Star Wars: The Rise of Skywalker, la recensione con SPOILER di Danilo Villani per Sugarpulp MAGAZINE dell’ultimo capitolo della saga di Guerre Stellari.

Prima di iniziare la recensione di Star Wars: The Rise of Skywalker un paio di doverose premesse.

Ho avuto il piacere di assistere alla visione del film in una sala IMAX. Essere al centro della scena con un sound terrificante ha influito, e non poco, sulle sensazioni che troverete descritte in seguito.

Il film è stato posto in programmazione il 18 dicembre. Sono trascorse quasi due settimane e quindi, chi non ha potuto o voluto visionarlo, appartiene a quella categoria de “io lo vedo su SKY” perciò me ne fregherò altamente di quella cosa comunemente denominata SPOILER.

La domanda ricorrente relativa alla terza trilogia è stata: “cui prodest?”. Certamente alla Disney, certamente alle maestranze che hanno contribuito alla sua realizzazione, certamente a più di un interprete che, grazie alla diffusione globale, avrà tratto indubbio beneficio per progetti futuri.

Il pubblico, relativamente ai precedenti episodi, ha espresso più di qualche perplessità mentre larga parte della critica ha fornito stroncature da manuale.

Da qui la febbrile attesa per il IX episodio fortemente atteso al varco, vuoi come occasione di recupero, vuoi come definitiva (?) conclusione della saga.

A dire la verità, un minimo di prevenzione da parte mia c’era. Bastava pensare all’espressione di Adam Driver, un misto tra nerd dentro e soggettone del gruppo, bastava pensare al “pentimento” di Luke Skywalker circa la sua esistenza da Jedi e, last but not least, l’artifizio digitale usato con la rimpianta Carrie Fisher già sperimentato con Peter Cushing in Rogue One.

E invece… Il fatto che il plot si svolga in sole 16 ore, quasi in tempo reale, senza prolungati e noiosi flashbacks temporali, con una miriade di scene d’azione corredate dai soliti effetti speciali della Industrial Light and Magic rende il film velocissimo nonostante la sua durata.

Due ore abbondanti di puro divertimento. Certamente i cinefili avveduti troveranno da ridire sui buchi della sceneggiatura, sulla sorprendente rentrée in grande stile dell’imperatore Palpatine, su qualche interrogativo al quale chissà se sarà mai data risposta.

Magari i puristi potevano segnalare in fase di pre-produzione sceneggiatori come Haggis o un regista del genere Mallick perché sai l’Io, l’introspezione, la lacerazione interna sono importanti per Star Wars. Sti cazzi opus est in questo caso.

Il film riesce a prenderti, a divertirti e in alcuni casi, anche ad emozionarti. La Forza è presente e lo spettatore ne è coinvolto.

Cosa non mi è piaciuto

  • Adam Driver. Dopo 3 films ancora mi chiedo perché.
  • Cosa ha fatto in questi decenni l’imperatore Palpatine. Magari un piccolo accenno non sarebbe stato sgradito.
  • L’incompletezza delle voci Jedi. Con le attuali tecniche digitali una clip audio di Corrado Gaipa, e quindi di Obi Wan, sarebbe stata un valore aggiunto. Voto 5 al direttore del doppiaggio.
  • L’imbiancata finale di Poe. Dopo tanto pugnar, neanche un contentino…

Cosa mi è piaciuto

  • Il cameo di Harrison Ford. Il tempo vola ma la figaggine resta.
  • Nonostante sia lontana anni luce dai miei ideali di femmina, Daisy Ridley riesce a fornire un’immagine eroica e sensuale a un tempo.
  • Vedere Billy Dee Williams trasudare lo stesso entusiasmo dopo 36 anni
  • La fusione di Palpatine e lo sgretolamento dei Sith. Dopo 42 anni era ora che si togliessero dalle parti intime.

Cosa mi ha letteralmente gasato di Star Wars: The Rise ok Skywalker

  • Il tributo all’opera di Frank Herbert. D’altronde George Lucas non ha mai nascosto il fatto di aver preso spunto dalla stessa per la stesura della saga. Il cinefilo e il lettore accanito potranno facilmente trovarlo nelle pieghe del film.

Consigliatissimo.