Il Salone del libro tra party, vecchi scoreggioni e meravigliose lettrici indemoniate. Il nostro report di ritorno da Torino.
Oggi si chiude la XXIX edizione del Salone del Libro. Noi di Sugarpulp come sempre ci siamo trasferiti in massa a Torino per quello che resta l’appuntamento per eccellenza dell’editoria italiana. Siamo sbarcati all’ombra della mole giovedì e fino a domenica abbiamo zingarato tra appuntamenti all’Ibf, presentazioni, firmacopie, stand, cene e feste. Proviamo a fare un po’ il bilancio di questa trasferta torinese partendo dal presupposto che il Salone del Libro è sempre un carico di energia: per qualche giorno infatti si ha la splendida sensazione che anche un mercato marginale come l’editoria sia al centro del mondo e che tutti parlino di libri.
Tantissimo pubblico, meno editori
Quest’anno tra i padiglioni del lingotto c’erano sicuramente molti meno editori rispetto agli altri anni. Non ho numeri certi per affermarlo ma si è trattato di un qualcosa di molto evidente. In compenso ho visto un sacco di gente affollare gli stand, le presentazioni e i firmacopie. So di essere impopolare ma credo che tutto sommato questa selezione naturale sia inevitabile e, soprattutto, positiva. L’editoria italiana per anni è stata intasata da tanta, troppa fuffa, da troppi micro-editori inesistenti che non fanno altro che saturare un mercato già di per sé asfittico. Si è capito finalmente che il Salone del libro non può essere un posto in cui si viene a fare cassa ma un luogo in cui far crescere il proprio marchio, coltivare il rapporto con i propri lettori e fare relazioni.
Al di là delle corazzate editoriali italiane ci sono editori in forte espansione che crescono anno dopo anno, penso a Newton Compton, a Edizioni e/o, a Multiplayer.it, a Fanucci, a Bao Publishing e anche a Shokdom. Tutti editori indipendenti che hanno fatto scelte editoriali molto precise, editori che si confrontano con il mercato tutti i giorni e che, particolare che viene troppo spesso dimenticato dai vecchi scoreggioni della letteratura italiana, vendono paccate di libri. La sensazione più forte comunque è che se vuoi vendere libri oggi devi parlare al pubblico dei giovani e dei giovanissimi, soprattutto alle ragazze. Le adolescenti infatti sono state le vere protagoniste del Salone 2016. Stiamo parlando di un pubblico di lettrici fenomenali, attente e molto più preparate di quanto si creda.
Un pubblico assetato di storie che premia chi riesce a parlare il suo stesso linguaggio. Un pubblico che trasuda passione, che si diverte leggendo e che cerca un rapporto strettissimo con i suoi autori di riferimento. Un esercito di meravigliose lettrici indemoniate.
Vecchi scoreggioni addio? Speriamo
Tra le sensazioni provate quest’anno, perché di sensazioni si tratta, è che un po’ alla volta forse ci stiamo liberando dei vecchi scoreggioni dell’editoria. Magari dico una cazzata, ma ho visto i trentenni e i quarantenni in grandissimo spolvero. Non uso la parola “giovani” perché è una di quelle parole che in Italia andrebbero abolite per legge (come startup, digitale, innovazione, competenze, ecc. ecc.), fatto sta che per la prima volta ho avuto la netta sensazione che un certo tipo di vecchiume conti sempre meno nel mondo editoriale.
E parlo anche dei tremendissimi ventenni che ragionano da ottantenni che da sempre infestano l’editoria italiana, causando peraltro danni inenarrabili. Il discorso vale anche per alcuni editori che si sono presentati con i loro soliti stand ammuffiti presentando una serie di libri destinati ad affondare definitivamente i loro bilanci aziendali. Scelte folli fatte da ricchi figli di papà annoiati che dilapidano fortune pubblicando libri che piacciono solo a loro (ripetono tutti lo stesso mantra: il pubblico non capisce un cazzo), o a case editrici che vivono di politica e relazioni, o a quelle realtà medio-piccole che hanno avuto il culo di imbroccare un simil-bestseller e non se ne sono nemmeno accorte.
Magari mi sbaglio ma ho l’impressione che per queste realtà il futuro sarà nerissimo. Per fortuna.
Party time
E le feste del Salone come sono andate? Parliamoci chiaro, non si possono non citare i party e gli appuntamenti mondani del Salone del Libro. Noi ci siamo goduti due meravigliose serate con gli amici di Babelica tra aperitivi, presentazioni, grappe, cene e dopo cena, e abbiamo fatto poi una puntata alla festa di Minimum Fax (venerdì) e a quella della Scuola Holden (sabato).
Questo 2016 per quanto mi riguarda ha segnato il definitivo tracollo della storica festa del venerdì Minum Fax che, in un certo senso, è un po’ il simbolo di tutto quello che non mi piace nell’editoria italiana: sempre uguale a se stessa, autoreferenziale, pretenziosa, con un’organizzazione inesistente (2 bagni per centinaia di persone, gestione degli ingressi a metà tra il ridicolo e il criminale, tre luci in croce da festina delle medie, zero idee, zero visual…). Magari sono io che ho quarant’anni, magari sarà che dopo 10 anni la solita minestra mi è diventata indigesta, magari sarà il fatto che in passato ho frequentato qualche party decente, resta il fatto che una festa a cui non mi diverto non è un festa. Tutt’altra cosa la festa della Scuola Holden che ha dimostrato di essere su un altro pianeta e non soltanto per la location, ma proprio per la gestione complessiva dell’evento. Chapeau!
E l’appartamento Sugarpulp?
In definitiva anche quest’anno a Torino ci siamo divertiti alla grande. Abbiamo salutato tanti vecchi amici e ne abbiamo incontrati di nuovi, abbiamo scoperto libri, autori, idee e suggestioni immersi in una città che è sempre bellissima. Abbiamo chiacchierato, bevuto, riso, cazzeggiato e condiviso attimi di vita con ama le parole e le storie.
Per non parlare del gran successone dell’appartamento Sugarpulp che è già stato prenotato anche per il 2017. Taaaac!