Orecchie è una una commedia inusuale, obliqua, strana per il panorama italiano. Un on the road a piedi, una via crucis, in una Roma in bianco e nero.

È uscito nelle sale il 18 maggio maggio scorso Orecchie, “commedia inusuale, obliqua, strana – così la definisce il regista Alessandro Aronadioper il panorama italiano”.

Si tratta di uno dei tre film finalisti nell’ultima edizione del Biennale College, il laboratorio della Biennale di Venezia, che permette a un regista e produttore di portare a compimento, con un finanziamento di 150 mila euro, il proprio progetto cinematografico, poi presentato nel corso della mostra di Venezia.

E se già aveva conquistato e divertito a #Venezia73, ora è stato proposto al pubblico in trenta sale, dopo aver vinto due premi al Monte-Carlo Film Festival de la Comédie, e il premio Ettore Scola al Bif&st 2017.

Un uomo si sveglia una mattina con un fastidioso fischio alle orecchie. Un biglietto sul frigo recita: “È morto il tuo amico Luigi. P.S. Mi sono presa la macchina”. Ma chi è Luigi? Il protagonista proprio non se lo ricorda, e tra suore invadenti e dottori sadici, star dell’hip pop filippine e fidanzate dentiste, inizia la sua tragicomica giornata, che lo cambierà però per sempre.

Un on the road a piedi, una via crucis, in una Roma in bianco e nero, in cui ad ogni incontro il nostro “eroe” quotidiano raccoglie pezzi che alla fine compongono l’immagine di sé stesso. Un film che analizza puntualmente “un senso di smarrimento, di alienazione dalla realtà, che è così reale da sembrare folle e incomprensibile, che si focalizza – come precisa il regista – sul timore e il desiderio dell’anonimato che combattono continuamente in ognuno di noi. Su quel fischio alle orecchie che proviamo ogni giorno a ignorare, nascondendolo sotto la vita. Come polvere sotto il tappeto.”

“Nella voce di Alessandro – ci ha raccontato in conferenza stampa Silvia D’Amico, nel ruolo della fidanzata Alice – e nel suo modo di scrivere mi ci sono identificata, è stato in grado di rappresentare il disagio dei trentenni in un film che è stralunato, delicato, e profondo, e che ho trovato molto efficace”.

Insieme a Daniele Parisi, che è qui al suo esordio cinematografico, provenendo da anni spesi sui palchi teatrali, il regista è riuscito a riunire accanto a sé vere e proprie icone del teatro e cinema italiano, in parti a dir poco esilaranti, da Rocco Papaleo, nel ruolo di un prete alquanto cinico e pragmatico, a Piera degli Esposti, da Pamela Villoresi a Milena Vukotic, e poi Massimo Wertmüller, Andrea Purgatori.

“A me è piaciuta la storia, la sfida di fare un film in bianco e nero e per ogni attore, ogni ruolo è un vero e proprio ritratto – precisa Piera degli Esposti – io ho dovuto credere di essere questo direttore di giornale che decide di mettere culoni e tettone per rallegrare la vicenda della cultura, per far divenire il giornale, un settimanale di cultura “da godere”.

“Bellissima sceneggiatura – concorda Milena Vukotic, che fa la moglie di un ex professore del protagonista – avrei voluto fare tutti i ruoli!”.

“Direi che c’è una nuova epoca del cinema italiano – sottolinea Pamela Villoresi (la madre del protagonista, fidanzata con un ragazzo molto più giovane, Ivan Franek, che vive lanciandosi in iniziative seguendo il puro istinto) – una nuova epoca che mi era mancata negli ultimi due decenni, ci siamo divertite/i come pazzi e i risultati, per questo piccolo progetto low budget, sono incredibili, sta vincendo e divertendo ovunque va.”

“La grande domanda del protagonista – conclude Aronadio – è legata a capire se credere in qualcosa, qualsiasi cosa, Dio, l’amore, Totti, possa aiutare a vivere meglio, e, in fondo, credere in una storia d’amore può essere davvero la sua svolta.”