Mine, la recensione di Giorgio Cracco per Sugarpulp Magazine del sorprendente film d’esordio di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro.
Mine,scritto e diretto da Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, è una piacevole, fresca sorpresa. Un ottimo film, riuscita allegoria della lotta della vita, prima che delle sfide della guerra.
Mike Stevens (un intenso Armie Hammer) è un cecchino dei Marines che, al ritorno da una missione, appoggia inavvertitamente il piede su una mina. Nel tentativo di sopravvivere in attesa dei soccorsi, Mike dovrà cercare di convivere con la trappola mortale che si ritrova sotto di sé, affrontando le insidie di un territorio martoriato da decenni di conflitti senza fine e quelle, egualmente pericolose, del deserto. Col passare delle ore, Mike scoprirà che i suoi avversari più temibili si celano in realtà tra i troppi fantasmi di un passato crudele e irrisolto, responsabile ultimo della situazione apparentemente senza via d’uscita in cui si trova.
Il film di Guaglione e Resinaro è una ballata dolente, elegante e affilata che, un po’ come il suo tormentato eroe dal cuore d’oro, combatte con fermezza il rischio della deflagrazione nel melodrammatico, uscendone più forte e artisticamente vincente un passo (e una scommessa vinta) dopo l’altro.
L’uso dei flashback è sapiente, un’ancora di salvezza lanciata al protagonista, che si appella ai momenti chiave del proprio passato ogni volta che rischia di finire nel baratro e di arrendersi ad una morte sul campo di battaglia che sembra ormai chiamarlo inesorabile.
L’interpretazione di Hammer è totale e coinvolgente, e accompagna lo spettatore attraverso le mille sfumature di una sceneggiatura bella, precisa e profonda, scrupolosa nel mostrare tutti i demoni di un uomo buono venuto al mondo, come accade a molti, con in mano carte inizialmente sbagliate. La vita non è stata tenera con Mike Stevens, e la mina beffarda sulla quale ora si sta giocando il proprio futuro non è che l’ennesimo capitolo di un’esistenza potenzialmente luminosa, partita con troppi gravi handicap.
“Resta vivo” è l’ultima richiesta del suo migliore amico e compagno d’armi, prima di lasciarlo solo nel deserto. Mike sceglierà di fare di tutto per seguire il consiglio accorato di chi non ha potuto farlo assieme a lui. E si sforzerà di restare vivo, nonostante tutto e tutti. Bloccato nel campo minato che ne reclama la vita con sadica pazienza, Mike Stevens proverà a riprendersi la propria anima disinnescando ad uno ad uno gli ordigni del destino che ne hanno ucciso la natura più autentica in anni di lutti e violenze familiari.
Col passare delle ore, nell’attesa di soccorsi che sembrano non arrivare mai, la battaglia sul fronte interno del proprio sofferente passato assumerà sempre maggiore importanza per le sorti del cecchino Mike Stevens. E la vittoria, l’unica possibile, sarà quella di riuscire a restare vivo, o piuttosto di tornare finalmente ad esserlo davvero, assicurandosi un futuro di speranza uccidendo, una volta per tutte, un vissuto violento e cattivo, fardello ricorrente ed esplosivo in grado di rendere sterili ed inospitali gli anni a venire.
Con Mine, Fabio Guaglione e Fabio Resinaro dimostrano che il cinema italiano ed europeo hanno cuore e professionalità da vendere e regalano al pubblico un prodotto originale, vitale ed appassionante, con contenuto e confezione di altissimo livello.
A Hollywood, e non solo, faranno bene a prendere appunti.