Joker di Todd Phillips ha fatto impazzire il pubblico alla 76a Mostra del Cinema di Venezia. La recensione del nostro inviato speciale al Lido Matteo Strukul.
La Premessa
Confesso che ero terrorizzato dalla visione del film Joker: da una parte per la difficoltà di interpretare un personaggio che poteva condurre facilmente all’overacting – e Joaquin Phoenix non è sempre stato misurato in carriera – dall’altra perché il regista di questa pellicola era Todd Phillips che aveva spopolato con Una notte da leoni, ridisegnando il concetto di commedia, ma che qui si sarebbe misurato con un personaggio complesso, tragico, amaro, psicotico.
E per di più un’autentica icona di casa DC, una figura che nelle mani di Alan Moore e Brian Bolland aveva originato capolavori del fumetto come The Killing Joke, giusto per citare uno dei comics che mi fece diventare, tanto tempo fa, un estimatore profondo della DC.
Joker, un film che azzera il concetto di cinecomic
Lo ammetto: all’inizio ho amato il concetto di cinecomic ma poi a mano a mano che gli incassi crescevano, e che la Marvel e la DC decidevano di lanciare i loro rispettivi universi cinematografici, ho cominciato a odiarli.
La qualità media dei prodotti è precipitata, divenendo inversamente proporzionale ai numeri di budget e di lavori realizzati. La Marvel, in particolare, ha rincorso un infantilismo infelice, certamente proficuo ma che, in molti casi, ha progressivamente ucciso la scrittura, la recitazione e la regia.
Paradossalmente, alcuni dei film che ho amato di più arrivavano da realtà indipendenti. Penso a 300 (versione cinematografica dell’omonimo fumetto di Frank Miller); Sin City (ancora dal maestro americano); Atomic Blonde (versione cinematografica del fumetto The Coldest City di Johnston e Hart); Kick-Ass (dall’omonimo fumetto di Mark Millar); Polar (dal Polar di Victor Santos).
Ma in Joker ho assistito a qualcosa che va oltre la riduzione cinematografica del fumetto. Del fumetto rimane il personaggio, certo, ma la libertà interpretativa e artistica che Todd Phillips e Joaquin Phoenix si sono presi – e che è stata loro lasciata da Warner Bros – ha liberato una visione originale, profonda, stratificata della figura del Joker e dell’intero universo narrativo all’interno del quale il personaggio si muove.
Questo non ha impedito ai linguaggi di fumetto e film di dialogare ma li ha mantenuti su piani profondamente diversi, com’è giusto che sia, trattandosi di due media molto differenti. Non dev’essere un caso se questo film è completamente scollegato dal DC Extended Universe. Evviva.
Un budget “ridotto” fa bene alla storia
Il budget del film è stato di poco superiore ai cinquanta milioni di dollari. Certo, stellare rispetto a qualsiasi produzione europea, ma contenutissimo, pensando alle centinaia di milioni di dollari spesi per pellicole comeCaptain America o Avengers.
E questo è stato un bene per il film. Non servono solo mega effetti, CGI, sequenze d’azione mozzafiato, 3D per avere un gran film, anzi, a dire il vero, quella è proprio la parte eventuale, non certo necessaria dell’opera.
Tornare ai fondamentali
Si è tornati finalmente a lavorare sulla storia, sulle caratteristiche del personaggio, sulla recitazione dell’attore principale, sulle contraddizioni, sulla visione artistica, lasciando da parte gli schemi triti e ritriti dei tre atti, dei turning point e di quella codificazione degli stilemi che ha ammazzato la creatività in film come questi.
Sia chiaro, nessuno dice che le regole della scrittura non servano, ci mancherebbe altro, ma la loro semplice e pedissequa applicazione non è garanzia di qualità del risultato.
Joaquin Phoenix e Todd Phillips hanno rimarcato a lungo in conferenza stampa la loro volontà di costruire il personaggio un po’ alla volta, prendendosi tutto il tempo necessario.
Da questo fertile accordo fra attore principale e regista arriva allora la risata malata, psicotica, figlia delle prove, dei tentativi, dell’affinamento interpretativo. Da lì arrivano la spropositata magrezza, la danza straniante, il modo di camminare quasi sciancato, la scapola-gobba che pare deformare il corpo di Phoenix.
Insomma, una cura, un’attenzione, un lavorio che sono inevitabilmente alla base della bellezza del film.
Joker, un grande film
Spero e credo che questo film possa guadagnarsi un premio importante a questo festival. Un Leone d’Oro? Un Gran Premio della Giuria? Una Coppa Volpi? Lo spero fermamente.
Abbiamo visto come nelle ultime edizioni Venezia si sia rivelata il viatico migliore verso gli Oscar e i Bafta per film coraggiosi come The Shape of Water di Del Toro, The Favourite di Lanthimos, Three Billboards outside Ebbing, Missouri di McDonagh.
C’è da sperare che valga anche per Joker. Perché? Perché è una storia magnifica e infernale che racconta di una vita divenuta commedia, a causa della falsità e dell’ipocrisia di una società che nasconde, con la patina del perbenismo, la viltà e la perfidia della classe borghese.
C’è un film che affronta, senza sconti, il tema dei diversi, degli ultimi, di coloro che sono stati cresciuti in un contesto che li condiziona e li marchia con un imprinting che, giorno dopo giorno, li porterà a deragliare progressivamente.
Ma non lo fa nascondendosi dietro al pietismo, al politically correct, alla maniera. Non perdona quegli ultimi per essere vittime e non li giustifica nelle reazioni disperate e omicide. Niente affatto.
Si tratta di una storia profondamente autentica come autentica è la progressiva caduta all’inferno del suo protagonista: un giorno dopo l’altro, un episodio dopo l’altro, una rivelazione dopo l’altra.
Un attore in stato di grazia
Joaquin Phoenix è il miglior Joker di sempre. Complice l’intesa perfetta con il regista, l’attore costruisce il personaggio partendo dai dettagli.
Phillips lo asseconda, lasciandogli tutto il tempo necessario, in una prima parte soggetta a dilatazioni d’autore che preparano, nella seconda metà, la deflagrazione dell’incubo. Ma è un procedere goccia a goccia, lavorando sugli sguardi, sulla voce, sul corpo, senza per questo rinunciare all’azione.
L’intensità emotiva di Phoenix è straordinaria e toccante. Gli altri attori, tutti magnifici, al suo cospetto scompaiono. Con l’eccezione di De Niro. Chiaro. Ne è Phoenix l’erede? Non ne ho idea, vero è che i richiami a film come Taxi Driver di Martin Scorsese, e de Il Cacciatore di Michael Cimino ci sono. A voi scoprirli.
Un film che scava
Non mi capitava da tempo di rimanere a cena con amici a parlare per ore di un film. Cercando di comprenderne tutti i dettagli e tuttavia con la sensazione quasi palpabile di volerlo rivedere subito per meglio comprenderlo, per apprezzarne la complessa bellezza, per gustarne le sequenze, quelle oniriche e violente – la sparatoria nella metro su tutte – e quelle stranianti e bizzarre – la scena del frigo, la prova prima dell’apparizione televisiva – o magari per rivedere un’espressione, un dettaglio del costume, una scena di dialogo particolarmente toccante.
La rinascita?
È evidente che Joker spazza via il concetto stesso di cinecomic così come lo conosciamo oggi, perché dopo molto tempo ci fa davvero comprendere cosa sarebbe possibile fare con i grandi personaggi dei comics americani.
In questo la Warner Bros ha storicamente un ruolo centrale e innegabile. Certo, ci sarà da capire che incassi farà un film che, a priori, perde un’importante fetta di mercato come quella degli adolescenti.
Non credo nemmeno possa piacere particolarmente alle famiglie. E avrà problemi, temo, anche con la fan base dei lettori di comics. E difficilmente potrà intercettare il pubblico di coloro che scartano un film nel momento stesso in cui sanno che è tratto da un fumetto. E non sono pochi. E allora?
La speranza è che questa mostra possa riconoscere a un film di questa qualità un premio pesante. E che la bellezza di un’opera d’arte torni a parlare a coloro che sono ancora disposti ad ascoltare. Forse sono molti di più di quelli che credo.
Per queste persone, Joker è una benedizione.