Io, non io, neanche lui, brevi racconti ai limiti del surreale, cui protagonista è la parola, guidata naturalmente dalla fantasia sconsiderata di Pinketts.
Titolo: Io, non io, neanche lui
Autore: Andrea G. Pinketts
Editore: Feltrinelli
PP: 104
Prezzo: 7.00
Undici godibilissimi cortometraggi legati tra loro da un filo conduttore, brevi racconti ai limiti del surreale, cui protagonista è la parola, guidata naturalmente dalla fantasia sconsiderata di Pinketts. Ho comprato “Io, non io, neanche lui” l’altra sera, per necessità che definirei fisica.
Avevo bisogno di leggere ancora quest’incredibile funambolo della parola così amato dalla Pivano. Di leggere quello scrittore che nei primissimi anni ‘90 fondò la scuola dei duri, chiaro atto d’amore nei riguardi del più bullo dei duri italiani.
Sì, proprio di colui che negli anni ’50 imperversava nella canzone italiana con ironia e con gusto a colpi di swing. Ah caro Fred, sono sicuro che ti garberebbe assai questo bulletto milanese dal cipiglio severo e dal sigaro perennemente sulle labbra. No, non ha la tua autorità e le sventole, ogni tanto, un due di picche glielo rifilano, ma ti assicuro che le dimensioni del suo ego non scherzano, e pure lui beve tutto rigorosamente senza ghiaccio.
Era ora che scrivessi un commento serio a un’opera di Pinketts!
E che Pinketts!
“Potere alla fantasia!” sembrano gridare le sue pagine, forse memori della lezione di quegli indiani metropolitani che nel ’77 imperversavano per la sua Milano. Ed è una fantasia caustica, di quella figlia di “Cannibale”, ultimo piccolo miracolo di quell’onda lunga partita dal ‘68. Poi però ti soffermi a rimuginare che in realtà la riflessione sull’uomo, sulla sua meschinità, sulla sua natura, è molto più profonda di quanto non appaia a una lettura superficiale.
Il riso iniziale si trasforma in un sorriso amaro. Pinketts ha fatto inesorabilmente sua la lezione del Pirandello, del saggio sull’umorismo. E l’ha attualizzata, unendola alla scuola tutta italiana in cui il noir diventa strumento di analisi sociale.
Si diverte a giocare con le parole, che nelle sue mani diventano morbida creta, e a cui si perdona qualsiasi licenza. Potrei citare un’infinità di giochi di parole, di calembour, di veri e propri “solfeggi” letterari per convincervi che quest’uomo và assolutamente letto. Ma quelli li potete trovare ovunque in rete.
E se non vi fidate di me, fidatevi almeno di una Signora, con la “s” maiuscola, di nome Fernanda Pivano.