Sandman, l’Eterno Sogno di Neil Gaiman, è uno dei picchi più alti del fumetto anglo/americano. Non può non essere letto.
Forse la mia è quasi una fissa per Neil Gaiman ma so di essere in buona compagnia. Quindi torniamo a parlare di lui. Anzi, di LUI maiuscolo.
E parliamo della serie che l’ha consacrato nella narrativa a fumetti e non, con la quale ha fatto il botto in tutto il mondo, ovvero la sua personalissima rivisitazione del mito di Sandman. Una bella sfida, quindi.
Il personaggio di Sandman nacque nel 1939 in seno alla DC Comics, contemporaneo di Batman quindi, per mano di Gardner Fox e Bert Christman.
Wesley Dodds, super detective, andava in giro con una specie di maschera antigas e lottava contro il crimine armato di una speciale pistola che spruzzava gas soporifero. La sua enorme abilità nelle arti marziali faceva il resto ed entrò anche a far parte della Justice Society of America, supergruppo simile alla nipote Justice League di qualche anno dopo.
Cadde presto nel dimenticatoio come tutti i personaggi della Golden Age subito dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Mentre a metà Anni Cinquanta gli altri super-eroi ebbero nuova vita entrando nella Silver Age dei comics americani con nuove identità, il Sandman originale incarnato da Wesley Dodds dovette aspettare fino agli Anni ’90.
La DC Comics gli dedicò la testata Sandman Mystery Theater sulla scia del successo della reinterpretazione del personaggio fatta da Neil Gaiman nel 1988.
Un semidio immortale un po’ dark, dall’aspetto molto simile a Robert Smith dei Cure e a cavallo tra la stessa immagine di Gaiman e Edward Mani di Forbice (che sarebbe arrivato soltanto dopo due anni).
Questo è il nuovo Sandman o Sogno o Morfeo. Fa parte della famiglia degli Eterni o Endless in inglese, sette fratelli immortali che rappresentano sette aspetti o forse dell’Universo, incarnando anche le emozioni.
In effetti, cosa c’è di più potente delle emozioni che faccia smuovere il tempo e lo spazio? Gli Eterni sono: Destino, Sogno, Morte, Distruzione, Disperazione, Desiderio e Delirio ed esistono dall’inizio del tempo. Se non è già geniale tutto ciò…
È stato proprio questo, dalla seconda metà degli anni ’80 in poi, il compito della nuova ondata di scrittori britannici con i quali Karen Berger ha fatto grande la narrativa a fumetti adult-oriented della DC Comics: tentare di stravolgere i canoni super-eroistici dei comics, ormai stantii e un po’ ingenui, e ovviamente contrastare la concorrenza irraggiungibile della Casa delle Idee.
Con Neil Gaiman si va sul sicuro, il suo Sandman diventa una delle serie più premiate e più lette di tutti i tempi e quanto di più poetico, onirico (per rimanere in tema), teatrale ci sia nel campo della nona arte.
La serie comincia subito bene: l’assenza di Morfeo dal suo Regno per settant’anni ha portato il caos in tutto il mondo dei sogni, anche quello terrestre. Ma che fine ha fatto il nostro?
Semplice: imprigionato nel 1916 da un crudele e facoltoso occultista, Roderick Burgess, il quale in un tentativo di catturare Morte per garantirsi l’immortalità, per errore si ritrova tra le mani proprio Sogno.
Di ritorno da un viaggio in un’altra galassia, a causa del suo indebolimento, a Morfeo viene sottratto l’elmo da battaglia, il rubino magico e il sacchetto di sabbia, forti simboli del suo potere onirico, oltre ai vestiti, lasciandolo completamente nudo.
Questo è l’incipit dell’arco narrativo intitolato Preludi e Notturni che apre la serie di Sandman.
Pubblicata in origine nel solito formato spillato a trentadue pagine dei comics americani, viene poi ristampato in volumetti che raccolgono per l’appunto gli archi narrativi che hanno caratterizzato la storia di questo ambiguo e androgino personaggio.
Gaiman si sbizzarrisce e tocca tematiche e leggende tra le più disparate dando pian piano forma a un’altra leggenda, quella del suo Sandman.
A partire dalla sua rinascita, dopo essere riuscito a liberarsi dalla prigione nello scantinato belle epoque di Burgess; aver recuperato i propri cimeli che gli donano potere e aver cominciato a ricostruire il suo Regno; dopo aver inseguito sogni e affrontato incubi fuggiti sulla Terra anche in forma umana (tra i quali lo spaventoso serial killer chiamato Corinzio, con due bocche fameliche e acuminate al posto degli occhi), Morfeo arriva al capolinea accettando la fine della sua esistenza e passando il testimone a un piccolo umano di nome Daniel.
Gaiman scrive storie poetiche, sognanti, ricche di storia, a far da interludio alla narrazione principale.
Incontra Shakespeare in un racconto che è l’unico a fumetti ad aver vinto il prestigioso World Fantasy Award, prima che cambiassero le regole del Premio e non potessero più essere iscritti fumetti.
La sorella maggiore Morte, impersonata da una bellissima ragazzina di quindici anni ancora più dark del fratello, pallida e minuta, non viene meno a grandi insegnamenti nei confronti di Morfeo, il quale cresce ed evolve spiritualmente come non ha mai fatto in miliardi di anni della sua vita immortale.
Morte assume un ruolo preminente nella serie di Sandman e nonostante possa sembrare un personaggio abbinato a tematiche macabre e malinconiche, è tutto il contrario. Death segna sì il passaggio dalla vita all’aldilà, fa da accompagnatrice a tutte le anime che trapassano nessuna esclusa (anche quella del fratello), ma incarna l’allegria e la solarità con la qualce si dovreb
be affrontare e accettare questo passaggio.
È momento di transizione, appunto, e di crescita. Alla ragazzina in nero, incontrovertibile parto della genialità di Gaiman, vengono dedicate due bellissimi graphic novel: Death, L’Alto Costo Della Vita (1993) e Death: Il Grande Momento della tua Vita (1996), e diventa personaggio famoso e benvoluto alla pari di Morfeo.
Anche gli altri fratelli e sorelle di Morfeo non sono meno importanti nell’economia della serie. Ma sta al lettore scoprirne vizi e virtù che fondamentalmente rispecchiano quelle umane.
Sandman è uno dei picchi più alti del fumetto anglo/americano. Non può non essere letto.