Con Smith & Wesson Baricco torna al teatro, strizzando l’occhio al circo, e all’eterno fascino del raccontare storie.
Titolo: Smith&Wesson
Autore: Alessandro Baricco
Editore: Feltrinelli
Pagine: 108
Prezzo: 10,00 euro
Con Smith&Wesson Baricco, a vent’anni dalla pubblicazione di Novecento, torna al teatro, ma è al tendone del circo che guarda: l’autore torinese, come un direttore-presentatore, orchestra infatti una trama divertente e gioiosa che flirta con la tradizione dello spettacolo popolare.
Wesson è un tipo diretto, rozzo fino alla volgarità, mentre Smith è compunto, si tiene al sicuro dietro la sua educazione e la ricercatezza del suo linguaggio. Il primo ripesca dal fiume sotto le cascate del Niagara i cadaveri dei suicidi, il secondo raccoglie dati statistici per le sue ricerche pionieristiche sulla meteorologia: una classica coppia comica, basata sulla contrapposizione tra due caratteri, che Baricco sa utilizzare con freschezza grazie alla precisione ben architettata dei dialoghi.
Ad interferire in questa dinamica a due irrompe (proprio nel bel mezzo di un racconto coinvolgente che resterà sospeso lasciando lo spettatore con la smania di conoscerne il finale, a riprova della padronanza con cui Baricco utilizza i trucchi del mestiere) Rachel, un’aspirante giornalista.
Sarà lei a mettere in chiaro la situazione con un’onestà che non può non catturare le simpatie del lettore: i tre protagonisti di questa pièce condividono la frustrazione di una vita che era stata piena di aspettative e che si è rivelata invece misera, inconcludente.
Per riscattarsi da questo destino di mediocrità insapore, Rachel propone agli altri due di compiere un’impresa che donerà loro gloria imperitura: la giovane donna salterà dalle cascate del Niagara, e Smith e Wesson l’aiuteranno in questo folle proposito.
Sullo sfondo di questa bizzarra storia, l’immensità delle cascate del Niagara, eterno monito che rammenta agli uomini quel tipo di grandezza cui costantemente aspirano ma che quasi mai riescono a raggiungere. Tema centrale di questo testo teatrale è infatti il rapporto tra quotidianità e splendore, tra esistenze comuni e capacità di cogliere in esse la bellezza celata.
Un esempio lampante di questa concezione della vita è l’elenco dei fatti accaduti nei 21 giugno precedenti al salto di Rachel (collocato in quella data, nel 1902), una lista di piccoli e grandi avvenimenti che coinvolgono gente qualunque: con la storia delle cascate si fa anche quella delle esistenze ordinarie, limpide e lucenti nella loro umanità.
Questa poetica delle piccole cose illuminate dal genuino stupore per la grandezza che nascondono richiama un certo modo (forse mitizzato) di intendere il circo, ed in effetti nel testo si possono trovare diverse allusioni a questo spettacolo popolare, a partire dalla coppia comica (che ha una lunghissima e gloriosa tradizione nei pagliacci) passando per i riferimenti ad impresari stile Barnum (che con l’espressione The greatest show on Earth metteva al centro della sua arte proprio la grandezza) e ad artisti che, come l’acrobata Nick Wallenda che nel 2012 le ha realmente attraversate su un filo a 45 metri d’altezza, legano il loro nome alle cascate del Niagara.
La struttura stessa dell’opera, con brevi scene e cambi frequenti (il secondo atto si apre ad esempio con un lungo movimento che è una sorte di carosello frenetico, quasi una danza concitata) ricorda l’andamento dello spettacolo circense.
Ma è, come abbiamo già detto, soprattutto l’esaltazione primordiale del grande gesto (in questo caso il salto dalle cascate) ad avvicinare Smith&Wesson al circo, nel cui stesso DNA c’è il confronto con la grandezza, attraverso virtuosismi del corpo che esaltano l’uomo nell’incontro-sfida coi suoi limiti.
Una grande difficoltà nello scrivere per il teatro è trovare il registro corretto affinché i dialoghi siano credibili: si rischia sempre di essere stucchevoli e spesso si cade nell’errore di lasciare che il significato dell’opera non emerga dal plot e dalla sua evoluzione ma venga esplicitamente dichiarato nelle battute dei personaggi che si esprimono così in una maniera scopertamente didascalica che non verrebbe mai usata nei dialoghi veri.
A volte, soprattutto alla fine del primo Atto, anche Baricco paga questa difficoltà, mettendo in bocca ai protagonisti in maniera troppo insistita l’analogia tra il salto dalle cascate e quello verso la grandezza aspirata, un parallelismo che rimanendo implicito sarebbe risultato meno ingenuo.
Lo stesso meccanismo, invece, non dà fastidio nel monologo della signora Higgins (la padrona dell’hotel vicino alle cascate), in cui la botte nella quale Rachel si chiude per buttarsi nel Niagara assurge esplicitamente a metafora della solitudine di ogni uomo, chiuso nel buio delle sue paure in attesa speranzosa che una musica ne alleggerisca il salto, che un amico venga a salvarlo dalle rapide; in questa parte l’anziana donna si rivolge al pubblico, rompendo l’illusione teatrale, uscendo dal realismo e dalle sue convenzioni: la signora Higgins cessa di esser personaggio e diventa narratrice, e ciò le consente di dichiarare la morale del suo racconto (che altrimenti risulterebbe posticcia) perché rientra nella retorica e nel gusto per le parole che ogni bravo narratore coltiva. Veniamo così all’altro grande tema di questo libro: il fascino delle storie.
Baricco ha saputo trovare una vicenda accattivante punteggiandola con momenti memorabili (uno su tutti, il ricordo del momentaneo prosciugamento delle cascate nel gennaio 1867 a causa di un inverno particolarmente rigido) in cui il piacere del racconto si dipana in tutta la sua potenza.
Una delle didascalie finali suggerisce, per Smith e Wesson, un atteggiamento da venditori di fiera, ed in effetti il futuro dei due prevede la messa in piedi di un baraccone-tirassegno.
La storia si conclude così laddove era iniziata, nel pieno intrattenimento popolare, inteso nella sua accezione più alta, quella capace di cogliere un’esigenza immortale per l’uomo, che Baricco ripropone con forza e partecipazione: c’è sempre una storia da raccontare e che vale la pena di essere ascoltata.