La sera che ho scoperto di questo vizietto sono stato molto male. Io credevo che li usavano per qualche esperimento proibito, ma l’uso di cadaveri per gli esperimenti è legale da un bel pezzo se sei uno scienziato e li usi per studiarli. Sono stato male perché ho capito che la mente umana è la cosa più perversa e contorta che esiste. E più hanno studiato più sono matti, ve’. Ringrazio mio padre, non mi ha mandato a scuola dopo la terza media, mi ha messo a lavorare con lui subito. So leggere certo, ma con grande fatica scrivo il mio nome. So che il mio è un mestiere insolito, ma almeno non sono uno che usa i morti per farsi una tacconata. Se voglio scopare vado con le troie, dalla mia amica Rosaria soprattutto. Una volta a settimana, il mercoledì che di solito non lavoro.

Sto un po’ perdendo il filo. Dicevo, quella sera, sarà stato un sette anni fa, che ho scoperto l’uso dei morti faceva molto freddo, la pioggia scendeva che dio la mandava, era fine novembre o giù di lì. A casa dell’avvocato Rodolfo mi aspettavano in quattro, tutti maschi. Mi avevano chiesto due corpi, due femmine. Gli portai due splendide biondine, una presa al cimitero di Codroipo e l’altra a Remanzacco. Erano abbastanza fresche, anche se una non era in ottime condizioni: doveva essere morta d’incidente perché era tutta ammaccata sotto il trucco. Ma quelli delle pompe funebri devo ammettere che avevano fatto un gran lavoro di restauro. Questi sì che sono artisti, ve’.

Arrivai alla villa, appena fuori Spilimbergo. Scaricai i due cadaveri chiusi nel sacco nero nella cucina dell’avvocato. Mi diede i soldi, duemilacinquecento euro, perché la merce a suo dire era di ottima qualità.