’altra parte del confine, dove la gente sogna di arrivare.

La dimensione del racconto

La scelta fatta da Garrone è quella del racconto puro, una dimensione narrativa che permette al regista di fare grande Cinema, un cinema da Leone d’oro (anche se, si sa, le giurie ci hanno abituato a grandi sorprese in passato).

E proprio questa scelta fa sì che il Io Capitano non sia un film politico o, meglio, che sia anche un film politico. Un film che ci costringe a guardare in faccia la realtà senza ipocrisie, senza giudizi figli di ideologie che impediscono di fare i conti con il mondo reale.

Da questo punto di vista è molto intenso il legame tra Io Capitano e Zielona Granica (Il confine verde), il bellissimo film di Agnieszka Holland in concorso a Venezia.

La regista polacca ha infatti fatto la stessa scelta narrativa e stilistica di Garrone, anche se nel caso di Holland siamo di fronte a una storia corale spostata a altre latitudini. Se Garrrone racconta il viaggio durissimo dal Senegal all’Eruopa, Holland racconta il dramma che si consuma quotidianamente al confine tra Polonia e Bielorussia.

Un film da Leone d’Oro

Andate a vedere il film di Garrone, andate a vederlo al cinema (il film è in sala in questi giorni). Fatelo per godere di una storia epica, per immergervi in un racconto attualissimo, per togliervi dalla testa pregiudizi ideologici. E poi parlatene con i vostri amici, con chi non la pensa come voi, confrontatevi con gli altri.

Il Cinema italiano (e non solo) ha bisogno di film come Io Capitano, film importanti, capaci di farti venire un groppo in gola e di darti una bella scossa.

Film che raccontano la realtà con occhi nuovi e che ci permettono di porci mille domande. Per le risposte invece non vi posso aiutare, quelle forse arriveranno col tempo…