The Nightcrawler – Lo sciacallo è un lucido ritratto della nostra società ipermediatica. Jake Gyllenhall da vita ad un personaggio complesso ed agghiacciante.
Sciacallo, serpente, faina. Lou Bloom è un animale repellente che striscia nella notte in cerca della sua preda, emaciato e bianco come un vampiro che si sveglia dopo un lungo sonno. Viscido, sfuggente, implacabile: il figlio bastardo di una società proiettata verso un’inarrestabile deriva. E ancora, è il vero self-made man dei nostri tempi. Il sogno americano che si fa scientemente incubo.
Seguiamo con un groppo in gola la sua brillante ascesa: da ladruncolo di materiali edili a cacciatore di immagini forti per i principali network losangelini, il passo sembra essere breve. Di mezzo, però, c’è un abisso profondo. Un abisso che Lou attraversa con l’indifferenza di chi vuole raggiungere i propri obbiettivi ad ogni costo.
Bloom è un bignami di filosofia spicciola. Un figlio della crisi economica cresciuto a pane ed internet. Solitario, misterioso, inquietante. Gli si para davanti l’occasione della vita e lui, semplicemente, è pronto a coglierla, mettendo in soffitta qualsiasi scrupolo. Le televisioni vogliono il sangue. Bene, eccolo servito. Sempre più vero, sempre più copioso, sempre più sporco.
Pensa al nostro telegiornale come a una donna che urla in strada con la gola tagliata dice Nina (Rene Russo), la responsabile del tg, in una delle battute più memorabili (e significative) di The Nightcrawler. Lou la prende alla lettera, sviluppando un’attrazione morbosa verso incidenti, sparatorie ed omicidi. Purché succedano nel lato giusto della città degli angeli. Quello delle famiglie bianche benestanti che formano lo zoccolo duro dei telespettatori.
Jake Gyllenhall si cala nella parte con il piglio dei grandi. Perde dieci chili, lavora sulla postura, sgrana gli occhi come due fanali pronti ad abbagliare. Recita in sottrazione, rendendo appieno lo squilibrio di un protagonista di difficilissima interpretazione. Un personaggio la cui forzata pacatezza nasconde una ferocia pronta ad esplodere nei momenti e nei modi più inaspettati. Poche storie: senza di lui The Nightcrawler sarebbe un altro film.
Dan Gilroy (regista e sceneggiatore) traccia un affresco spietato del nostro tempo e ci racconta con uno stile sorprendentemente asciutto e penetrante quello che siamo diventati. Possiamo tornare indietro? La fine di Rick, sfortunato aiutante (e coscienza) di Bloom, unico personaggio vagamente positivo del film , è una risposta più che eloquente.
The Nightcrawler è un film in cui dominano gli esterni girati in notturna. Il buio la fa da padrone, dalle prime sequenze sino ad un epilogo che non fa sconti a nessuno, tanto meno allo spettatore. Agire scorrettamente paga e paga anche bene. Lo sappiamo benissimo, è inutile continuare a far finta di ignorarlo.
Gilroy ci mette di fronte un cupo racconto la cui morale è una soltanto: non c’è più nessuna cazzo di morale. L’abbiamo fagocitata insieme a tutto il resto: principi, valori, etica. La sottile linea che divideva il giusto dallo sbagliato è ora invisibile, un pallido e sfuggevole ricordo. E le cose, certo, non miglioreranno.
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