Isla bonita, la recensione di Corrado Ravaioli del romanzo d’esordio di Nicola Muscas pubblicato da 66thand2nd edizioni.

Isla bonita, copertina

  • Titolo: Isla bonita
  • Autore: Nicola Muscas
  • Editore: 66thand2nd
  • PP: 336

Siamo a Cagliari, la squadra di calcio del capoluogo si prepara a vivere una stagione mediocre, guidata dallo specialista del catenaccio Tagliaferro. Le residue speranze dei tifosi sono affidate al colpo dell’ultima ora messo a segno dal direttore sportivo Firicano, grande talent scout o meglio ancora mercante di talenti.

Grazie ai suoi contatti tutt’altro che leciti in Sudamerica, è riuscito a convincere Santiago Rodrigo Ramirez, ex fenomeno con un brillante passato nel Barcelona, a giocare un ultimo anno. Da qualche tempo il giocatore è soprannominato El Gordo, perché ai sacrifici del professionismo ha preferito l’alcol, il gioco d’azzardo e le donne. Non necessariamente in questo ordine.

L’offerta di Firicano arriva al momento giusto, perché il talento sudamericano deve stare alla larga da un biscazziere poco raccomandabile detto “El carnizero”, ovvero il Macellaio. Il ritorno a Cagliari, dove il giocatore aveva mosso i primi passi nel calcio che conta, rappresenta inoltre una ghiotta chance per chiudere al meglio la carriera e riscattare il recente passato.

A mettere Ramiro sui binari giusti, almeno per un po’, sarà Morelli, il fisioterapista della squadra divenuto quasi un suo bodyguard. Le attenzioni di quest’ultimo, sul piano della preparazione fisica ma anche degli eccessi fuori dal campo, permetteranno a Rodriguez di tornare idolo dei tifosi e oggetto del desiderio della stampa. Almeno per un po’, perché chi è cresciuto per le strade di Montevideo, è pronto a cadere velocemente. Il campionato sarà il banco di prova per la resurrezione del Gordo, che dovrà vedersela con gli emissari del Macellaio, la pressione della stampa e le tentazioni di sempre.

Tra Nick Hornby e Sergio Martino

Isla Bonita, opera prima di Nicola Muscas (66thand2nd), mescola sapientemente storia e fiction, citazioni e situazioni comiche, come se Nick Hornby avesse incontrato Sergio Martino, autore di quel capolavoro inarrivabile chiamato L’allenatore nel pallone.

Nel romanzo Muscas riesce a costruire un piccolo ritratto genuino anche se a tratti iperbolico del mondo del pallone, con i suoi pregi e tanti difetti. Riesce in questo intento mettendo insieme una serie di personaggi deliziosi e perfettamente definiti come Aresu, addetto stampa della squadra che ha rinunciato a un lavoro incerto come giornalista per seguire un futuro apparentemente più sicuro al seguito della sua squadra del cuore. Per lui il Cagliari è una malattia, e i suoi punti di riferimento, citati a più riprese, sono Gigi Riva e Roberto Muzzi.

Accanto a lui troviamo Morelli, gigante buono dal cuore fragile che non sa se rinunciare a un lavoro appagante per tornare dall’anziana madre a Torino. C’è Laura, giovane giornalista di talento, in cerca del servizio giusto per spiccare il volo in un ambiente maschilista che non perdona nulla alle colleghe. E infine Firicano, personaggio memorabile che non sarebbe uscito così bene neanche a Paolo Sorrentino. Estroverso, cinico e al tempo stesso generoso, eccentrico e sincero. Firicano, donnaiolo e cocainomane senza freni, dietro i suoi baffetti affilati si prende gioco di Presidenti di serie A, narcos e illustri porporati. È un uomo abituato a camminare su un filo da sempre, un vecchio lupo di mare dotato di grande acume, ma anche uomo profondamente solo, dietro quella spavalderia di facciata.

Vedi giovanotto, in certe zone del mondo avere con sé la pistola è come da noi portare la cravatta. Se non la indossi non vieni preso sul serio. Che fai? Dormi? Eh chill’ è ‘o fuso orario. Ma t’adduormi adesso poi sei fottuto. Tieni, prenditi una bella botta che ti tiene un poco su.

Aresu rifiuta con tutto il garbo possibile che gli riesce di tirare fuori. Ha il setto nasale deviato, soffre di rinite cronica, l’unica volta che ha provato la cocaina ha finito per starnutire sulle strisce degli altri, rovinando a tutti la serata.

Chiaramente al centro di tutto c’è Ramiro, croce e delizia di un popolo di tifosi, in grado di cambiare le sorti di una partita con un tocco. Impossibile non innamorarsi di lui, perché in fondo, dietro i suoi vizi, gli abusi e gli eccessi, si nasconde quel bambino che faceva tardi in strada ogni gioco per giocare con gli amici e non ha mai perso quella fiamma.

Isla bonita, tra risate, azione e viaggi

Dentro il romanzo troviamo situazioni spassose, come le riflessioni pseudo filosofiche del mister Tagliaferro ai suoi, o le battute fulminanti di Firicano, ma c’è spazio per l’azione e i viaggi verso località del Sudamerica sconosciute ai più. L’autore si diverte a giocare in maniera efficace con i generi mettendo anche un pizzico di Narcos in una parte del libro.

E poi, c’è un’atmosfera magica nella Cagliari raccontata dall’autore. Una città che trasuda energia e gioia, fa venir voglia di ballare a suon di baciata e bere rum, sognando la vittoria del campionato di Serie A, anche se non è quello che conta.

Il felice esordio di Nicola Muscas, ci ricorda il significato della passione per lo sport, l’emozione nascosta in piccoli gesti tecnici capaci di accendere l’entusiasmo di un intero stadio, a prescindere dai colori della maglia. Quello che in fondo lega tutti i protagonisti del romanzo, a prescindere dagli interessi personali.