Di solito apro i loculi, e bisogna lavorare di brutto con il piede di porco, rompere il cemento, estrarre la bara, aprirla, e quello è un bel casino, visto che le chiudono ermeticamente, ve’. Ma io ho i miei attrezzi e so come fare funzionare la cosa. Poi bisogna rimettere tutto a posto e pulire, come se non è passato nessuno. Non voglio che qualcuno si accorge che c’è in giro uno che va a trafugare i cadaveri, è come ammazzare la gallina dalle uova d’oro. E faccio tutto questo, badate bene, da solo. A me mi piace, sia chiaro. E’ un lavoro che mi ha fatto togliere tante soddisfazioni. Ho vinto delle sfide con me stesso. E mi ha fatto conoscere un sacco di gente.

Voglio dirvi di più. I miei committenti (così si fanno chiamare loro, anche se non ho capito cosa vuol dire) sono i ricchi della zona. I cadaveri se li fanno portare a casa e sono sempre sorridenti quando mi vedono arrivare con il mio Apecar davanti alle loro ville di campagna. Non sapevo cosa ci facevano fino a quando un giorno la curiosità mi prese troppo forte e andai a spiarli da una finestra.

Be’, ci fanno quello. Ci scopano insomma. Posano i cadaveri sopra il letto che rivestono con un telo di plastica e si buttano in mezzo a fare le loro cose. E’ chiaro, ognuno ha le sue preferenze, maschi o femmine, anziani o giovani. L’importante è che non siano morti da troppo tempo perché se no la puzza li fa vomitare e me li ridanno indietro senza pagarmeli. Tra i miei clienti c’è anche chi li gradisce belli frollati, a un mese dal decesso o roba così. Ma sono richieste rare e devono pagarmi un sovrapprezzo. Sono di stomaco forte – è normale che è così con il lavoro che faccio – ma ho un limite da non superare.