Pennyworth, il pilot della serie trasmesso in anteprima a Lucca Comics & Games 2019. La recensione del nostro inviato Massimo Zammataro.
Tutti conosciamo Alfred Pennyworth, il fidato maggiordomo di Bruce Wayne e, prima, di suo padre Thomas.
Ma quanti conoscono la sua storia? Nessuno. E men che meno la storia che sta dietro al “nuovo” Alfred conosciuto in Gotham, la serie che ci ha narrato le gesta del (non ancora) commissario Gordon alle prese con i nascenti villain della città del Cavaliere Oscuro.
Gotham, la serie
Gotham è stata, a mio avviso, la serie DC migliore in assoluto, lontana anni luce da quelle cose da adolescenti tipo Smallville, Arrow e Flash (taccio di altre).
Bruno Heller, lo show runner, ci aveva portato nelle strade sozze e puzzolenti di una Gotham decadente e retrò, in cui malaffare, corruttela, follia e violenza (tanta violenza, come piace a noi) andavano a braccetto, perfetto brodo primordiale per dare alla luce i super cattivi che, più avanti nel tempo, daranno filo da torcere all’Uomo Pipistrello (un altro che notoriamente non sta proprio bene con la testa…).
In Gotham, Alfred Pennyworth era sì un anziano maggiordomo, tuttavia lontano anni luce dall’iconografia classica.
Un vero gentleman inglese, con tanto di meraviglioso accento british, ma che si scopre, nel corso delle cinque stagioni, essere un vero bad-ass, un vero duro: ex militare, esperto di combattimento corpo a corpo, arti marziali e armi, non si tira indietro quando c’è da tirare fuori dagli impicci (o anche peggio) il suo padroncino Bruce.
Alfred è la vera rivelazione di Gotham, e Heller e la Warner/Dc decidono quindi di farne uno spinoff che parli della sua “formazione” giovanile.
Penniworth, la prima puntata della serie
Pennyworth parte bene, benissimo, già dalla sigla animata con score alla James Bond.
In una Londra post-bellica (periodo volutamente indefinito) il giovane Alfred Pennyworth, già ex militare del SAS – i corpi speciali britannici – cerca di aprire una sua attività di sicurezza e nel frattempo lavora come discreto ed efficiente buttafuori in un elegante locale serale.
Lì gli capita di farsi notare da un certo Thomas Wayne e di rimanere invischiato, suo malgrado, in un complotto ordito da un’organizzazione neonazista per realizzare un golpe ai danni del governo inglese.
Pennyworth, con l’aiuto di due ex commilitoni, salva la pellaccia di Wayne, quella di Esme (la sua fidanzata) e la propria, a colpi di pugni, mosse letali e sventagliate di mitra.
L’impassibile e irreprensibile, benchè letale, giovane Pennyworth ricorda alla lontana il James Bond di Roger Moore (che muovendo un sopracciglio poteva esprimere mille emozioni) e ci è piaciuto.
L’episodio pilota alla fine convince, sia sotto l’aspetto scenografico (Londra dal cielo plumbeo e dai toni grigioscuri ricorda, ma non è, Gotham) sia sotto l’aspetto della scrittura della storia che, siamo sicuri, avrà ulteriori svolgimenti; e conoscendo ormai Heller potrebbe riservare delle belle sorprese.