Life on Mars, un classico del genere poliziesco ambientato in una fantascientifica Manchester che trasuda rock
Che cosa hanno in comune un telefilm poliziesco a sfondo fantascientifico e la musica rock, nata sul finire degli anni ’60 e fiorita nel suo pieno fulgore durante gli anni ’70 del XX secolo in Inghilterra?
Innanzitutto l’ambientazione e il periodo di tempo. Manchester, nel nord-ovest dell’Inghilterra a due passi dalla mitica Liverpool dei Beatles e casa di molte altre rock band ispirate (Van Der Graaf Generator, Joy Division, Oasis, solo per citarne alcune).
L’anno è il 1973, importantissimo per il rock. Ma la cosa non finisce qui.
Il telefilm è un classico del genere poliziesco. Schemi, situazioni, stereotipi di personaggi scritti ad hoc e casi più o meno intricati, già tutto visto in serie americane come Starsky & Hutch, Le Strade di San Francisco, T.J. Hooker o anche, per restare in Europa, L’Ispettore Derrick.
Non sono però le trame poliziesche il fil rouge della serie, pur essendo esse talvolta interessanti, intriganti e comunque slegate tra loro di puntata in puntata. Esse sono soltanto un escamotage per raccontare la storia travagliata e fantasiosa dell’Ispettore Capo Sam Tyler, interpretato da John Simm.
Sam Tyler è un Ispettore Capo della Polizia di Manchester nel 2006. Sam Tyler è anche un appassionato di musica rock degli anni ’70 e un collezionista di vinili d’epoca.
Durante un’indagine su un serial killer in cui viene coinvolta in prima persona la sua ragazza e collega, Sam è emotivamente distrutto e abbassa la guardia. Viene investito e travolto violentemente da un’auto.
Quando riapre gli occhi si ritrova nel sogno dorato di tutti i nostalgici e appassionati musicali dei Seventies: è stato catapultato indietro di 33 anni, precisamente nel 1973. Un sogno dorato che ben presto per Sam si trasforma in un incubo, con tutte le conseguenze del caso.
Gli svariati paradossi temporali che richiamano la fantascienza pura, metodi d’indagine di polizia profondamente diversi da quelli del 2006, la mancanza della tecnologia quotidiana a cui tutti siamo abituati, come telefoni cellulari, personal computer, database e motori di ricerca su Internet, ecc.
Le situazioni che vengono a crearsi sono molteplici, a volte angoscianti a volte curiose e ironiche per il fatto che Sam cita nomi e avvenimenti non ancora accaduti o nell’avere a che fare con Gene Hunt, un capo rude, spietato, che utilizza maniere un po’ troppo forti e che diventa da subito la sua nemesi.
Un personaggio “non buono” abituato a non avere confronti con i sottoposti ma che col tempo imparerà a rispettare Sam, i cui strani metodi porteranno sempre a ottimi risultati. Il “boss” Gene Hunt è interpretato magistralmente da un grande Philip Glenister.
Per tutta la serie rimane in sospeso tentare di capire il mistero, sia da parte del pubblico che del protagonista stesso, se Sam abbia realmente viaggiato nel tempo o se quella che sta vivendo sia una vita immaginaria creata dallo stato di coma profondo causato dall’incidente.
Dopo il parallelismo con i famosi serial americani citate prima, giusto per restare in Europa invece questa serie trasuda British-style da tutti i pori non solo per gli arredi, le tappezzerie, i pub fumosi, gli edifici della Manchester del ’73 o le auto con la guida a destra, ma soprattutto per la colonna sonora.
Sam Tyler, poco prima di subire l’incidente stava ascoltando in auto, dal suo iPod collegato all’autoradio, la canzone capolavoro di David Bowie e di tutto il movimento glam-rock, Life On Mars? da cui ha preso il titolo anche il telefilm.
Le citazioni di altri capolavori immortali del rock sono molte. Già la seconda puntata si apre con una scena concitata che ricorda gli inseguimenti di 007, e quale canzone migliore se non Live And Let Die dei Wings di Paul McCartney poteva accompagnare quelle scene?
In un altro episodio Sam entra in un negozio di dischi e alle pareti vi sono appese le copertine di vinili storici, tra i quali spicca Abbey Road dei Beatles. Come non menzionare nella serie l’hard-rock, il quale nel ’73 era all’apice della popolarità, o cose più leggere come Alone Again di Gilbert O’Sullivan e Rocket Man di Elton John.
O ancora David Bowie con Changes e Starman? Bowie dev’essere stato un pallino degli autori che devono averlo considerato, e non a torto, uno dei massimi simboli della musica anni ’70, tanto che anche il “boss” Gene Hunt in un episodio si riferisce a sé stesso come il Genio Gene in inglese “Gene Genie”, una palese citazione di Jean Genie brano del ’72 del geniale interprete di Ziggy Stardust, poi elegante Duca Bianco del decennio Ottanta.
Una piccola pecca di questa bella serie tv: è assolutamente assente il progressive rock che proprio nel 1973 in Inghilterra sfornava alcune tra le sue pietre miliari. Pazienza, non si può avere tutto.
E per la cronaca, c’è una curiosità che non si può sicuramente addurre ad una serie di coincidenze. L’attore protagonista John Simm è anche un musicista affermato, ex-chitarrista e cantante dei Magic Alex, altro gruppo di Manchester con all’attivo un solo album.
Magic Alex è stato uno dei primi dipendenti della Apple Music a fare alcune controverse affermazioni subito dopo lo scioglimento dei Beatles e Simm si è sempre dichiarato come un Beatles nut. Nella nostra lingua non significa altro che “pazzo, patito, fanatico dei Beatles”.
La serie è suddivisa in due stagioni da otto puntate l’una e ha avuto anche un seguito nel 2008 ambientato però nel 1981, con il “boss” Gene Hunt ma senza il protagonista Sam Tyler. Il titolo? Manco a dirlo, Ashes To Ashes giusto per restare in tema Bowie.
Anche se non siete appassionati di serie poliziesche questo telefilm, diventato ben presto un cult, è un vero tuffo nell’Inghilterra degli anni ’70, nelle sue atmosfere, nei suoi profumi, nella sua musica, nel suo modo di vivere, nelle sue strade e, perché no, nei suoi pregiudizi e nella sua mentalità sessista spesso retrograda ma fondata su tanta passionalità e cuore.
Per gli appassionati di musica rock questo dovrebbe bastare. Cosa aspettate a vederla?