Sindrome da revival

Ormai è un dato di fatto: il cinema e la televisione di questi nostri anni dieci stanno soffrendo un’acutissima sindrome da revival. Si sprecano le etichette – remake, reboot, sequel, prequel e via dicendo- ma la sostanza è sempre la stessa: riportare in vita qualcosa che credevamo morto e sepolto con esiti che oscillano spesso tra l’infelice ed il disastroso (vogliamo parlare di Terminator Genisys o del più recente Ghostbusters?) . Lo scopo di questi progetti è cristallino: puntare su uno zoccolo duro di fan vogliosi di rivivere le gesta di eroi e personaggi cha hanno segnato un’epoca, diventando a loro modo fenomeni generazionali. Sto parlando di un vasto bacino di spettatori che nonostante recensioni negative, critiche e scomuniche “consumerà” comunque quel prodotto – esso un film o una serie -, anche solo per poter dire “è una vera schifezza”.

Bene ma non benissimo. Anzi, male. La formula, però, funziona e vista la scarsità di idee che imperversa ad Hollywood le case di produzione preferiscono puntare su un usato sicuro piuttosto che tentare nuove e imprevedibili strade. Ed è così che ogni tre per due ci ritroviamo alle prese con blockbuster e show che, con la falsa promessa di farci rivivere le antiche emozioni, si rivelano baracconi privi di idee, copie dopate ma sbiadite degli originali tanto amati in passato. Nonostante la pericolosità insita in questo tipo di operazioni i capoccia di Netflix si sono dimostrati ancora una volta un passo avanti agli altri. Nessun remake o reboot legato ad un titolo specifico bensì un’intera serie di otto puntate –numero per nulla casuale- che pesca a mani basse nell’immaginario degli anni ’80, con un carrettata di citazioni che nemmeno Tarantino, un paio di attori esplosi proprio in quegli anni (Winona Ryder e Matthew Modine), musiche che sembrano uscite direttamente da un lungometraggio di Carpenter ed una ricostruzione certosina della società americana dell’epoca.

Stranger Things, una serie perfetta

Diciamocelo: Stranger Things è la più grande furbata mai concepita dalla piattaforma statunitense. E pur essendo la serie più sfacciatamente commerciale di sempre è anche una scommessa vinta. In primis perché riesce ad intercettare spettatori di tutte le età: piace ai giovani (la storia è fondamentalmente un mix di young adult, sci-fi e horror), ai “diversamente” giovani (chi è cresciuto negli anni ’80 non è più esattamente un pivello. Il tempo passa, baby) e…a tutti gli altri, perché è una fiction ben scritta, ottimamente interpretata e crea da subito la giusta e sana assuefazione.

Inoltre i fratelli Matt e Ross Duffer, ideatori dello show, hanno messo subito le cose in chiaro dichiarando senza troppi giri di parole che Stranger Things sarebbe stata “a love letter to the ’80 supernatural classics”; una serie presentata dunque con un’identità ben precisa e che non ha paura di recuperare l’ingenuità naif di tante pellicole che hanno caratterizzato gli eighties. La premesse della storia non possono non ricordare teen movie come i Goonies, E.T., Stand by me, Navigator e le otto puntate sono infarcite di citazioni e strizzatine d’occhio in grado di fare la gioia di tutti ma proprio tutti i nerd (Da Poltergeist a La Cosa, da Dungeons & Dragons a Stephen King e chi più ne ha più ne metta…) .

I fratelli Duffer hanno tentato di fare con una serie ciò che JJ. Abrams ha realizzato con il suo Super8, raggiungendo un risultato nettamente superiore. Stanger Things è così convincente da risultare più anni ’80 di qualsiasi film anni ’80. Gli immancabili haters ed i criticoni lo etichetteranno come una mera scopiazzatura, ma questo show è molto di più perché dietro all’idea di recuperare un intero – immenso, in tutti i sensi – immaginario, si nascondono intuizioni coraggiose e originali a partire dal tema della “realtà parallela” (non una novità, ma sviluppato in maniera personale) sino ad un finale che…mi ha sorpreso piacevolmente.

Insomma, Stranger Things è come una festa a tema ben riuscita: se ci vai con lo spirito giusto ti divertirai un botto. Il mio consiglio e di mettere da parte tutto quello che avete letto e sentito e di godervela con gli occhi del bambino che siete stati, senza troppe seghe mentali. Non potrete che innamorarvene.