La grande crociata, la recensione di Corrado Ravaioli della graphic novel di Theo Szczepanski pubblicato da Neo Edizioni
Anno del Signore 1212. È passato un secolo da quando la Prima Crociata si è conclusa, ma quel lembo di Terra Santa – stretto tra il mar Mediterraneo e il fiume Giordano – è ancora scenario di sanguinosi conflitti.
In questo tumultuoso contesto, il dodicenne Stefano – pastore di umili origini – riceve “la chiamata”. Un Dio fiammeggiante e iracondo gli impone di radunare un esercito di bambini e guidarli nell’impresa di liberare il Santo Sepolcro.
È la “Crociata dei fanciulli”, avventurosa spedizione sospesa tra cronaca e leggenda. In mezzo a stenti, efferate battaglie, agguati, demoni e resurrezioni, Stefano – costantemente in bilico tra ragione e fede – conduce la sua armata di straccioni verso una meta che sembra irraggiungibile. Oltre il mare, alla fine del viaggio, li aspetta un’inimmaginabile ricompensa di oro e gloria ma, forse, anche un orrore talmente antico e aberrante da non avere neanche un nome.
Un medioevo cupo e selvaggio
È questa, in sintesi, la storia raccontata ne La Grande Crociata, graphic novel scritta e disegnata dall’autore brasiliano Theo Szczepanski, appena pubblicata da Neo Edizioni. Continua così l’avventura della casa editrice abruzzese nel mondo del fumetto, alla quarta uscita dal lancio della collana Cromo.
Il racconto prende le mosse dal momento della “chiamata”, quando il giovane pastore riceve l’incarico di radunare un esercito di bambini. In questa missione, sarà accompagnato da strani personaggi, come il veggente Alard e il monaco storpio Umfrey, suo consigliere personale che si muove trascinando il busto su un carretto. Insieme a loro anche tre figure imponenti e scure, nascoste da lunghi cappucci e dotate di grande abilità nell’uso delle armi.
È un medioevo cupo e selvaggio, quello dipinto da Szczepanski, dove i duelli cavallereschi degni di Artù e Lancillotto lasciano il posto ad attacchi e rappresaglie senza pietà. La missione affidata a Stefano prevale su qualsiasi leggere morale. Il contrasto tra fede e ragione, desiderio e vendetta, sono temi che emergono a più riprese e raccontano il tormento dei protagonisti.
Sul suo cammino, il giovane condottiero si troverà a decidere del destino di molte persone, ma non avrà scrupoli nell’affrontare esseri inermi così come demoni tentatori, pur di liberare il Santo Sepolcro dai nemici di Dio, definiti usurpatori.
Un’opera poliforme
Nel raccontare tutto questo, l’autore sceglie di spingere forte sul tratto e i colori. La Grande Crociata si caratterizza come un’opera poliforme, che affianca senza paura tavole finemente levigate ad altre in cui prevale un tratto minimale, e gioca con il colore come elemento di sintesi del tono o mood del racconto.
L’effetto, che a prima vista può disorientare, diventa sempre più affascinante, e dona al racconto un impatto visivo fortissimo, ricco di momenti lisergici a tutti gli effetti. Il risultato è un trip medioevale dove il soprannaturale e il sogno convivono con l’iperrealismo dei combattimenti, in un vero e proprio trionfo gore, tra teste mozzate e squartamenti ingegnosi.
Un vero viaggio a occhi aperti per il lettore.