Come sempre, quando si sta formando un Governo, i big della politica si litigano i ministeri e, come sempre, Cultura e Istruzione sembrano non interessare a nessuno.

Il nuovo governo Lega-M5S dovrebbe nascere a giorni e come da tradizione è già partito da un pezzo il toto-ministri.

I big della politica italiana stanno lavorando sotto traccia per accaparrarsi il dicastero più prestigioso: Zio Paperone all’Economia, il Visconte Cobram allo Sport, Sua Eccellenza il Numero 1 agli Interni, Tex Willer alla Giustizia, Calboni alla Farnesina, il Conte Mascetti al Lavoro…

Per il Ministero dei Beni Culturali, invece, un silenzio assordante (ma potremmo dire lo stesso dell’Istruzione).

Girano giusto un paio di nomi, naturalmente di illustri sconosciuti con profili di secondo piano. Nessun big tuona chiedendo a gran voce che gli venga assegnato il dicastero alla Cultura, non circola nessun nome di forte impatto mediatico, nessun partito che si renda conto di quanto potrebbe essere strategico puntare ed investire sul MIBACT.

E, badate bene, non ne faccio una questione di colore politico. L’andazzo è più o meno sempre questo, il MIBACT è considerato la classica poltrona con cui sistemare il trombato di lusso o il miracolato di turno.

Forse hanno ragione i politici?

In tempi recenti Dario Franceschini aveva interrotto la tendenza prendendosi il MIBACT e costruendoci attorno una sapiente operazione di rilancio della sua immagine .

Al di là delle simpatie e delle antipatie, al di là del merito delle scelte, l’operazione sembrava essere riuscita benissimo, tanto che Franceschini è stato probabilmente il Ministro dei Ben Culturali con maggior visibilità degli ultimi decenni. Risultato? Non è neppure riuscito a farsi eleggere alle ultime elezioni. Non so cosa, ma qualcosa vorrà dire.

Forse hanno ragione i politici a non perdere tempo dietro ad un ministero che alla fine non ti ripaga politicamente degli sforzi fatti.

Forse davvero agli italiani la Cultura non interessa. Non dimentichiamo che siamo il Paese di intelligentissimi che ha scelto di eliminare il ministero del turismo con un referendum popolare

Eppure gli altri investono e programmano

Eppure resto convinto che Cultura e Turismo siano i due asset di maggior valore del nostro Paese, convinzione che è basata sui numeri e non certo su opinioni o suggestioni.

Non rendersene conto è un’autentica follia, soprattutto visti gli investimenti pazzeschi fatti in questi settori dai Paesi emergenti, per non parlare dei risultati ottenuti da chi in questi ambiti ha investito e programmato in tempi non sospetti.

Che poi, come scrivevo poco sopra, si potrebbe dire lo stesso del Ministero dell’Istruzione, altro dicastero che a quanto pare non interessa  a nessuno e che, invece, dovrebbe avere un ruolo centrale nella discussione politica italiana.

Resta la sgradevole impressione che nel nostro Paese si continuino a combattere battaglie di retroguardia, che le uniche proposte siano “contro” qualcosa e qualcuno e non “per costruire” qualcosa, che non si abbia voglia né capacità di programmare a 25-50 anni ma che si pensi soltanto a quello che è successo ieri, che la priorità resti sempre buttare giù quello che hanno costruito gli altri e non tirare su un progetto nuovo capace di durare poi nel tempo, che parlare di Cultura significhi soltanto parlare di strutture da conservare e non di luoghi da vivere.

E tutto questo soltanto perché l’Italia non si è qualificata ai mondiali e il campionato è già finito, se no la Nazione sarebbe in altre faccende affaccendato, altro che toto-ministri, Governo e blablablabla….