Il Beowulf di Zemeckis è una favola adulta e ossessivamente truce, capace di rinvigorire con classe l’appeal del fantasy old-style.

Potente, visionaria e disperata. 
La rivisitazione del mito nordico di Beowulf per mano di Robert Zemeckis si potrebbe benissimo condensare in questi tre aggettivi.

La storia scelta dal regista per trasportare il pubblico in un mondo fantastico ricreato in CGI con la tecnica del motion capture è immediata e lineare.
 Approfittando del talento di sceneggiatori del calibro di Roger Avary e Neil Gaiman, Zemeckis rispolvera la leggenda del guerriero Beowulf e del mostro Grendel riproponendo il loro cruento scontro nella cornice suggestiva di un regno scandinavo pre-medievale flagellato da un’antica maledizione.

Le leggenda di Beowulf

Il plot è schematico (l’eroe impavido, pur se arrogante e innamorato di se stesso, la creatura immonda da sconfiggere, il trono da conquistare) e lo scorrere degli eventi è parzialmente prevedibile, ma visto l’obiettivo di Zemeckis direi che si tratta di difetti assolutamente trascurabili.


Negli interstizi di un’intelaiatura familiare infatti viene inserito un sottotesto amaro e velato di pessimismo, malinconica, struggente elegia di ogni artefatto eroismo o trionfalismo. Ne risulta una ballata epica livida e disincantata, tanto spettacolare quanto impietosa e cruda nello sviscerare gli atavici vizi dell’animo umano.

“La leggenda di Beowulf” non celebra la vittoria del Bene contro il Male ma, e qui sta il suo vero pregio, sceglie di trattare con sincera commiserazione e pietà i suoi personaggi. Personaggi che, nonostante la tracotanza o l’incosciente spavalderia di alcuni, non sono altro che fragili creature indifese di fronte all’ineluttabile fascino e alla spietata brutalità del Male.

Le leggenda di Beowulf

Il “Beowulf” di Zemeckis – il cui ricco cast annovera un energico Ray Winstone, nel ruolo del titolo, Brendan Gleeson (il fedele Wiglaf), Anthony Hopkins (Re Hrothgar), Robin Wright-Penn (la Regina Wealthow), Crispin Glover (Grendel), una luciferina Angelina Jolie (il demone madre del mostro), oltre a John Malkovich e Alison Lohman – pur con qualche occasionale caduta di ritmo, è una favola adulta e ossessivamente truce, capace di rinvigorire, con una messa in scena essenziale, ma di classe, l’appeal del buon fantasy old-style.