Io sto con Richard: lo scandalo. Richard Gere a Che tempo che fa dice NO ai social media. Un nuovo pezzo di Giulia Mastrantoni per SugarDAILY.

E vai con le critiche a Richard Gere! È stata la volta di Umberto Eco qualche mese fa, poi abbiamo puntato il dito contro quel concentrato di pazienza che è Gianni Morandi, oggi tocca al bell’attore di Shall We Dance. E la colpa è sempre dei social network. Per chi – come me – vive fuori dal gossip, questi i fatti: il 13 Dicembre Richard è stato ospite da Fabio Fazio a Che tempo che fa, per la seconda volta in pochi anni. Mentre Fazio gli mostrava una scatto di uno dei suoi film indipendenti in prossima uscita dicendogli “L’hai postata e ha raggiunto 85 milioni di visualizzazioni!”, Richard l’ha smentito dicendo che no, non l’ha postata lui. “I don’t have anything to do with social media”. Questa la frase incriminata.

I fans – fortunatamente non tutti – e anche i chiacchieroni – sfortunatamente parecchi – , sono partiti all’attacco: “Come si permette quel gran figo di Richard di essere così presuntuoso da non ringraziarci pubblicamente per supporto e affetto tramite i social?”. Parole chiave: presunzione, social. Il punto è che Richard è diventato famoso – per essere riduttivi – in un’epoca in cui i social esistevano solo nei romanzi distopici. I sentimenti di oppressione, di controllo ossessivo e di connessione costante che derivano da un’esistenza assolutamente iperdiffusa dei social erano solo espedienti letterari. Oggi sono diventati più che realtà. Il bisogno di postare, di essere al centro dell’attenzione, di guadagnare like, di fingersi “famosi” sembrano essere diventati il Dio invisibile e polimorfo che ci governa. Si trasforma in un uccellino bianco e candido, in una F gigante, in un obiettivo che mira dritto verso le nostre vite, ma è sempre lui: il Dio Social.

Twitter, Fb e Instagram sono parte della nostra cultura – quella contemporanea – , sono parte dei nostri mezzi di comunicazione. Non sono parte della vita di Richard, perché cronologicamente sono distanti da lui. È nato nel ’49. Un uomo di 66 anni che nella sua vita di occupa di recitazione, perché mai dovrebbe improvvisamente cambiare la sua esistenza e fare un corso accelerato di social managing per buttarsi nel mare della comunicazione virtuale? Se ha voglia di farlo, come Gianni Morandi, ben venga. Ma se non ne ha voglia e, soprattutto, non ne sente il bisogno, dov’è la notizia scioccante e “presuntuosa”? Se i social sono utili a chi – come me – non è nessuno e ce la sta mettendo tutta – fegato incluso – per farsi un nome e costruirsi un futuro, è anche vero che sono del tutto superflui per una star come Richard. Si è conquistato il lavoro che amava, ha una carriera brillante e non ha nessun bisogno di accrescere la sua popolarità. La sua carriera non ha bisogno del supporto dei social.

Ma poi… funziona davvero la “pubblicità” dei social network? Svariati post sponsorizzati su Fb non raggiungono il numero di click – gli addetti ai lavori lo sanno bene – , per non parlare del problema dei siti di “informazione” che per guadagnare visualizzazioni – e fare soldi – divulgano bufale o “impaprikano” il titolo. Se la notizia non è piccante, non fa scalpore e non è “esagerata” le visualizzazioni languono, i click soffrono, i guadagni “ci fanno ciao”. A riprova del fatto che anche i quotidiani online “seri” sono in crisi, c’è la dichiarazione di Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, di qualche giorno fa. L’appartenenza al regno dei social, quindi, non è la chiave verso il successo. Non che non lo sapessimo – gli autori emergenti ne hanno consapevolezza – , ma forse ricordarlo fa bene alla capacità di pensiero critico. Esistono pagine di ogni sorta, di ogni “autore”, di qualunque “artista”. E magari hanno 15 likes.

Non è uno spazio virtuale inutile? Se poi pensiamo che i nostri Facebook Friends non fanno che ricevere inviti, nostri e dei loro altri 4.000 amici, per cliccare Mi Piace a pagine sull’utilità della carta igienica, partecipare a eventi a 10.000 km di distanza da dove si trovano loro, supportare le campagne di crowdfunding dell’amico dello zio del cugino del gatto dell’ex moroso della nonna della cugina di quinto grado del conoscente di quel tizio di cui non mi ricordo il nome, allora forse faremmo bene a pensarci due volte prima di fare spam “inutile” e fastidioso. Amara verità, ma pur sempre verità. E i fans di Gere? I suoi fans, il bellissimo attore, li ha ringraziati pubblicamente svariate volte, durante le interviste, firmando autografi e via dicendo. Cambierebbe davvero qualcosa se scrivesse un post su Fb per dire “Thank you, everyone! You are wonderful!”? Fino all’altro ieri nessuno sembrava offeso dall’assenza di Richard su Fb.

Durante l’intervista con Fazio, Richard ha anche detto che lui supporta il cinema indipendente e che, dato che è stato molto fortunato dal punto di vista lavorativo-economico, può permettersi di supportarlo concretamente, non solo a parole. Infatti, ha girato un film sui senzatetto di NY per sensibilizzare al problema e, per concludere l’intervista, ha raccontato un aneddoto. Era vestito da senzatetto in centro a NY per le riprese. Le telecamere erano nascoste. Nessuno dei passanti, nessuno, si è avvicinato all’attore durante i 45 minuti di riprese. Perché nessuno ha saputo andare oltre le apparenze e riconoscerlo, sotto al mare di abiti luridi e logori che portava.

La foto che Fazio gli ha mostrato e che ha raggiunto 85 milioni di visualizzazioni, era proprio una foto scattata durante quei 45 minuti. “Questo la dice lunga su tutto quello che siamo diventati e su quello che siamo”, ha concluso Fazio. #ILoveRichard #KissMeRichard