‘Ndrangheta di Anna Tringali, con Giacomo Rossetto. Una produzione Teatro Bresci. La recensione di Giorgio Cracco.

La ‘ndrangheta, la terza azienda italiana per fatturato, non si merita tanta bellezza. Non si merita di essere nata in una terra splendida come la Calabria, per poi diventare la spina dorsale degli affari illeciti, degli accordi inconfessabili, l’anima nerissima, insomma, di un Paese stupendo come l’Italia.

Né si merita il suo incontestabile successo internazionale, che l’ha portata ad essere presente in tutti i continenti, senza eccezioni. Non si meriterebbe neppure, se vogliamo, uno spettacolo teatrale tanto ben fatto e riuscito, un altro piccolo, grande capolavoro a firma Teatro Bresci.

Ma tant’è, la compagnia fondata da Giorgio Sangati, Anna Tringali e Giacomo Rossetto ci ha abituato da anni a rappresentazioni raffinatissime.

‘Ndrangheta, lo spettacolo

Ndrangheta, scritto e diretto da Anna Tringali, interpretato da un Giacomo Rossetto che giganteggia come sempre, e realizzato con la consulenza di Antonio Nicaso, è orgogliosamente all’altezza della fama e delle precedenti produzioni del Teatro Bresci, aggiungendo un’altra preziosissima perla ad una già rinomata collezione.

Lo spettacolo, scritto con intelligenza, sensibilità e acume, e diretto con abilità e passione, consegna dunque a Giacomo Rossetto l’occasione per un’ulteriore prova maiuscola. L’attore si abbandona anima e corpo ai testi taglienti, potenti e incisivi di Anna Tringali, portando il pubblico ad immergersi nella storia, tremenda e spietata, della nascita dell’organizzazione criminale calabrese come la conosciamo oggi.

O come dovremmo conoscerla. Come spiega bene ‘Ndrangheta, infatti, il mostro è potuto crescere, è riuscito a cambiare pelle mille volte in più di un secolo di vita, ha avuto la possibilità di prosperare e di divenire la principale forza del crimine organizzato mondiale perché ha saputo sfruttare al meglio la predisposizione dell’essere umano, come singolo e come collettività, a voltarsi dall’altra parte, a fingere di non sapere, a voler essere complice, piuttosto che onesto, o tanto meno coraggioso.

La ‘ndrangheta, questa piaga che, figlia illegittima di una realtà povera e rurale, è riuscita a mettersi giacca e  cravatta e ad arrivare nelle stanze del potere economico e politico, ha potuto conquistarsi tutto il suo ingombrante spazio perché le è stato permesso.

Perché certo Stato e i singoli cittadini hanno troppe volte scelto di non vedere e, molto spesso, continuano a farlo.

Una narrazione dirompente

‘Ndrangheta sviluppa per l’intera sua durata una narrativa dirompente, invidiabile nella magistrale profondità del suo racconto, colpendo in faccia lo spettatore con una storia dell’orrore che, purtroppo, di inventato o di fantastico non ha proprio nulla.

Anna Tringali e Giacomo Rossetto ci parlano di un’entità criminale economico/politica omicida e amorale, che si ritiene inarrestabile ed ineluttabile, che da decenni uccide, corrompe e inquina in nome del profitto e del potere, come se il denaro, accumulato senza posa e senza vergogna, o la cieca volontà di dominio, fossero in grado di giustificarne l’aberrazione dell’esistenza.

La ‘ndrangheta sa raggiungere tutto e tutti, con la sua violenza, con la sua droga, con il puzzo di carogna del suo business maledetto e di un supposto codice d’onore in realtà mai esistito.

Tradizione arcaica, legami di sangue e una letale scaltrezza nel cavalcare i mutamenti della Storia e le rivoluzioni della modernità, tutto questo ha reso la criminalità calabrese un brand mondiale apparentemente invincibile.

Quest’ultima produzione del Teatro Bresci ne mette a nudo la biografia sanguinaria, spiegandone ad alta voce alcuni tratti salienti, gridando alla società civile cosa per tanto tempo non ha voluto vedere.

L’arte e la bellezza come strumento di denuncia

‘Ndrangheta tratteggia con malinconia e affetto i rimpianti della Calabria e dei calabresi per bene, costretti a condividere l’indiscutibile bellezza della loro regione con un tale abominio organizzato.

La rappresentazione batte sulla spalla al distratto e ricco Nord Italia, che ha finto, con parte della sua politica e della sua imprenditoria, di essere immune dalle mire della criminalità meridionale, mentre invece, da moltissimo tempo, ne abbracciava e lisciava i tentacoli.

Senza dimenticare il resto del mondo, che solo con la strage di Duisburg del 2007 è sembrato accorgersi dell’esistenza e della pericolosità di questi misteriosi bravi ragazzi di Calabria.

Ndrangheta usa l’arte e la ricchezza del teatro al suo meglio per urlarci contro la squallida miseria dell’umanità al suo peggio. Quella che appartiene al crimine organizzato, e quella che ci cammina a fianco, dialogandoci e facendoci affari, pagati con la vita e il sangue degli innocenti e a scapito delle millenarie, quelle sì, gemme di una terra bellissima.

Una terra bellissima che ne ha avuto abbastanza. Che si chiami Calabria o Italia. O mondo. Anna, Giacomo e Antonio, grazie.