Storia di un Dio da marciapiede di Francisco Gomez Ledesma racconta il fascino di una Barcellona che non è certo quello delle cartoline per turisti

Storia di un Dio da marciapiede Titolo: Storia di un Dio da marciapiede
Autore: Francisco Gonzalez Ledesma
PP: 353
Editore:
Giano Editore
Prezzo:
17,50 euro

Francisco Gonzàlez Ledesma, barcellonese classe 1927, è uno di quegli scrittori ancora troppo poco pubblicati in Italia (ma anche in Spagna fino alla fine del franchismo, nonostante ad appena 21 anni avesse vinto un premio internazionale del romanzo con “Sombras Viejas – Vecchie Ombre” assegnatogli da una giuria presieduta da William Somerset Maugham, fu costretto a pubblicare i suoi racconti con lo pseudonimo di Silver Kane poiché accusato dal regime di essere ‘Rojo y Pornografo’) e attualmente in fase di ‘scoperta’ nella nostra penisola.

Storia di un dio da marciapiede segue la pubblicazione dell’altrettanto avvincente Mistero di strada (2008 Giano editore) in cui il protagonista è un vecchio poliziotto disilluso vicino alla pensione, che svolge il suo servizio nei quartieri più malfamati di Barcellona, in perenne conflitto con i suoi superiori: l’ispettore Méndez è una carogna, un cinico bastardo che non segue nessun regolamento e non esita a sparare con la sua pistola regolarmente fuori ordinanza.

Eppure, nonostante la sua intrinseca carognaggine, non è certamente un Callaghan in versione catalana e, nonostante tutto, ha ancora un cuore nel vero senso del termine, un cuore che pulsa, pulsa per le vecchie battone, per i poveri delinquenti senza arte né parte, per i derelitti e gli emarginati i quali finiscono per caricarsi sulle loro fragili spalle la miseria e lo squallore che la società del benessere gli scarica addosso, un cuore che lo fa commuovere più per i cani che per gli esseri umani (eccezion fatta a volte per i bambini).

D’altronde in due diversi passi del libro è lo stesso Méndez a descriversi cosi:

…Io non sono altro che l’ultimo ispettore dell’ultimo commissariato di quartiere di Barcellona. Io sono l’uomo delle pensioni da due soldi, dei negozi di preservativi, dei portoni pieni di siringhe che puzzano di piscio, dei marciapiedi con le gatte in calore….

e rivolgendosi a una bambina

Non ti siederai, come me, nel sordido commissariato dove entrano drogati che vomitano, ragazze macchiate di sperma che accusano il padre, checche vogliose che non possono più sedersi e puttane ladre cariche di medaglie della madonna…Mai, per tua fortuna, avrai bisogno di parlare con quello stronzo di Méndez.

Lo stile preciso di Ledesma si riscontra anche nel modo in cui il narratore onniscente (la descrizione dello sviluppo narrativo in terza persona) sembra a volte rivolgersi tanto ai lettori che al protagonista stesso del romanzo.

Nonostante alcune analogie quali l’amore per il Barrio Chino e per i quartieri popolari di una volta, quando erano popolari nel vero senso del termine, e l’idiosincrasia verso qualsiasi forma di potere, il personaggio di Ledesma è ben lontano dal famoso detective privato Pepe Carvalho creato dalla magistrale penna di Manuel Vazquez Montalbàn, non solamente per il suo culto del cibo popolare e regionale, per il piacere di bere vini esclusivamente dozzinali e per la sua passione per la lettura (i libri, a differenza di Carvalho, non li brucia, li legge, seppur è diventato “il terrore del vecchio mercato di libri usati di Sant Antoni” a causa del suo indebitamento con i proprietari delle bancarelle per acquistarli).

Fino a questa nuova avventura il vecchio Méndez non aveva praticamente mai messo piede fuori dalla sua amata città e sarà proprio la compassione per un cane che gli farà scoprire casualmente un cadavere di una bambina: quest’indagine lo porterà prima a Madrid e poi addirittura in Egitto tra le tombe dei faraoni, una novità assoluta per una persona abituata a girare a piedi e non prendere nemmeno i mezzi pubblici nei suoi spostamenti in città.

In questa indagine incontreremo affaristi opportunisti, poliziotti corrotti, terroristi, killer professionisti e una bambina cieca come la signora che l’ha adottata. Un intreccio che segue le regole del giallo, dove il susseguirsi dei colpi di scena tiene avvinghiato il lettore fino all’ultima pagina; però quel che emerge dai romanzi di Ledesma è ben altro che solamente un perfetto meccanismo narrativo, anzi, questo, alla fine, viene quasi dimenticato, poiché quel che resta nella memoria del lettore sono le atmosfere, gli odori (o meglio ‘la puzza di piscio’ dei vicoli del Raval o di Gracia) di una Barcellona che non è quella dei turisti sulle Ramblas o dei visitatori della Sagrada Familla e del Parc Guell, tantomeno quella Barcellona post olimpica o quella dei campioni che calcano l’erba del Camp Nou.

Del resto la Barcellona che descrive così vivamente Ledesma è una Barcellona che probabilmente non è mai esistita in quanto rappresenta un emblema di un passato immaginario piuttosto che reale, un passato comunque verso il quale l’autore esprime una profonda nostalgia, nonostante probabilmente non sia mai esitito, come quello del secolo d’oro raccontato ai caprai dal Don Quixote nell’XI capitolo del capolavoro di Cervantes: un passato (e una città) che risultano, proprio perché immaginari, più veri di quelli che realmente esistiti e che ancora oggi possiamo respirare, seppur ancor per poco tempo, nelle vecchie bettole del Barrio Chino e del Poble Sec o di zone meno conosciute di Barcellona come Sant-Estaciò e Horta.