James Ellroy, il maestro. Crime Fiction in una nuova forma
Vorrei aprire con una di quelle cazzate tipo “Se Dostoevskij fosse vivo oggi scriverebbe come Ellroy” ma proprio non ci riesco.
E no, tanto per essere chiari, Ellroy NON è morto e questo NON vuole essere un “coccodrillo”. Anzi, cogliamo l’occasione per fargli i nostri migliori auguri per l’uscita della sua prossima Opera Perfidia che “according to rumors” dovrebbe essere in uscita entro la fine del 2014.
Non è morto, non è un coccodrillo, e allora che cazzo è sta roba, vi starete chiedendo voi, giustamente. Non ve lo state chiedendo? Male! Dubium sapientae initium, cazzo!
Queste poche e mal poste righe vogliono essere un modesto omaggio ad uno dei maggiori Autori statunitensi di Crime fiction viventi, ed un incitamento alla lettura delle sue opere.
Immaginate di essere un bambino, a L.A. California. USA, negli anni cinquanta. Immaginate che il matrimonio dei vostri genitori stia andando a puttane, tra accesi alterchi, ad un velocità sostenuta e, continuate ad immaginare di usare tutta la vostra fantasia di bambini(6/7 anni) per inventarvi storie che vi conducano lontani da quel naufragio litigioso che è la vita domestica. Bene, poi un giorno, avete dieci anni, circa, vostra madre viene ammazzata a El Monte, un sobborgo di Los Angeles.
Immaginate insomma di essere Lee Earle “James” Ellroy.
Sorvolando su una notevole quantità di aspetti autobiografici di questo scrittore, vi dirò che resterà (fino ad oggi) legato nella sua poetica alla città di Los Angeles; città che racconterà nei suoi romanzi, e all’omicidio irrisolto della madre. Tanto per capirci, nel 1997 in occasione della stesura del suo libro I miei luoghi oscuri (opera in cui giornalismo investigativo e memorie dello scrittore si mescolano) James Ellroy indagò, per quindici mesi, assieme all’investigatore Bill Stoner, sull’omicidio della madre Geneva, giungendo alla conclusione che i responsabili erano ormai deceduti.
L’intensa (e direi comprensibile) volontà di scoprire i responsabili dell’assassinio della madre avevano già condotto Ellroy, prima verso una sorta di transfert per il celebre caso dell’assassinio di Elizabeth Short (che si concretizzerà, successivamente, nel romanzo The Black Dahli”), e poi ad una forma depressiva importante.
Abbandonata una vita fatta di piccoli furti, abuso di alcool e droghe, un giovane Ellroy comincia a lavorare come Caddy. Avete presente il tizio che porta le mazze sul campo da golf? Quello! Quel lavoro gli permetteva di essere a casa alle due del pomeriggio, e di scrivere per il resto della giornata; pare che continuò a lavorare come Caddy fino al suo quinto romanzo.
Autore prolifico, esordisce nel 1981 con quello che in Italia sarà Prega detective, il libro che darà vita alla trilogia di Lloyd Hopkins, un ciclo di romanzi che hanno come protagonista un “singolare” agente del LAPD; poi sul finire degli anni ottanta arriverà la Quadrilogia di Los Angeles (Dalia Nera; Il grande Nulla; L.A. Confidential; White Jazz), altro ciclo di romanzi dove L.A. assurge, a mio modesto avviso, ad elemento caratterizzante ed insostituibile della narrazione.
Seguirà la saga Underworld USA Trilogy composta da American Tabloid, Sei pezzi da mille e Il Sangue Randagio. Per non citare i lavori autobiografici, i racconti e i saggi scritti da James Ellroy.
Perché un lettore dovrebbe avvicinarsi ad uno qualsiasi dei romanzi di James Ellroy?
Innanzi tutto perché sono dei capolavori. Davvero. Possono piacere o non piacere le trame, le ambientazioni, i personaggi, ma non c’è dubbio che sotto il profilo della costruzione della storia, e della narrazione di questa, i romanzi di Ellroy siano ineccepibili .
Ho detto che stiamo parlando di crime fiction? Qualcuno ha catalogato lo stile di Ellroy come Neo-Noir, la categorizzazione sembra condivisibile con le debite precisazioni, che potremmo anche stare qui a fare, volendo, salvo poi avere un’epifania in merito alla loro dubbia utilità. Quindi limitiamoci a stabilire alcuni punti semplici, ma fermi, che possono aiutare il lettore a capire perché comprare un libro (o un e-book) scritto da “Demon Dog of American Crime Fiction” come Ellroy è stato soprannominato in un documentario del 1993.
Ellroy è il distillato della migliore tradizione Noir/Hard Bolide americana (quella di Chandler, Spillane & co.) che si mescola ad una capacità di narrazione potente. La narrazione, in questo senso, si giova di uno stile di scrittura basato su frasi brevi, con largo uso di termini e costruzioni gergali, tutto imperniato in sequenze dialogo-azione-dialogo-azione.
Attorno alla trama principale Ellroy è solito costruire una fitta rete di sotto trame, retta da un ingente numero di personaggi. Il punto di vista cambia spesso da un personaggio all’altro, permettendo al lettore di avere una visone al tempo stesso grandangolare e prismatica della storia. Uno stile composto da tanti singoli mattoncini, in sé e per sé semplici, ma che uniti formano un mosaico maestoso che manco l’imperatore Adriano ne ha mai visti di così perfetti.
Pare che quando il suo editore chiese ad Ellroy di accorciare di un centinaio di pagine L.A. Confidential, lo scrittore, al posto di cancellare qualche sotto trama eliminò dei verbi! Ma vi rassicuro: il libro si capisce perfettamente.
Un altro aspetto degno di nota di questo autore è il suo metodo di scrittura, un metodo che, a mio avviso, “paga” maggiormente nella trilogia del “mondo sotterraneo USA” (American Tabloid, Sei pezzi da mille, Il Sangue è Randagio).
Ellroy, appoggiandosi a dei ricercatori, redige prima un corposo volume, costituito prevalentemente di note, in cui vi sono tutti gli avvenimenti, gli spostamenti, gli incontri: tutto ciò che storicamente è accaduto e documentato, nell’arco temporale che vuole raccontare. Così da sapere chi ha fatto cosa, e quando lo ha fatto. Partendo da un quadro storico il più preciso possibile si inserisce, con la sua fantasia, e con i personaggi che decide di inventare, negli interstizi vuoti della Storia(documentale).
La trama che così viene a crearsi passa per una serie di stesure (circa quattro per ogni romanzo) fino a che l’impianto (trama, personaggi, avvenimenti Storici) non scorrono armonici come il ciclo di sparo (e caricamento) di un AR15.
Scorrendo i titoli dei romanzi di questo autore avrete sicuramente notato che molti sono stati portati sul grande schermo. Sono convinto che lo stile e le storie narrate da Ellroy siano effettivamente molto cinematografiche già di per sé, il coefficiente di intrattenimento è altissimo.
Nella sua trilogia del “Mondo Sommerso USA” Demon Dog fa una cosa che, personalmente, mi piace molto. In questa trilogia narra il periodo che va dal 1958 al 1973. Nei tre romanzi a fianco di personaggi di fantasia troviamo i principali Soggetti che hanno fatto la Storia degli U.S.A (e non solo) di quel periodo.
La Famiglia Kennedy (mi perdonerete la “F” maiuscola) con John (il cui cinquantennale dell’assassinio è passato da pochi giorni, come avrete visto sul web) e Robert in primo piano; troviamo Richard Nixon, J. Edgar Hoower (l’inarrivabile Clint Eastwood dà dello storico direttore del FBI un ritratto formidabile nel suo film “J. Edgar” del 2011 con Di Caprio: must watch it!), Martin Luther King, Jimmy Hoffa e molti altri personaggi cruciali per la storia di quel venticinquennio.
Ora, ho detto che la cosa mi piace, specifico però che io sono l’ultimo a cui piace quando qualche autore si mette a giocare a cazzo con personaggi storici tramite impianti narrativi improbabili e raffazzonati. Non è questo il caso, propri per nulla, anzi.
E per spiegare perché non lo è, per spiegare come e perché Ellroy voglia fare breccia in quella coltre di mitizzazione farlocca calata su gran parte di quei personaggi che sono stati i protagonisti di quel momento storico; riporto qui la dedica che James Ellroy scrive per il primo volume della trilogia : American Tabloid (edizione Oscar Mondadori):
L’America non è mai stata innocente. Abbiamo perso la verginità sulla nave durante il viaggio di andata e ci siamo guardati in dietro senza alcun rimpianto. Non si può ascrivere la nostra caduta dalla grazia ad alcun singolo evento o insieme di circostanze. Non è possibile perdere ciò che non si ha fin dall’inizio.
La mercificazione della nostalgia ci propina un passato che non è mai esistito. L’agiografia santifica politici contaballe e reinventa loro gesta opportunistiche come momenti di grande spessore morale. La nostra narrazione ininterrotta è confusa al di là di ogni verità o giudizio retrospettivo. Soltanto una verosimiglianza senza scrupoli è in grado di rimettere tutto in prospettiva.
[…] Jack Kennedy è stato la punta di diamante mitologica di una fetta particolarmente succosa della nostra storia. Spandeva merda in modo molto abile e aveva un taglio di capelli di gran classe. Era Bill Clinton senza l’onnipresente scrutinio dei media e qualche rotolo di grasso.
[…] È tempo di demitizzare un’area e costruire un nuovo mito, dalle stelle alle stalle. È tempo di abbracciare la storia di alcuni uomini malvagi e del prezzo da loro pagato per definire in segreto il loro tempo.
Dedicato a loro.
Che dire? Chapeau!