Sinister di Scott Derrickson è un horror soltanto parzialmente riuscito
Scott Derrickson non è proprio l’ultimo arrivato tra i registi. Nel suo curriculum figurano due discrete pellicole quali Hellraiser V e, soprattutto, il sorprendente L’Esorcismo di Emily Rose.
Cosa aspettarsi dunque alla prova del nove? Sicuramente un film solido, evocativo e spaventoso.
Chiarisco subito una cosa: le aspettative sono state soddisfatte soltanto parzialmente.
Se fino a metà pellicola tutto gira a meraviglia, la seconda parte scema in cliché e momenti forzatamente telefonati che alla lunga smontano quanto di buono s’era visto nei minuti precedenti.
Procediamo con ordine: Ellison Oswalt è uno scrittore in evidente fase calante ed in crisi creativa; dieci anni prima un libro di successo, Kentucky Blood, poi l’anonimato.
Per provare a rimettersi in carreggiata e riabbracciare la fama, Ellison decide di trasferirsi con la moglie Tracy ed i figli piccoli Trevor e Ashley a King County, proprio nella casa dove l’anno precedente è accaduto un terribile fatto di cronaca nera (l’impiccagione di quattro persone e l’apparente scomparsa dell’unica superstite, una bambina).
Ellison, un Ethan Hawke un po’ imbolsito ma non disprezzabile nel ruolo, inizia una ricerca estenuante, mantenendo all’oscuro i propri familiari, fino a trovare misteriosamente in soffitta uno scatolone contenente pellicole super8 con impressi macabri filmati di efferati delitti.
Prende il via, quindi, un gioco perverso che mescola la realtà con l’immaginazione dello scrittore, mettendo sul piatto momenti di sicuro effetto (specie al cinema, dove gli spaventi sonori vengono amplificati notevolmente) sorretti da una colonna sonora adeguatamente sinistra.
Come dicevo, la prima metà della pellicola è altamente inquietante e genera nello spettatore un’attesa morbosa, un bisogno impellente di venire a capo della misteriosa vicenda.
Il problema sta nel “secondo tempo”, nel quale Sinister percorre binari fin troppo battuti e spara colpi a salve quando invece dovrebbe affondare fendenti.
Mi sarei aspettato qualcosa di più “personale” da Derrickson, “colpevole” di mettere in scena un film la cui confezione supera qualitativamente il contenuto.
Esteticamente valido ed accattivante, Sinister ricorda però troppo da vicino altre pellicole (Insidious su tutte, la somiglianza è palese) e punta su cliché del genere e su facili espedienti ormai usurati (rumori dal nulla, presenze alle spalle, urla improvvise), piuttosto che su qualcosa di fresco ed originale, in grado di coinvolgere anche gli spettatori esigenti.
La storia stessa dello scrittore in crisi che si trasferisce con la famiglia per ritrovare se stesso è abusata (Stephen King vi dice niente?), per non parlare dei poliziotti stereotipati e della casa “maledetta”.
Alcune cose funzionano, non c’è dubbio: l’alone esoterico che avvolge l’intera pellicola mette i brividi in più di un’occasione, l’idea di mostrare gli omicidi attraverso i filmati super8, visti con gli occhi del protagonista, è furbetta e d’effetto: ma è troppo poco, almeno per il sottoscritto.
Vi starete chiedendo se vi consiglio di vedere Sinister oppure no. Beh, dipende da voi: se avete apprezzato Insidious (io non più di tanto), allora questo film fa per voi e potreste trovarlo più valido ed efficace di quanto sia capitato a me.
Se invece andate cercando un horror originale e fuori dagli schemi allora passate oltre senza eccessivi rimpianti. A voi consiglio The Innkeepers e Kill List, tanto per citare due pellicole molto valide uscite di recente e ancora inedite da noi.
Dispiace perché Derrickson aveva per le mani un film potenzialmente ottimo, ma non è riuscito ad andare oltre una stiracchiata sufficienza.