Le schegge, la recensione di Maila Cavaliere del romanzo di Bret Easton Ellis pubblicato in Italia da Einaudi.
- Titolo: Le schegge
- Autore: Bret Easton Ellis
- Editore: Einaudi
- PP: 752
Probabilmente, senza la suggestione di un autore che seguo, non avrei mai letto l’ultimo romanzo di Bret Easton Ellis. Ho il resistente pregiudizio che non rientri nei miei generi prediletti.
Già, ma qual è il genere in cui possiamo incasellare Le schegge, pubblicato a ottobre in Italia, con la traduzione di Giuseppe Culicchia? Dopo l’ esordio con Meno di zero, il celeberrimo American Psycho e le opere successive, potremmo facilmente azzardare diverse ipotesi: romanzo horror, thriller psicologico, romanzo dal surreale black humor.
Los Angeles, anni ’80
Ma se lo sfondo della Los Angeles de Le schegge manifesta una sorta di continuità con la New York del suo più celebre romanzo, ricca ed eccessiva, dalla sessualità trasgressiva ed esibita, piena di droghe e brand di lusso, il nuovo libro di Ellis insiste su un canale particolare, quello dell’ autofiction e della narrazione autobiografica.
L’Ellis narratore, infatti, dichiara di voler ricostruire, narrandoli in prima persona, gli avvenimenti del suo ultimo anno di liceo alla Buckley nel 1981. Quell’anno un nuovo arrivato, Robert Mallory, ragazzo misterioso e con problemi psichiatrici, diventa l’ elemento perturbatore di un gruppo di ragazzi insieme a una serie di efferati delitti che sconvolgono l’ autunno della piccola comunità.
E se all’ inizio la memoria del narratore sembra fare una comprensibile fatica a rimettere insieme i pezzi, a distanza di più di quarant’anni dai fatti narrati, piano piano il lettore viene accalappiato dal racconto quasi fosse proprio lui a cadere nella rete del “pescatore a strascico” , il fantomatico serial killer del romanzo.
Non solo anni ’80
Certo, dal lettore attento, il punto di vista del narratore, di tanto in tanto, viene messo in discussione. Ne è indizio, per esempio, il reiterato riferimento alla volontà del Bret studente di diventare uno scrittore, di sentire già e di confessare che il suo sguardo è curvato dalla volontà di scrivere e perciò, per statuto, di mentire.
Non basta, inoltre, disseminare i capitoli di continui rimandi e citazioni della musica anni ’80 che animava feste e serate e faceva da colonna sonora ai fatti narrati, né cercare negli annuari della scuola le foto e i documenti a conferma e sostegno di quanto raccontato.
La materia scritta resta vischiosamente ambigua e voyeuristica in un tempo in cui il digitale e i social non esistevano ancora ma la seduzione dell’ immagine, ben tangibile, circolava sotto altre spoglie.
L’abilità di Ellis consiste nel rappresentare, dai corridoi del college alle ville di lusso, dagli incroci delle strade alle stanze da bagno con la Jacuzzi, il contesto spregiudicato e ideale a reggere una solida struttura contenitiva di verosimiglianza. Dentro, un paio di generazioni sfrontatamente disinteressate, alticce e frustrate, nonostante il denaro e i vizi, o forse anche a causa loro e una patinata descrizione, precisa fino allo spasimo, all’ ossessiva elencazione, uno sguardo da blow up su cui lo stesso narratore continua a insinuare dubbi di affidabilità (È davvero così o sono io, col mio sguardo da scrittore, che vedo cose che gli altri non vedono?).
Autore protagonista o no?
Ma del resto, a chi importa se Bret è stato davvero protagonista di quel che scrive, se si è drogato con coca, valium e quaalude, se si è strafatto di alcool, se ha vissuto la vita sessuale promiscua di cui dice, se è realmente stato testimone di quei terribili delitti?
Forse a molti lettori sì o, semplicemente, contribuisce a rendere più pruriginosa e accattivante la lettura delle 752 pagine del libro.
Dal punto di vista della letteratura, invece, la presunta sincerità di Ellis è solo un patto con il lettore. Non aggiunge nulla alla letterarietà del romanzo. Semmai conferma il talento di chi conosce tecniche e strategie per far funzionare il marchingegno di una storia, delle sue storie.
A questo punto potremmo azzardare che Le schegge è una specie di punto mosca nell’orlo della sua bibliografia, un proseguimento delle ossessioni tipiche della sua scrittura, che tornano a riprendere dai suoi precedenti scritti temi e argomenti e li elabora, secondo il più attuale sentire.
Ma ciò che conta, al di là della trama che darà vita, com’è già stato anticipato dallo stesso Ellis, ad una serie TV, è che la sua è una storia di specchi e vampirismo dei sentimenti, quasi come in certe scene di un film di Fassbinder. E conta la consapevolezza che l’ autore, pur parlando in prima persona e di sé, quando entra nello specchio della storia che sta scrivendo, non è più reale. Diventa un personaggio e, per statuto, il suo racconto non è vessillo di verità, nemmeno a fronte di tutte le prove che porta a sostegno. È un bugiardo come ci hanno detto Manganelli e Bufalino. È spregiudicato, quando presenta ogni personaggio descrivendo il primo impatto sessuale che ha generato in lui. Ed è un mentore perché ci insegna, suo malgrado, che se c’è qualcosa da cui dobbiamo proteggerci è proprio la trita e opaca realtà.
Le schegge sono così, deflagranti, incontrollabili e pericolose. E a 17 anni come a 60 colpiscono lo scrigno di un passato da deformare ad libitum.