Le ribelli è un “thriller” di Chandler Baker, edito Longanesi, sulla delicata questione delle difficoltà delle donne nel mondo lavorativo.

Le ribelli, recensione

  • Titolo: Le ribelli
  • Autore: Chandler Baker
  • Edizione: Longanesi
  • PP: 398

Sloane, Ardie, Grace e Rosalita sono i nomi e i volti di alcune delle donne protagoniste di Le ribelli. Quattro donne differenti per età, status sociale, origine e storie personali accumunate da una cosa: lavorano tutte alla Truviv Inc., una grande multinazionale di Dallas.

Donne, madri e lavoratrici che vivono perennemente all’ombra del loro titolare: Ames Garret. Uomo potente per il ruolo che ricopre in azienda, ma soprattutto uomo prepotente per i diritti che si arroga nei confronti delle donne.

Un disequilibrio ben noto. Uno dei mille casi di maschilismo, di molestie e di soprusi, più o meno celati, ai quali tutte noi donne siamo abituate a vedere e, talvolta, a sopportare.

“Quanta attenzione in più guadagnavano al telefono per il fatto di avere una voce maschile?”

Un ambiente di lavoro tanto stimolante quanto ostile, nel quale esiste una sottile linea invisibile che separa le donne dagli uomini. Una realtà come tante, almeno fino a quando alla Truviv arriva una nuova ragazza, assunta direttamente da Ames e che, neanche a dirlo, è giovane, bella e single.

Gelosie, la possibile promozione di Ames a CEO dell’azienda, e un’infinità di bisbigli fanno scattare la scintilla, scatenando azioni e reazioni a volte al limite.

Nasce così la lotta di un gruppo di donne che, cercando la parità di diritti nel loro lavoro, si arruolano come paladine dell’intero genere femminile.

Il sessismo nel mondo del lavoro

Il tema è importante, attuale, vero. Così sentito che, da donna, probabilmente le aspettative erano molto alte. La situazione delle donne lavoratrici è un argomento ancora troppo poco tutelato, soprattutto in ambienti molto competitivi, dove la maternità è spesso vista come un handicap.

Comportamenti molesti, più o meno sottili, che tutte noi affrontiamo quasi quotidianamente, quando invece dovremmo solo “essere felici di ricevere queste attenzioni”. Nel libro si parla però anche di cyberbullismo tra adolescenti, di disparità di genere, del movimento #metoo, di integrazione dei sud americani e di victim blaming.

Tematiche attuali che meritano di trovare voce, ma alle quali non viene data una voce coerente. Ogni personaggio cerca di far comprendere al lettore le problematiche che una donna incontra dal mondo scolastico a quello lavorativo, dal tempo libero alle difficoltà relazionali.

“I figli trasformavano i padri in eroi e noi madri in lavoratrici di second’ordine, se non giocavamo bene le nostre carte”.

Peccato che queste donne parlino, parlino tantissimo e raccontino quotidianità spesso del tutto irrilevanti ai fini della trama. Donne che si mettono contro altre donne. Che chiacchierano e bisbigliano al posto di comunicare tra loro. Donne disposte a tutto, ma non a fare la cosa giusta.

Insomma… a mio avviso, non brillano le protagoniste, non brillano le storie personali e non brilla la scrittura.

Perché al di là della trama, mi sono davvero stupita che alcune frasi fossero uscite proprio dalla penna di una donna. Falsi miti che ancora faticano a morire, come quello sul temibile giorno del ciclo mestruale che avrebbe ben potuto fare a pendant con la vecchia pubblicità della Lines con la ragazza che fa la ruota.

Se c’era un’incombenza mensile che temevamo, non era il backup dei database, la consegna dei moduli per il controllo di qualità o il monitoraggio degli aggiornamenti per il management pack. Erano le nostre cose.

La struttura di Le ribelli

Fino a metà il romanzo non trova alcuno sviluppo della trama, mentre la struttura del libro è salvata dalle parti del processo. I capitoli con le trascrizioni del tribunale riescono infatti a dare un po’ di ritmo al romanzo, altrimenti piatto nella struttura e con uno svolgimento decisamente dispersivo.

La parte legale è argomentata abilmente, per cui risultano interessanti i risvolti procedimentali tra dichiarazioni, trascrizioni, deposizioni e l’inevitabile zampino dei mass media.

Il victim blaming, vero fiore all’occhiello tra le tematiche trattate del libro, è uno degli scogli più odiosi da affrontare. Com’eri vestiti quando sei stata molestata? Che rossetto portavi o quanto hai sorriso?

Si riprende nella parte finale, riabilitando parte delle protagoniste, quando però ero ormai sfinita da lunghe divagazioni immotivate, mormorii e colpi bassi.

Dov’è finito il thriller?

Lo ammetto. Per l’ennesima volta sono stata attratta da quella maledetta fascetta gialla attorcigliata al libro. Sono una lettrice semplice e quel trafiletto si presenta ai miei occhi come una coperta rassicurante.

Un thriller brillante ed estremamente attuale” così scriveva The New York Times. Un thriller che parla di femminismo e che si intitola “Le ribelli”… come resistere?

Eppure avrei dovuto, se non fosse per l’intento di raccontare una tematica che merita di essere ascoltata, il libro non accenna a nessun tipo di suspence per una trama che è già letta dalle prime pagine del libro.

Nessun colpo di scena, dinamismo ridotto al minimo per un libro che potrebbe essere tranquillamente definito come un romanzo di denuncia. Le ribelli è un romanzo, non un thriller, che purtroppo non decolla.

L’autrice di Le ribelli: Chandler Baker

Le ribelli è il primo libro di Chandler Baker. Una ragazza giovane, sposata con una figlia, che vive in Texas e lavora nell’ufficio legale di una grande azienda.

È nella stessa nota dell’autrice apposta a fine libro che emerge tutta l’autentica intenzione di denuncia dell’autrice. Baker racconta la sua personale “rete di sussurri” dei primi anni come tirocinante in uno studio legale, delle difficoltà di essere madre in un ambiente molto competitivo e delle storie di tutte le altre donne che incontra.

Un argomento del quale vale la pena di parlare, di scrivere e di leggere, ma che purtroppo non riesce a rompere quell’invisibile barriera.