La Bionda, il Paron e la Guardia, un racconto di Carlo Vanin per Sugarpulp
Ore 20.30
Se prendi la cartina geografica dell’Italia, tracci una riga fra Padova e Venezia, metti un dito in mezzo alla riga stai schiacciando la villa del fu Marco Galli, imprenditore del ramo tessile.
Entra nella villa: è tutto buio e silenzioso. Sali lo scalone centrale. Vai al primo piano. Percorri il corridoio alla tua destra, poi vai a sinistra. Ci sono parecchie foto appese al muro, la più grande è in bianco e nero e mostra un uomo sorridente vicino ad un vecchio telaio industriale. C’è una didascalia sotto alla vecchia foto: “Marcello Galli, 1934” recita. Sotto alla foto c’è un motto: “Tessiamo le tele dei sogni”.
Non ti fermare, prosegui sempre dritto. Ecco.
La porta che vedi alla tua destra è quella dello studio di Marco Galli ma la persona che ne è appena uscita non è Marco Galli ma il suo socio. Basso e robusto, vestito con una tuta da ginnastica sdrucita, un toscanello all’anice ficcato in bocca, ecco il socio di Galli: Tazio Sales, da tutti chiamato solamente “el Paron”.
Ora riprendi la cartina dell’Italia e guarda Venezia. Il cordone ombelicale che la unisce al continente è il Ponte della Libertà. Percorri il ponte, lascia Venezia al suo torpore. La vedi la ferrovia? Ecco: seguila e arriverai a Mestre, un paese troppo cresciuto che vorrebbe tanto essere una città. Prosegui dalla stazione di Mestre e percorri Via Piave: eccoti la Chinatown di Mestre.
Non so se riesci a vederla ma parcheggiata sul marciapiede laggiù davanti ad un kebabbaro c’è una Clio grigia che ha conosciuto tempi migliori. Sulla portiera dell’auto c’è scritto Vigilanza VeMe. Nella Clio c’è un uomo alto e magro che si guarda in giro mentre s’ingozza di kebab borbottando improperi contro il tizio che gliel’ha preparato, dato che gli si sta sfaldando fra le mani ad ogni morso. Si potrebbe anche giustificarlo, se non fosse che oltre a maledire il kebabbaro, sta maledicendo anche tutto il resto di Via Piave. Quello era il suo posto, il posto dov’è nato e ha vissuto per 45 anni.
I negri e i gialli gliel’hanno portato via, almeno questo è quello che pensa l’uomo nella Clio. E’ stato per colpa loro che non lavora più nella polizia. Perché qualche zelante prefetto rosso ha deciso che i suoi metodi erano “lesivi per il corpo della Polizia di Stato”.
E poi c’era la Bionda, sì. La maledetta Bionda che non gli esce più dalla testa.
Ecco, sta uscendo ora dal suo palazzone. L’uomo la guarda ficcandosi in bocca l’ultimo pezzo di kebab, la vede fermarsi a parlare con una cinese. Proprio da lei fare amicizia con quelli.
“Stronza.” Sussurra la Guardia, mentre si toglie gli ultimi residui di carne unta dai pantaloni e avvia il motore.
Non occorre che ci spostiamo di molto ora. Restiamo in via Piave e come sta facendo la Guardia cominciamo a seguire la Bionda. Con intenzioni più onorevoli immagino, ma comunque senza dare troppo nell’occhio. La Bionda attraversa la strada frettolosamente, entra in una viuzza e la perdiamo di vista per qualche minuto, la ritroviamo davanti ad una mensa della Caritas. Scambia qualche battuta con un barbone dall’aria svagata che continua a chiamarla ‘more poi entra nella mensa e va in cucina.
Avverte il direttore che stasera non si potrà fermare molto, perché più tardi ha un appuntamento.
“Spero che sia uno con tanti schei.” Scherza il direttore.
“Una specie.” Ride la Bionda. Pochi minuti dopo comincia a distribuire i pasti. Sorride sempre ma certe volte, quando gli altri non la vedono, tira un lungo sospiro e un’ombra le passa sul viso. Pensa all’affitto, ai suoi colleghi della Galli Tessile e al rumore dei telai meccanici, che ha sentito per sei giorni alla settimana per quasi quindici anni. Poi, un mese fa, il nuovo Paron ha detto che la Galli Tessile doveva chiudere perché le cose non andavano più molto bene.
Già, le cose non andavano bene per nessuno ma forse questa sera le cose cambiano, si dice la Bionda, facendosi forza. Stringe una chiave nella tasca come se fosse un talismano e il sorriso le torna improvvisamente. Se mai avesse incontrato un brav’uomo in vita sua, quello è stato l’uomo che le ha fatto avere la chiave. E’ stato perché ora non c’è più. Aveva un cuore grande ma molto malato. Già, Marco Galli era proprio un grande uomo e il più gentile degli amanti.