Scoprendo Faccia d’angelo, intervista a Pagotto, Cremon e Martinoni, i co-protagonisti della fiction sulla storia di Felice Maniero e della Mala del Brenta.
Faccia d’angelo, miniserie Sky in due puntate, rivisita le gesta di Felice Maniero, detto il Toso. Maniero, nel ventennio ’70-’90, a capo della cosiddetta Mala del Brenta si è reso protagonista nel Nordest di rapine, sequestri di persona, traffico di droga e omicidi.
Amante del lusso e della bella vita e autore di spettacolari evasioni dal carcere, sullo schermo ha il volto di Elio Germano mentre sua madre è interpretata da Katia Ricciarelli. Accanto al Toso, una banda di amici fidati: il Doge, Diego Pagotto di Conegliano, Bepi, Gianantonio Martinoni di Ferrara, il Moro, Andrea Gherpelli di Correggio, Schei, Fulvio Molena di Piove di Sacco, da anni a Roma, Tavoletta, Matteo Cremon di Vicenza.
Abbiamo incontrato Pagotto, Cremon e Martinoni per avere qualche coordinata in più su Faccia d’Angelo.
Faccia d’angelo, l’intervista a cura di Silvia Gorgi
Ci presentate i vostri personaggi nella miniserie Faccia d’Angelo per le barbietole da zucchero di Sugarpulp?
Diego Pagotto: il Doge nasce come figura antagonista al Toso, da giovani sono amici, all’inizio non ne riconosce la supremazia, entra in competizione per la leadership, ma poi si rende conto dell’attitudine criminale del Toso e dell’efficacia dei suoi colpi e ne diviene una sorta di braccio destro, il suo consigliere, quello che lo spinge a fare determinate cose. È anche l’emblema del veneto operoso: è totalmente dedito al lavoro, seppur criminale, del resto è per lui il mezzo di rivalsa sociale vera;lui viene dalla campagna, è molto povero e poi inizia un’inarrestabile scalata verso la ricchezza. Resta però uno spirito inquieto.
Matteo Cremon: Tavoletta è il pilota della banda, ne entra a far parte per via della possibilità di guidare una bella macchina, a differenza degli altri ha degli scrupoli, non partecipa sempre a tutte le rapine, anche se l’attrazione per i soldi alla fine lo fa divenire “il trasportatore” ufficiale del gruppo.
Gianantonio Martinoni: Bepi è l’anima candida della banda, amico d’infanzia del capo, l’elemento razionale.
Prima delle riprese di Faccia d’angelo come collocavate la figura di Felice Maniero?
Diego Pagotto: ho trentasei anni, se ne parlava a scuola, io sono di Conegliano e nel corso di una rapina su un treno morì una ragazza della mia città, sicché se ne parlò a lungo. Poi giornali, telegiornali: per la sceneggiatura si è preso spunto dalla realtà, ma la banda di Felice era formata da molte più persone rispetto ai caratteri rappresentati in scena, persone che provenivano da diverse zone del Veneto e i cui tratti peculiari sono stati utilizzati per creare i personaggi.
Matteo Cremon: io sono dell’80, lo ricordo come un racconto del telegiornale ed attraverso le parole della gente, visto che anche vicino a Vicenza ha fatto dei numeri incredibili.
Gianantonio Martinoni: la storia, ispirata alla realtà, è comunque di fantasia. Non si può dire niente di buono sui fatti reali, sulle vite desertificate dalle vicende, ma nel non giudizio del reale se parliamo di quanto invece portato in scena si entra nel meccanismo del gioco “guardia e ladri”.
Come siete arrivati ad avere la parte?
Diego Pagotto: con tre provini, a dicembre del 2010 subito dopo Natale il primo a Chioggia, aveva appena nevicato. Poi sono stato richiamato per il secondo, e nel terzo il regista Porporati ha creato un mini set con luci sulla stessa scena, che era un monologo del Doge, in cui il personaggio parla dell’unica cosa che conta nella vita: i soldi. Mi hanno confermato a metà gennaio e a metà febbraio ero sul set.
Gianantonio Martinoni: due anni fa ho partecipato alla fiction su Basaglia, C’era una volta la città dei matti, la seconda unità la dirigeva Porporati, sicché c’eravamo conosciuti allora, poi ci sono stati tre incontri e la parte assegnata.
Come avete affrontato la questione legata alla lingua-dialetto?
Diego Pagotto: più che il dialetto si è lavorato sulla cadenza, anche se io comunque sono stato facilitato dalla mia provenienza veneta.
Matteo Cremon: credo che Germano sia stato molto bravo, per gli altri si è anche cercato di mantenere più cadenze venete poiché i vari gruppi che facevano poi parte della Mala provenivano da diverse zone, quindi Diego che è più verso Treviso, io Vicenza, Fulvio Padova.
Gianantonio Martinoni: diciamo che si può parlare di veneto italianizzato. Germano ha fatto un lavoro minuzioso per riprodurre le influenze della zona di Campolongo Maggiore, Cavarzere, il tutto è poi venuto naturale, c’è stata una sorta di accordatura fra i vari caratteri. Io ad esempio, anche se sono di Ferrara, sono nato a Cittadella, mia madre è di Treviso, mio padre ha studiato a Venezia e la sua famiglia proveniva da Padova.
Come è stato il rapporto sul set?
Matteo Cremon: come un gioco, con una propensione al divertimento accentuata. Abbiamo fatto gruppo per rendere al meglio l’atmosfera di una zona depressa, in cui ci si pensava furbi, in cui ragazzacci del quartiere anche un po’ ammirati compivano nefandezze. Questo rivivere un po’ l’ambiente degli anni settanta e ottanta, mi ha restituito l’idea di entrare in contatto con una dimensione in cui c’era più sangue, più terra, più necessità di rapporti profondi.
Gianantonio Martinoni: grande sinergia anche con chi aveva le parti secondarie. Nonostante i momenti di tensione, Porporati ha sempre privilegiato il rapporto fra gli attori, creando momenti di intimità. Non ci ha mai lasciato in balia degli eventi, né fatto percepire la pressione legata alla produzione, al fatto che più sprechi tempo, più sprechi denaro.
Parlateci un po’ delle location di Faccia d’angelo…
Diego Pagotto: in Veneto abbiamo girato a Venezia centro, Chioggia, Rosolina e nella periferia di Padova, poi due mesi in Slovenia, fra Portorose e nelle zone attorno, sulla costa fra Gorizia e Nova Gorica e a Lubiana. E’ stata ricostruita la campagna veneziana e padovana, del resto le strutture delle case richiamano le nostre in un’Italia di qualche anno fa.
Gianantonio Martinoni: sarebbe stato meglio girare a Rosolina e Chioggia, il Veneto è più bello, nei dintorni di Venezia il paesaggio era stupendo, ma comunque ci siamo trovati bene anche in Slovenia.
Cosa ha rappresentato Faccia d’angelo nel vostro percorso attoriale?
Diego Pagotto: un’esperienza straordinaria, nel film ho 33 pose, sicché ho trascorso giornata intere con Elio e Katia e si è creato un rapporto d’amicizia duraturo. Per me è una grande occasione, hanno fatto tutti il provino per il Doge visto che è il personaggio, dopo il Toso, con più pose. Una visibilità del genere non c’è l’ho avuta neanche nelle precedenti esperienze, in Fuga dal call center di Federico Rizzo, o ne “L’Uomo che verrà” di Giorgio Diritti. Ringrazio anche la produzione, il regista, visto che hanno avuto il coraggio di puntare e far lavorare attori non famosi.
Matteo Cremon: continuo a fare quello che facevo, ossia teatro con la Compagnia La Piccionaia, è stata una grande fortuna aver incontrato loro per il rapporto umano ed emotivo e spero porti a tutti fortuna!
P.S.
Volete saperne di più su Felice Maniero e la sua banda? Allora noi di Sugarpulp vi consigliamo l’ebook “Felice Maniero e la mala del Brenta” (disponibile anche in versione audiolibro) dei nostri Jacopo Pezzan e Giacomo Brunoro.