Ratolik dimostra ancora una volta (se mai ce ne fosse bisogno) che Leo Ortolani non sbaglia un colpo
Titolo: Ratolik
Autore: Leo Ortolani
Editore: Panini
PP: 128
Prezzo: 3.90 euro
Storiella: un giorno Alberto Sordi si aggira per Cinecittà, quando incontra uno sceneggiatore che scrive alacremente.
«Che stai a scrive, ‘na robba drammatica o una comica?» gli chiede.
«Drammatica» risponde quello.
«Allora te stai a riposà!» gli risponde Sordi.
Tralasciando il mio pessimo romanesco, e il dubbio sull’autenticità dell’episodio, il succo è questo: fare ridere è molto più difficile che far piangere.
E allora chiediamoci tutti: com’è che Leo Ortolani ci riesce sempre così bene? La risposta è ovvia: è un talentaccio. Uno veramente bravo la cui vena, dopo 99 numeri di Rat-Man, un mucchio di speciali e di altre cose belle, non si è affatto esaurita. Altrimenti non sarebbe riuscito a tirare fuori questa ennesima chicca, questa perla di comicità che risponde al nome di Ratolik.
Si, esatto, una parodia. E si, esatto, riuscita. Diciamo parodia in senso tecnico, anche se Ortolani parla di omaggio, ma alla fine la sostanza cambia poco.
Trappola d’amore, questo il titolo dell’albo, riprende tutti gli elementi classici del Re del Terrore e li rimastica in chiave rat-maniana (o rat-manesca?). Si inizia dal formato (tascabile, idea delle mitiche sorelle Giussani), sino al taglio delle due vignette per tavola, passando per il peculiare uso dei retini; e poi i trucchi vari, i passaggi segreti, il diamante da rubare, i poliziotti un po’ stupidi (un po’?) il rapporto Eva-Diabolik magistralmente interpretato dalla inossidabile coppia Rat-Man-Cinzia.
Le gag si susseguono numerose, e sono veramente esilaranti. Sottilissimo è il filo che separa una buona battuta da una tremenda stronzata, scrivevano Gino e Michele nella prefazione del loro fortunato Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano, e mai verità più grande fu scritta a proposito della comicità. Se troppo colta sconfina nell’ironia, se troppo greve scade nel martufello.
La comicità sta in quella zona grigia, in quel punto di delicato equilibrio tra il genio e la cazzata, e dunque è semplice intuire quanto arduo sia rimanere in piedi e non cadere. Per questo rimango ogni volta ammirato dalla semplicità eppure dall’efficacia delle gag di Ortolani, come quelle messe in fila in Ratolik.
Situazioni immediate e inaspettate, come Ratolik che per ingannare le guardie mette sulla porta della cassaforte un visore tipo view-master con le immagini di Furia, il cavallo del west, e le guardie aprono la cassaforte per controllare e Ratolik prima uccide una, poi uccide l’altra, e poi entra nella cassaforte e uccide pure Furia (…).
Leggevo da qualche parte che la parodia è una delle tecniche più difficili da realizzare, perchè per farla bene non si deve solo esagerare o fare la caricatura dell’originale, ma comprenderne gli aspetti principali e ricrearli in altra forma, senza tradirne lo spirito.
Detta così la cosa suona molto più difficile che non mettere in fila qualche situazione divertente con un certo senso generale, cosa già di per sé tutt’altro che alla portata di tutti. Se questo è vero, allora Ratolik è un parodia in senso pieno, perché non si ha l’impressione di vedere un personaggio (Rat-man) che ne interpreta un altro (Diabolik), quanto piuttosto un Diabolik raccontato da un punto di vista mai osservato, intatte rimanendo le atmosfere e l’originaria impronta.
Insomma, non so se Ortolani si è riposato come avrebbe detto il Sordi della storiella, oppure ha sudato sette camicie. So solo che il risultato è eccelso. Come sempre.