A sort of fairytale, di Paolo Maini e Ludovica Ceregatti, è un fumetto interessante che propone in maniera originale una storia classica.
A sort of fairytale di Ludovica Ceregatti e Paolo Maini è un fumetto decisamente interessante. Ambientato in uno scenario post-apocalittico che potremmo definire classico in cui l’umanità non dà certo il meglio di sé.
Cannibalismo, animali mutanti (o mutanti), iperviolenza, mancanza di qualsiasi rispetto della vita umana sono all’ordine del giorno. Un mondo che ricorda molto quello raccontato da Cormac McCarty ne La strada, anche se la protagonista di questa storia è una bambina, la piccola Zoe.
In questo primo numero non viene ancora spiegato cosa sia successo al pianeta, vediamo solo gruppi di persone in fuga alla ricerca degli avamposti di civiltà dispersi in quel che resta di un mondo ormai distrutto.
Durante la sua fuga verso il nulla, o verso un’illusione chiamata speranza, Zoe incontra un amico che sceglierà di starle accanto e di aiutarla, un Bigfoot. Che si tratti del mitico Bigfoot o di un animale mutato in un mondo in cui esistono anche alligatorsi, iene ferali e dirus, Bigfoot resta accanto alla piccola Zoe difendendola da bestie e uomini. Che, in un mondo come questo, non si distinguono più di tanto. Una specie di fiaba insomma…
La storia dunque mixa in maniera fluida una serie di parametri classici: mondo post-apocalittico, protagonista indifesa accompagnata da guardiano potente ma disumano, gang di cattivi alla Mad Max, il vecchietto buono che fa da nonno ma ci lascia le penne quasi subito, il capo dei cattivi con relativo sgherro che comanda sulla truppaglia… Insomma, i topoi classici del genere ci sono tutti.
Sarà interessante vedere come gli autori svilupperanno la storia, che in questo primo volume scorre bene e colpisce nel segno sia a livello di scrittura che di disegni. Interessante anche il modo in cui Ludovica Ceregatti (disegni e colori) inserisce elementi fiabeschi in una storia che è tutt’altro che fiabesca: esemplare a questo proposito il Bigfoot che sembra quasi la proiezione dell’immaginazione di un bambino piuttosto che un essere reale (o realistico).