Luca, undici anni, primo giorno alle scuole medie.
L’autobus emanava un odore stantio di corpi. Il caldo di quell’autunno rendeva disgustosi gli effluvi umani circostanti. Erano solo le sette del mattino.
Luca osservò la ragazzina bionda davanti a lui. Sentì una fitta allo stomaco. Era bellissima. In quel momento, lei si girò. I loro sguardi si incontrarono. Luca aveva mal di pancia.
Lei gli sorrise. Luca sentì qualcosa montargli dentro. Lei lo guardava dritto negli occhi. Un conato di vomito travolse Luca.
Luca, tredici anni, ultimo giorno alle scuole medie.
L’autobus emanava un odore stantio di corpi. Il caldo di quell’inizio estate rendeva disgustosi gli effluvi umani circostanti.
Luca era accucciato nell’ultimo sedile in fondo, un cappello calato sugli occhi. Tutti fingevano che fosse invisibile. «Niente male al pancino oggi?».
Tutti tranne lui. Luca osservò Marco. Ascoltò le risate degli altri. Si calò il cappello ancora di più. Coprì gli occhi e si rintanò nel suo mondo di fantasia. Avrebbe voluto fargliela vedere lui.
Luca, diciannove anni, ultimo giorno di liceo.
L’autobus emanava un odore stantio di corpi. Il caldo di quell’inizio estate rendeva disgustosi gli effluvi umani circostanti.
Luca osservò ancora una volta il suo capolavoro: aveva raggiunto il suo obiettivo, realizzato il sogno che cullava da quando aveva undici anni.
Un autobus pieno di cadaveri smembrati si offriva alla sua vista, tutte vite che lui aveva spezzato. In quell’autobus maledetto non esisteva più un essere vivente, aveva ucciso tutti.
Sorrise ammirando la morte che si sarebbe lasciato dietro. E uscì finalmente da quel veicolo disgraziato senza desiderare vendetta. L’aveva avuta. Finalmente.