Bond ha licenza di uccidere, ma non di abbuffarsi. Danilo Villani ci racconta il rapporto con il cibo dell’agente al servizio di Sua Maestà nei romanzi di Ian Fleming.

Nel genere nominato “noir mediterraneo” abbiamo assistito, e assistiamo, alle vicissitudini di personaggi che fanno della nutrizione ad alti livelli una ragione di vita. Pepe Carvalho e Salvo Montalbano su tutti. Impegnati a risolvere casi intricati o all’apparenza irrisolvibili, trovano nei pasti quotidiani il giusto momento per rilassarsi ma anche per riflettere sull’andamento delle loro indagini. Ma stiamo parlando, appunto, dell’area mediterranea dove mangiare costituisce anche scopo di vita.

Ian Fleming, un autore 100% british

Al contrario, Ian Fleming, autore delle opere con protagonista l’agente 007 nonché rappresentante dell’english establishment fino al midollo, non considera i pasti della sua creatura come elemento fondamentale del plot, anzi costringe il suo agente a nutrirsi in maniera disordinata senza alcuna considerazione per il fattore ipoglicemico.

Un esempio è riscontrabile su Dr. No dove Bond, completamente a digiuno, evade da una cella di detenzione, attraversa un tunnel dove scorre aria condizionata, lotta contro un calamaro gigante, porta in salvo la Bond girl di turno, è coinvolto in una sparatoria con 3 villains ed infine fugge su un mezzo anfibio.

Bond è innanzitutto un forte bevitore e altrettanto forte fumatore. Predilige lo champagne ma anche qualsiasi cosa che superi i 40°.

La colazione dei campioni

Considera però la prima colazione, e qui esce tutta la connotazione assolutamente british, come elemento fondamentale della sua esistenza: caffè nero doppia forza, pane tostato, bacon, succo d’arancia e uova obbligatoriamente di colore beige bollite per 3 minuti esatti. Colazione preparata dal suo tesoro la governante scozzese May.

In pochissimi romanzi troviamo Bond seduto a tavola e in ogni occasione il pasto è connesso all’indagine o alla missione. A Roma, nel racconto Rischio (cfr. Solo per i tuoi occhi) dove è alle prese con un piatto di tagliatelle al pesto.

A Istanbul dove è costretto a cibarsi di un intruglio amorevolmente fornito con le proprie mani da una vecchia zingara (cfr. Dalla Russia con amore). A Reculver ospite nella sontuosa manor di un certo Auric Goldfinger, ma anche al club Blades dove prima dell’epico scontro a bridge con Drax (cfr. Moonraker) degusta specialità tipiche della cucina inglese.

Una serata da ricordare…

Come scritto in precedenza si tratta di intermezzi gastronomici strettamente legati al suo lavoro e solo in un occasione l’agente con licenza di uccidere si concede un pasto per il proprio piacere:

[…] telefonò al suo vecchio amico Monsieur Becàud per riservare un tavolo e, due ore più tardi, era di ritorno diretto al Casino con lo stomaco ben imbottito di “rombo affogato”, salsa mousseline e una mezza pernice arrosto tra le migliori che avesse mai mangiato.

Notevolmente incoraggiato e ulteriormente stimolato da una mezza bottiglia di Mouton Rothschild ’53, un bicchiere di Calvados di dieci anni e tre tazze di caffè, salì allegramente i gradini affollati del Casino con l’assoluta certezza che quella sarebbe stata una serata da ricordare.

In quella serata Bond conobbe, in tutti i sensi, Theresa Draco la ragazza che in seguito sarebbe diventata sua moglie (cfr. Servizio Segreto). Finché un certo Blofeld pose fine alla storia…

Licenza di uccidere, ma non di abbuffarsi

Si potrebbe proseguire con il Kobe Beef (cfr. Si vive solo due volte) o le aragoste giamaicane (cfr. L’uomo dalla pistola d’oro) ma si tratta di casi sporadici.

Bond ha licenza di uccidere, ma non di abbuffarsi.