Ninfa dormiente, la recensione di Linda Talato del romanzo di Ilaria Tuti pubblicato da Longanesi.

Ninfa dormiente, la recensione di Linda Talato del romanzo di Ilaria Tuti pubblicato da Longanesi.
  • Titolo: Ninfa dormiente
  • Autrice: Ilaria Tuti
  • Editore: Longanesi
  • PP:

Dovevo tornare, lo sapevo. Perché per quanto Fiori Sopra l’Inferno fosse un romanzo autoconclusivo, intuivo che in realtà era il preludio di qualcos’altro. C’erano delle questioni irrisolte, delle porte lasciate aperte e sapevo che l’autrice sarebbe tornata per mettere i puntini sulle “i”. Come quando, parlo per chi scrive, vi dicono che un testo deve essere lasciato in un cassetto a riposare un po’, «lascia decantare il testo» suggerisce chi ne sa qualcosa in più. Anche una storia, come il buon vino, a volte ha bisogno di essere lasciata lì per un po’.

Con Ninfa Dormiente Ilaria Tuti torna più brava di prima – già lo era parecchio – dopo aver affinato ulteriormente le sue armi da scrittrice e pronta ad affrontare i fantasmi del passato e i mostri interiori che già tormentavano i suoi personaggi in Fiori Sopra l’Inferno, ma di cui il lettore ancora sapeva poco. Ed era curioso di sapere. 

Il segreto che tormenta Massimo Marini, per esempio. Se ricordate, nella prima recensione dicevo che, secondo me, fuggiva da qualcosa, ma non si capiva bene cosa. Probabilmente all’epoca non lo sapeva neppure la Tuti, perché i personaggi li conosciamo man mano che scriviamo di loro, come una persona che si svela poco per volta. Oppure lei sapeva tutto di Massimo, ma aveva deciso di tenerci sulle spine.

Teresa Battaglia, poi, uno dei più bei personaggi femminili di cui ho letto. L’abbiamo lasciata con una malattia invalidante, pericolosa, una malattia che un po’ è un tabù ma con cui tutti, chi più chi meno, chi prima chi dopo, ci troviamo o ci troveremo ad aver a che fare.

«Che ne sarà di Teresa?» si chiede il lettore.

La trama, innanzitutto

Il commissario Teresa Battaglia e la sua squadra, di cui fa parte anche il coprotagonista Massimo Marini, devono risolvere un enigma che viene dal passato e che si intreccia con il mondo dell’arte. Alessio Andrian, ex partigiano della Brigata Garibaldi, da giovanissimo ha dipinto un quadro raffigurante una donna di straordinaria bellezza, e al posto di usare comuni colori ha usato sangue umano. Da qui, partirà una caccia all’assassino – ma anche una ricerca della vittima – per capire cosa sia realmente successo in quella foresta della Val Resia nel 1945.

E quella stessa foresta – con la sua vegetazione fitta e lussureggiante, gli animali, l’acqua e la terra – accoglie e respinge, è quasi un organismo vivente, ti guarda. La foresta ricorda, è un testimone silenzioso. E nasconde segreti, nasconde la vita e la morte. Diventa quasi una metafora dell’utero materno, con quell’accoglienza che fa sentire protetti, ma anche soffocati.

Come nell’altro romanzo, Tuti riconferma il suo grande talento nelle descrizioni dei dettagli e nella creazione del mondo narrativo in cui si svolgono le vicende, e a mio parere in questo Ninfa Dormiente dà il meglio di sè.

La luna era di sangue, quella notte. Era sorta da dietro la cima del Canin in un alone purpureo ed evanescente. Un cattivo presagio, secondo la moglie del taglialegna. Non era stato l’unico. Qualche giorno prima, una capra aveva partorito un cucciolo nero come la pece e con un solo occhio, che aveva morso la madre prima ancora di imparare a respirare. Il taglialegna aveva fatto benedire la stalla e riservato al cucciolo più cure che agli altri animali, perché la saggezza popolare lo consigliava: accendi una candela per Dio e due per il Diavolo, si diceva. Il male bisognava temerlo, ma all’occorrenza anche ingraziarselo.

Per tutta la storia ho avvertito una sensazione strana. In realtà non mi sentivo immersa nella tipica ambientazione da thriller, ma l’atmosfera sembrava molto più mistica, quasi quella del fantasy epico, ma non di quello scritto dagli uomini.

Parlo, ad esempio, delle atmosfere ricreate da Marion Zimmer Bradley, con il femminino sacro, le sacerdotesse e i rituali legati alla femminilità e alla figura della Madre. Qui, va detto, Tuti è stata brava perché ha reso digeribile uno stereotipo visto, rivisto e stravisto, ovvero quello della solidarietà femminile intesa come un cerchio chiuso di cui gli uomini non sanno nulla e nulla mai sapranno, e da cui o fuggono, oppure rimangono folgorati. Il mistero della creazione, la dea… Sì insomma, tutti argomenti che vanno gestiti con una certa padronanza, perché il rischio di far alzare gli occhi al cielo – e chiudere il libro – ai lettori allergici agli stereotipi – tipo me – è alto.

Non mi ha fatto chiudere il libro.

Altro terreno minato in cui la Tuti si è avventurata, sempre con il rischio di far chiudere il libro ai lettori rompiball… ahem, puntigliosi come me, è quello legato all’amore romantico. Sì, intendo proprio quello da favola, da romanzo rosa, con lui che si inginocchia e porge l’anello, gravidanze, matrimoni, lacrimucce… Sì, insomma, avete capito: tutte cose che di solito evito con garbo. Di solito. Ogni tanto me le autoinfliggo, quasi una sorta di punizione col cilicio, salvo poi lamentarmi sui social di queste letture, e attirarmi le ire degli amanti del genere. Sorvolando su queste mie abitudini da masochista della lettura, vi dirò che, invece, in Ninfa Dormiente l’amore, quando c’è, non è scontato o stereotipato e che l’autrice è riuscita a “girarci attorno”, passatemi il termine, senza annoiare i lettori dal cuore arido tipo me.

Il tempo vale, fugge, cela.Il tempo nasconde sempre qualcosa.Un segreto, un ricordo, una promessa mai mantenuta, il dolore. Si stende sui pensieri e sui sentimenti, languido li ricopre della bruma amabile dell’oblio, mentre li divora senza nemmeno che il loro padrone se ne accorga.Il tempo cela, anche i delitti.Sepolta sotto anni, decenni, di vita brulicante, la morte appare meno mostruosa, non fa paura. Scolora, si spoglia di emozione e viene infine dimenticata, e con essa le sue vittime.

Il tempo e Teresa Battaglia

Lei lo sente, quel ticchettio, lo sente più di tutti gli altri, e sente che il suo, di tempo, sta per scadere. Sa che la malattia che l’affligge ha un percorso lungo e doloroso, e sa che arriverà il momento in cui dovrà abbandonare il suo lavoro e la sua squadra, che per lei è diventata una famiglia. Per allontanare il più possibile quel momento, Teresa tiene un diario in cui annota tutto ciò che potrebbe dimenticare da un momento all’altro, e mantiene la mente sveglia e allenata grazie a degli indovinelli che, personalmente, ho trovato molto simpatici. Ve ne propongo uno su tutti, la soluzione la scrivo in fondo a questa recensione.

«’I poliziotti devono fare irruzione in una casa per arrestare un criminale’» lesse. «’L’unica informazione di cui dispongono è il suo nome: Adamo. Quando entrano, trovano un meccanico, un pompiere, un medico e un idraulico che giocano a carte. Arrestano senza esitazione il meccanico. Perché?’»Marini la guardò come se fosse pazza. «Se voleva spaventarmi, ci è riuscita» disse.Teresa doveva concentrarsi sul rebus per richiudere il buco nero nella sua testa che sembrava volerla consegnare all’oblio assieme ai ricordi. Calma il respiro. Diventa più metodica. Vinci il vuoto. Artigliò il braccio di Marini. «Ahia!»
«Perché?» lo incoraggiò, ed era come spronare se stessa. «Perché vanno subito da lui?»
Marini alzò gli occhi al cielo. «Non lo so! Avranno avuto qualche altro indizio.»
«Nessun indizio. Nessuna informazione che non ti abbia dato.»
Lui sbuffò. «Aveva una X stampata sulla fronte?» ironizzò. Teresa mollò la presa, fece qualche passo. Rifletté, poi, con un sorriso di sollievo, lo guardò. «Sì, aveva proprio una X stampata in faccia. Precisamente, XY.»
«Sta vaneggiando, se ne rende conto?»
Teresa scoppiò a ridere.

Soluzione in fondo

Lo scioglimento dell’enigma legato alla Ninfa Dormiente coinvolgerà molti personaggi e le loro storie personali si intrecceranno con quella principale. Alla fine, come spesso accade, l’assassino sarà la persona più insospettabile. Anche qui, ho apprezzato molto l’originalità di Ilaria nel creare personaggi che non agiscono come il lettore si aspetta, e che lo lasciano sorpreso.

Prima di chiudere (e di darvi la soluzione dell’indovinello!) vi lascio una nota che l’autrice ha inserito alla fine della storia, e che mi è piaciuta davvero molto, vale la pena di soffermarsi a leggerla.

(…) Perché io sono Colei che è prima e ultima,

Io sono Colei che è venerata e disprezzata,

Io sono Colei che è prostituta e vergine,

Io sono madre e figlia,

Io sono le braccia di mia madre,

Io sono sterile, eppure sono numerosi i miei figli,

Io sono donna sposata e nubile,

Io sono Colei che dà alla luce e Colei che non ha mai partorito,

Io sono Colei che consola dei dolori del parto.

Io sono sposa e sposo,

E il mio uomo nutrì la mia fertilità,

Io sono Madre di mio padre,

Io sono sorella di mio marito,

Ed egli è il figlio che ho respinto (…)

(…) Rispettami sempre,

Poiché io sono Colei che dà scandalo e Colei che santifica (…)

Inno a Iside, Il Tuono, mente perfetta, Codici di Nag i Hammâdi, VI. 2; Egitto; III secolo a.c.

SOLUZIONE:

«Era l’unico uomo, Marini, ecco perché lo hanno riconosciuto subito.»
Lui rimase interdetto. Teresa gli diede due colpetti sulla spalla. «Non ce la fai proprio a immaginare una donna emancipata, eh?»