Quicksand è il racconto di una strage scolastica nella Stoccolma bene. La prima produzione svedese targata Netflix ci trascina in un dramma adolescenziale di forte impatto. La recensione di Fabio Chiesa per Sugarpulp MAGAZINE.
Netflix fa ancora centro. Quicksand, la sua prima produzione svedese, è un vero e proprio pugno nello stomaco e conferma il grande fiuto del colosso mondiale dello streaming nell’andare a scovare storie che oltre ad essere accattivanti offrano uno spaccato del Paese nel quale vengono ambientate, toccando spesso tematiche scottanti.
La miniserie di sei episodi –tratta dal romanzo Sabbie mobili: tre settimane per capire un giorno di Lisa Farzanehe e ambientata nella Stoccolma bene – racconta di una strage scolastica dal punto di vista di uno dei due assassini, la giovanissima Maja(Hanna Ardèh), che appena diciottenne si trova a dover affrontare un processo con le pesanti accuse di omicidio ed istigazione al suicidio.
I primi minuti del pilot ricostruiscono la sparatoria con una regia da manuale e scaraventano lo spettatore all’interno di un drama che si preannuncia duro e senza sconti.
Sin dal primo episodio capiamo che verrà utilizzata la tecnica del flashback per andare a ricostruire la storia di Maja e del suo fidanzato, il rampollo inquieto Sebastian Fagerman (Felix Sandman) ideatore ed allo stesso tempo vittima della strage.
Nonostante un pilota nel quale i creatori sembravano aver sparato molte delle cartucce a disposizione ed un iniziale scetticismo che mi ha fatto immaginare ad un clone europeo di Thirteen reasons why, devo ammettere che Quicksand ha saputo conquistarmi puntata dopo puntata, scoprendo le carte poco alla volta utilizzando uno stile narrativo asettico e di grande impatto che mi ha ricordato a tratti il Gus Van Sant di Elephant.
La voglia di unire i puntini per arrivare ad un finale che – almeno in parte – già conosciamo, mi ha spinto a divorarmelo in due giorni lasciandomi piacevolmente sorpreso sotto più punti di vista: regia sicura e a volte sorprendente (vedere i primi minuti del pilot), ottima sceneggiatura, una fotografia fredda e a tratti alienante, buoni dialoghi ed un cast assolutamente azzeccato a partire dai due giovani protagonisti che danno il loro meglio in ruoli sicuramente complessi.
Il giudizio dello spettatore su Maja e sugli altri personaggi non potrà che arrivare all’ultima puntata quando finalmente le tessere disseminate del puzzle comporranno un quadro preciso nel quale quelle sequenze iniziali di corpi e sangue inizieranno ad un avere un loro senso.
Quicksand più che al giallo guarda al dramma famigliare e più che raccontarci un finale prevedibile svela poco alla volta il come ed il perché quello che è successo sia potuto accadere: ovvero le classiche domande che ci si pone all’indomani di una strage commessa da adolescenti con delle armi da fuoco.
La visione è dunque più che consigliata!