Low Winter Sun, fotografa la desolazione e lo svuotamento d’umana ratio sul palco di una Detroit affamata e febbricitante.
Detroit e nessuna speranza. Una città simbolo che incarna il fallimento, economico e umano di almeno tre generazioni. Costruita sull’industrializzazione dell’auto e morta sulla delocalizzazione della stessa, agonizza senza un futuro certo, senza servizi sociali, senza più uno scopo. Quartieri privati di quella popolazione attiva oggi si presenta desertificata, la stessa natura si riappropria di spazi rendendo lo spettacolo surreale.
“Dove l’uomo ha sbagliato” si svolgono le vicende di questa serie televisiva per il canale AMC, Low Winter Sun, che racconta storie di uomini che hanno sbagliato, sbagliano e sbaglieranno. Una narrazione nei tempi e nei modi noir al 100%, cruda e spietata come il pignoramento delle banche della più famosa “Motor City” del mondo, Detroit. Non ci sono spazi per la salvezza, tanto meno per quella polizia corrotta, drogata, asfissiata da ridicoli stipendi e preda di facile corruzione.
Simon Donald ci riprova con un plot, riscritto in parte, già uscito in due puntate per Channel 4, a parer mio centra l’obbiettivo per la seconda volta. Dire che Simon prima di questa scrittura centrasse poco con questo genere è dir poco, forse non tutti conoscono Viz Comic, forse non tutti sanno che è un’invenzione sua e di suo fratello Chris. Dalle strisce satiriche di successo a scrittore per la tv con lo show runner Chris Mundy, evidente prova di un artista eclettico e preparato.
Ma a caratterizzare lo show è la scelta, più una conferma visto l’analogo ruolo nella mini serie britannica, di un superlativo e perfetto Mark Strong. Sua la parte più complessa e introspettiva, recitata da professionista navigato qual’è non lascia dubbi o fraintendimenti sull’esito.
Dialoghi davvero ben scritti supportano la regia sempre attenta ai particolari. Un montaggio puntuale e articolato ne segue i movimenti camera senza perdersi troppo, alternandone pathos e ritmo verbale da manuale. Lunghi piani sequenza di una Detroit letteralmente sfasciata accentuano la propensione all’aspetto più riflessivo della serie, contrasto sociale, desertificazione delle prospettive umane ed elevatori sociali assenti, tutto annegato in una violenza disperata.
Da non dimenticare la fotografia made in AMC Studios che esalta il lato “drama” della serie, chi conosce The walking Dead o Breaking Bad sa di cosa parlo.
Come un mantra ripeto, guardatelo in lingua originale, con o senza sub fate voi, ma Low Winter Sun merita le inflessioni e la spregiudicatezza che solo la lingua madre può portare.
Non ultimo il main theme cantato da una vera leggenda del soul americano come Bettye LaVette, Hustlin’ in the Motor City.
In buona sostanza una vera barbabietola deve vedere questa serie, forse passata un po’ in secondo piano rispetto al battage delle sorelle di canale, di sicuro spessore e oserei dire molto, molto Sugarpulp.