Thomas Tono ci racconta il mito di Lucio Fulcio, the Godfather of Gore, il terrorista del genere

Be’, se vi siete mai chiesti come si è passati dalla commedia italiana anni 60 allo splatter, la risposta è una sola: Lucio Fulci.

Roma, 1927-1996, Fulci fece molto per la commedia italiana degli anni 60: diresse e scrisse per Totò, Adriano Celentano, Tony Dallara, Fred Buscaglione e scoprì il duo comico Ciccio Ingrassia e Franco Franchi. Dagli anni settanta in poi iniziò a sperimentare il cinema di genere.

Italian Horror Story: Lucio Fulci

E se li fece tutti, i generi, ma proprio tutti. Dai film d’avventura per ragazzi tipo ‘Il ritorno di Zanna Bianca’ alla fantascienza post-apocalittica dei ‘I guerrieri dell’anno 2072’, passando per il poliziesco, il giallo, il porno e l’horror, mettendoci dentro, sempre e comunque la sua personale visione di cinema.
Lui stesso si autodefiniva un terrorista del genere.

Un esempio è il suo spaghetti-western-splatter I quattro dell’Apocalisse datato 1975. Il primo e unico film di quel genere vietato ai minori di diciotto anni. Una delle scene incriminate è quella che vede il nostro Tomas Millian squagliare vivo uno sceriffo. Di contorno, scene di stupri e cannibalismo alla luce del giorno.

Italian Horror Story: Lucio Fulci

Fulci fu il primo italiano a utilizzare le sequenze di sangue in primo piano, senza filtri, come mamma le aveva fatte. Proprio come si faceva già nei collaudatissimi film porno.

L’idea era quella di scioccare i bei pensanti borghesi, un po’ quello che fecero i dadaisti per l’arte, mostrando senza veli la realtà, talvolta così estrema da divenire essa stessa surrealista.

Per quell’epoca Fulci era un alieno, com’erano alienati i suoi personalissimi film. La critica italiana lo maltrattò sempre e comunque, liquidando il suo lavoro come prodotto di “bassa macelleria”.

Bassa macelleria! E lo dicevano per disprezzarlo. Da non crederci.

Italian Horror Story: Lucio Fulci

Solo i francesi lo difesero, capendo appieno il suo potenziale. E poi parliamo sempre male dei francesi.

Il 1979 fu l’anno della svolta: gli fu commissionato un film di zombie con l’idea di farne una copia tale e quale a quella di George Romero, ma lui stupì tutti creando un film molto personale, lanciandosi così da quel momento come l’indiscusso maestro dello splatter, il poeta del macabro.

Dopo Zombie 2 girò molti altri film horror-splatter: Paura nella città dei morti viventi…E tu vivrai nel terrore! L’aldilàBlack CatQuella villa accanto al cimitero e molti, molti altri. Tutti prodotti artigianali e nostrani dove il genio creativo riempiva il basso budget iniziale. Dove la paura scorreva a fiotti di pomodoro e manichini di cera.

Da Stephen King a Quentin Tarantino passando per Wes Craven e Clive Baker, sono molti quelli che hanno omaggiato il grande maestro con dei bei ricicloni. Oggi li chiamano “remake” ma non sono altro che ricicli di film italiani, francesi, inglesi, norvegesi e avanti così fino all’estremo oriente.

Grandi riciclatori, così li chiamava Fulci.

Italian Horror Story: Lucio Fulci

E parlando di mostri sacri dell’horror italiano non possiamo esimerci dal citare Dario Argento. A una domanda secca di un giornalista su quale film avrebbe voluto girare di un suo collega, lui rispose altrettanto seccamente: Non si sevizia un paperino di Fulci (bravo Dario, non deve essere stato tanto facile ammetterlo).

La pellicola in questione è un film del 1972 con la bellissima Barbara Bouchet e l’immenso Tomas Milian. Solo a parlarne mi emoziono. Quando sento quella cazzo di canzone della Vanoni Quei giorni insieme a te, che fa da sottofondo a una scena memorabile di linciaggio in un cimitero, io mi commuovo. Sì, piango. In fondo anche gli zombie sono fatti di carne e ossa, no?

Personalmente credo che la trilogia del giallo di Argento, assieme a questo lungometraggio di Fulci, siano forse i migliori gialli/horror mai prodotti in Italia.

Il nostro poeta però, a differenza dei suoi colleghi, non se la passò tanto bene in vita. La moglie morta suicida per un’errata diagnosi di un carcinoma, i problemi alle gambe che in vecchiaia lo portarono sopra una sedia rotelle, le spese mediche che dilapidarono l’intero patrimonio lo portarono a vivere in una baracca ai margini della città, ai margini di Cinecittà. E del cinema.

Godfather of gore, così lo ricordano ora gli americani.

Italian Horror Story: Lucio Fulci

Ma l’opera di Fulci andò oltre il semplice splatter, i suoi film sanguinolenti e onirici ricordano le ultime pennellate impressioniste di Vincent Van Gogh, quelle che tratteggiarono corvi neri che volano bassi sul mondo.

Proprio come successe a Van Gogh, abbiamo dovuto aspettare che venisse sepolto sotto tre metri di terra anche il nostro “poeta del macabro” per dare finalmente merito al suo lavoro, portandolo diritto nell’olimpo infernale dei maestri dell’horror italiano.

Ma forse doveva andare proprio così. A quanto pare, zombie si nasce.