Leggo Topolino e ho la PS1, ma sono andata al Romics perché volevo curiosare. Vi racconto le impressioni di una non-gamer.

Il mio primo Romics è stato otto anni fa; fino a questa domenica, non gliene erano più succeduti altri.
Partiamo con il dire che leggo Topolino, i Peanuts, Zerocalcare e Diabolik. Aggiungiamo anche che gioco a Paroliere, Super Cluedo, Scarabeo, Uno e Shangai; ho la Play Station 1 e gioco solo a Muppet Monsters.

Sono quanto di più lontano dall’idea di gamer, di un’aspirante cosplayer e di un’appassionata di mondi fantasy. Sono una di quelle, insomma che otto anni fa erano andate al Romics per curiosare, più che per passione o per fare shopping. Una volta visto di cosa si trattava, non mi è mai tornata la voglia di riaffacciarmi da quelle parti.

Questa domenica 9 aprile, però, la mia giornata Romicsiana è stata molto diversa. Ero accompagnata da alcuni amici gamer decisamente più ferrati di me, che mi hanno “introdotta” al loro mondo. Ho scoperto che il Romics raduna una vera e propria comunità, proveniente da tutta Italia, di persone di ogni genere con la comune passione per la fantasia.

Non sono individui necessariamente appiccicati al computer tutto il giorno, come pure non è detto che vivano di soli manga: sono personalità buffe, piene di cose da raccontare e di idee colorate, che spaziano nel tempo e nello spazio, senza alcun tipo di limite. Sono un mondo che non mira a tagliare fuori chi non ne fa parte, ma che tende, piuttosto, a trasmettere agli “estranei” almeno un po’ della passione che i gamer e i cosplayer sentono. Sono un universo che attira a sé e che trascina con semplicità, dove tutto è lecito e dove si respira aria di “gruppo”.

Quello che mi ha colpita maggiormente è che ci sono davvero tantissime cose da sapere, ma che non provengono tutte dal Giappone. Per qualche strana idea stereotipata, ho sempre ricondotto ai manga tutto ciò che veniva definito come cosplay, invece il Romics è anche una valanga di giochi di carte e da tavolo che non hanno nulla a che vedere con i personaggi dei manga. La notizia più scioccante? Moltissimi giochi sono firmati da game designers italiani, come Ciak! di Francesco Marcantonini, che ho acquistato e che non vedo l’ora di provare.

Un’altra cosa che mi ha piacevolmente stupita è l’intelligenza di alcuni giochi, come Youtopia, che prevede l’uso di carte per inventare delle storie il più originali possibile in pochissimo tempo. Una vera spinta all’utilizzo della fantasia, un esercizio per il cervello che non solo è divertente, ma che è anche estremamente utile. Uno di quei giochi che, lo dico sinceramente, farei usare nelle scuole elementari alle maestre. La mia maestra, ad esempio, più di 15 anni fa, usava qualcosa di simile per ispirarci a scrivere temi pieni di fantasia: erano momenti in cui tutto prendeva vita, anche gli scenari più impensabili, e la classe si divertiva enormemente. Un plauso personale a Marcantonini, designer anche di questo gioco.

Quello che è rimasto un mistero per me, però, sono i nomi dei personaggi che hanno vinto i Cosplay Awards. Ho capito i loro nomi in italiano, ma non ho la più pallida idea di quali personaggi abbiano interpretato, né di quale sia la provenienza dei suddetti personaggi. Un videogioco? Un gioco? Un fumetto? Sono ancora decisamente ignorante in materia. Ho riconosciuto Merida di Brave, Ariel e Ursula de La Sirenetta e… beh, nessun altro. Ma sono uscita dal Romics felice, perché ho conosciuto e ‘capito’ un mondo che mi era estraneo e che mi ha conquistata con i suoi colori e con il suo modo di fare sopra le righe.

Quello che mi ha resa particolarmente felice è stato incontrare responsabili di stand che avevano voglia di chiacchierare con me. Uno di questi, e mi sento davvero in dovere di citarlo, è stato Sydney del Victorian Monkey, un ludopub e board game cafè di Roma. Credo sia soprattutto grazie a persone come lui che ragazze come me si sentono accolte e invogliate a uscire dalla loro zona di comfort. Credo sia grazie a persone come Sydney che i giochi da tavolo continuano a riscuotere successo e che la cultura del gioco continua ad essere così forte. Credo sia grazie a lui se tornerò di nuovo al Romics nei prossimi anni. E nel frattempo, di certo, andrò a trovare lui e la sua meravigliosa aiutante nel loro locale. Che dire? La loro allegria e la loro passione sono contagiose.