Piccoli Ringer crescono: Orphan Black!
Ho visto il pilot di Orphan Black ieri sera. Se non ci fosse stato il marchio BBC (America) in sovraimpressione avrei pensato di trovarmi all’interno di una serie della famigerata CW.
La storia è un frappè di altre serie: misceliamo un pezzo di Ringer, un po’ di Lisbeth Salander che tira sempre, aggiungiamo un po’ di clonazione e il frullato è servito.
La puntata inizia con un suicidio (come in Ringer, anche se lì è un finto suicido) in stazione. Una ragazza si getta sotto a un treno, vista solo da un’altra ragazza (Sarah) che – colpo di scena – è perfettamente identica alla suicida. In tempo tre nanosecondi decide di rubarne l’identità.
Sarah, una Lisbeth Salander inglese con look da centri sociali e trucco in faccia secondo solo a Solange, si impossessa di borsa e documenti e si addentra nella vita della morta, Beth. Qui inizio il conto alla rovescia mentale: entro la fine della puntata Sarah avrà assunto l’identità di Beth? Yahwn (sbadiglio cosmico).
Allerta Spoiler
Da questo momento inizia il teatrino dove la protagonista si sostituisce alla defunta e non se ne accorge praticamente nessuno: il fidanzato, il direttore di banca, la callista. Ciliegina sulla torta: Beth è una poliziotta, e non se ne accorge nessuno dei colleghi, della sostituzione.
Sarah scopre che Beth ha un pacco di soldi nel conto corrente, e una serie di certificati di nascita di altre donne, tutte nate nello stesso periodo. Qui potrebbe aprirsi una storyline interessante, su cloni e cospirazioni, ma è tutto da vedere.
Fine Spoiler
Orphan Black non aggiunge nulla di nuovo al panorama delle serie uscite negli ultimi anni, anzi, non riesce a scollarsi di dosso il senso di dejà-vù. La protagonista, Tatiana Maslany, è molto brava a reggere diversi personaggi, e a renderli in maniera credibile (a differenza della mitica Sarah Michelle Gellar che cambiava solo di pettinatura); i personaggi secondari sono invece banali e piatti.
C’è l’amico del cuore gay, che racchiude in un unico personaggio tutti gli stereotipi possibili e immaginabili; il fidanzato spaccia e violento, il poliziotto truce, ecc.ecc.ecc.
Il ritmo è buono, e la narrazione procede veloce, dosando anche bene i colpi di scena. Quello di cui ho sentito la mancanza è lo humor nero inglese: quello di Utopia, di This is England, del primo Misfits. Qui non ce n’è traccia, ci sono momenti che vorrebbero essere drammatici, come la separazione di madre e figlia, ma che fanno solo sbadigliare e venire voglia di usare il tasto avanti veloce del telecomando.
Potrebbe darsi che tutte le ingenuità viste finora siano parte di una cospirazione, e questo le spiegherebbe, ma non credo di arrivare alla seconda puntata per scoprirlo.
Consigliato: ai fan di Ringer (anche se qui non troveranno il trash che tanto amavamo nella serie)