Nuove avventure nell’Hi-Fi? Una riflessione sul rapporto internazionale tra musica beat, alternative rock, elettronica e blues.

A ottobre 2021 uscirà in versione rimasterizzata, potenziata, ampliata, l’edizione del CD New adventures in hi-fi (in occasione del venticinquesimo anniversario dalla prima pubblicazione).

I R.E.M., in fase decadente, poco prima di diventare un trio (con la separazione del batterista Bill Berry per problemi di salute), compongono questo album “sulla strada”, durante lo svolgimento del lungo ed estenuante Monster tour.

New Adventures in realtà è forse il moderno lascito testamentario della letteratura beat, in assenza di segnali significativi da parte dell’arte del romanzo e dei suoi protagonisti. Michael Stipe scrive dei testi monumentali, selvaggi, spaventosi nella loro concupiscenza di libertà e tormento interiore conseguente.

Dall’apertura jazz di How the west was won fino ad altre sublimi stramberie, passando in realtà per inni western al piacere, al bizzarro, all’esperienza totalizzante (The wake-up bomb e So fast, so numb), talmente trascinanti da stordire l’ascoltatore – tutt’altro che fruitore – e farlo diventare un protagonista dell’eternità.

Accompagnano l’oscurità poetica di Stipe i solidi e geniali strumentisti Peter Buck alla chitarra elettrica e Mike Mills al basso e controcori, contrapponendo dunque un’estetica cowboy, elettrica, spesso assordante, benché sempre naïve, a quella incontrollata e fascinosa del modaiolo frontman.

Dall’America all’Inghilterra

Frattanto, non ci si limita a rieditare, poiché i compositori, anche di lunga carriera, sono all’opera e compongono, la loro vena creativa inesauribile. This has gotta stop è l’ultimo inno blues scritto da Eric Clapton, da molti frainteso per un invito a non vaccinarsi.

Al contrario, Clapton, il quale soffre di una neuropatia periferica, porta avanti un ampio discorso di stampo artistico e di vita: egli dà conto delle proprie sofferenze derivate in passato dalla propria dipendenza tossica e adesso dal dolore provocato dalla crisi sanitaria alla cultura e alla vita pubblica (di cui ampiamente tratta l’irlandese Van Morrison nell’ultimo Latest record project).

In quest’album è incluso il singolo The rebels, di cui esiste una versione in duetto (Clapton – Morrison, che avevano già collaborato in Stand and deliver), in cui i due – giustamente – si chiedono dove siano finiti i ribelli, ad esclusione dello schermo del computer.

L’attore sociale riottoso è sgradito, perché infrange norme accettate: ma quantomeno svolga questo ruolo dal vivo, sacrificando la propria reputazione in nome del proprio coraggio, e non tramite i social network. Il dissidente online è una contraddizione in termini.

Nello spazio invece viaggiano per la prima volta i Simply Red, con un magnifico singolo che anticipa il loro Blue eyed soul tour, che avrà alcune date anche in Italia nel 2022 (l’album risale al tardo 2019 e i concerti rinviati a causa della pandemia). Earth in a lonely space è un brano dalle incredibili trovate armoniche, che possono far pensare a David Bowie, e il testo di Mick Hucknall induce a domandarsi se non sia il caso di esplorare la nostra interiorità, prima delle infinite distese siderali.

E in Italia?

L’Italia ha una sua forte storia di cantautorato, ora con apprezzabili o meno derive rap / trap ecc., o dall’altro lato tradizionalmente melodiche. Ma il mito dell’estero, di un glorioso passato fatto di dance (per non parlare del funk, della black music, del pop, più vivi che mai nelle rielaborazioni jazz, da Danilo Rea in avanti) resiste, a volte addirittura rinasce.

Rea ha omaggiato indistintamente il Great american songbook e i Beatles, fino ad arrivare a Gino Paoli, De André o altri.

Per rimanere in aria groove, molto adatta ad avviso di chi scrive per i lettori dell’irresistibile rivista Sugarpulp, si segnala una recente ed eccellente uscita del cantante e compositore Alex Sammarini (The end, 2021), frontman nientemeno che dei Tree Gees, affermata band romana che rivisita il repertorio storico dei loro padri (Bee Gees), oltre che tutto l’immaginario filmico, estetico e fashion che circonda l’universo de La febbre del sabato sera.

Ma stavolta Sammarini ha scelto di orientarsi verso un altro genere di sperimentazione, compassata e strutturata secondo il modello dell’elettronica di atmosfera che tuttavia è densa, mistica e tesa alla riflessione.

Si avvertono accenni (horror, non nel senso di spavento bensì di terrore e sublime secondo la definizione data da Ann Radcliffe) di trip hop, loop, distensione. L’apertura di Nebbia rimanda all’Oldfield a sua volta ripreso ne L’esorcista, mentre Averno e Necron al senso di tensione, caro ai sinfonici giapponesi (da Sakamoto a Yamaoka). Buon ascolto, magari leggendo un romanzo gotico, o ricordando la trama di qualche indagine paranormale.