Ricordi? di Valerio Mieli, la recensione di Silvia Gorgi per Sugarpulp MAGAZINE.
Una storia d’amore come non se ne vedeva da tempo al cinema, raccontata attraverso il meccanismo spezzettato del ricordo: quelle immagini che appaiono nella nostra mente e che consideriamo realtà, quanto abbiamo davvero vissuto, ma che sono in fondo solo “la nostra” realtà.
Un punto di vista particolare quello scelto dal regista Valerio Mieli, che torna a Venezia dopo esserci passato nove anni fa, esordendo con Dieci Inverni (2009) – Nastro d’Argento, Ciak d’oro e David di Donatello come migliore opera prima – con protagonisti Isabella Ragonese e l’attuale padrino-madrino di Venezia 75 Michele Riondino, ambientato anche nella città lagunare.
La sua seconda opera cinematografica, l’autore è anche scrittore e sceneggiatore, è stata presentata alle Giornate degli Autori, ed è un percorso d’amore e conoscenza sull’onda della memoria, con Luca Marinelli e Linda Caridi.
Un’unione, nata in una festa su un’isola, una sera qualsiasi in cui il tormentato lui – i protagonisti non hanno nome – incrocia lo sguardo di lei, e i due iniziano a parlare assieme: la giovane chiede al ragazzo a cosa stia pensando, e lui non sa se dirglielo, poiché è un ricordo che potrebbe renderla triste.
Ma la ragazza, solare, non si fa certo intimidire da questo rischio, e quell’intesa, la loro, nata in un attimo, in una casa che sembra quella di una fiaba, diviene amore. Raccontano il loro primo incontro agli amici i due ragazzi, e i due piani narrativi, quello di quanto sta succedendo in quel momento e quello del ricordo di quel che è accaduto, si intersecano, così facendo le angolature, i colori, le dinamiche delle scene, di quel che è stato, variano poiché cambiano e mutano i frammenti di memoria personale di ognuno.
Un sistema ad incastri fra le visioni della mente, e la realtà, che trasfigura il vissuto in relazione alle sensazioni, alle emozioni, provate. La storia d’amore nata quella sera d’estate, si contamina con il trascorrere del tempo, la ragazza, solare e positiva, finisce per subire il tormento che attanaglia lo spirito del fidanzato, mentre in lui la memoria del passato lo spinge a interrogarsi sulla reale felicità.
L’amore fra i due era è davvero amore, poesia – bella la trasformazione dei colori degli abiti del personaggio femminile (costumi a cura di Loredana Buscemi e Gaia Calderone) da bianchi, rossi, arancioni, a scuri e neri, seguendone il percorso emotivo – o solo il ricordo nostalgico di quella sensazione? Un film romantico, nel senso più prezioso del termine, un lavoro di sceneggiatura e montaggio molto interessanti. In particolare il montaggio, che il regista ha curato insieme a Desideria Reyner.
Una fotografia all’inizio avvolgente e calda, passionale com’è sempre la nascita di un amore, per divenire più cupa; un’intesa fra i protagonisti per raccontare la storia di tutte le storie d’amore, fra emozioni e fallimenti, passato e futuro, per un film da andare a vedere, in cui ognuno di noi potrà ritrovare la sua dimensione di ricordo.
Fra riprese in primissimo piano dei due innamorati, a scavarne i sentimenti, le visioni dall’alto dei luoghi della memoria, le suggestioni dei colori, i tagli in montaggio serrati, lo spettatore si ritrova nella dimensione che ognuno vive all’interno della sua testa, quando s’incontra una persona e si ricorda un’altra, o un particolare dettaglio, in quel continuo turbinio di emozioni, che è la vita.