Suburra è il film italiano dell’anno. Un noir che non fa sconti e conferma ancora una volta lo spessore di Stefano Sollima.

Pochi cazzi: Stefano Sollima è il miglior regista italiano in circolazione, con buona pace dei vari Sorrentino, Garrone & C. Certo, questo status non gli verrà mai riconosciuto dalla critica, quella vera, per almeno tre motivi.

Primo, Sollima fa film di genere ed è letteralmente “figlio” del genere (il padre Sergio fu negli anni sessanta e settanta apprezzato autore di spaghetti western, noir, polizieschi e dello sceneggiato Sandokan).

Secondo, durante i suoi film non ci si addormenta (chi ha orecchi per intendere, intenda).

Terzo, fa del tanto bistrattato “intrattenimento” (che brutta parola!) il perno portante del suo cinema. Insomma, tre peccati capitali.

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Mentre scrivo il sindaco di Roma si è recentemente dimesso ed è già scoppiato il primo scandalo appalti in vista del prossimo Giubileo.

Dopo lo shock di Mafia capitale, la città eterna sembra non trovare più pace o forse, tristemente, non riesce più a nascondere come un tempo il suo lato meno presentabile.

Un lato che Giancarlo De Cataldo ha più volte raccontato a partire da Romanzo criminale sino ad arrivare, appunto, a Suburra, scritto a quattro mani con il giornalista Carlo Bonini.

Il primo punto di forza della pellicola è uno script ineccepibile, senza sbavatura alcuna. Pur rimanendo una storia corale, con tanti protagonisti e punti di vista diversi, come consuetudine di De Cataldo, il film elimina definitivamente tutti i personaggi positivi, concentrandosi ossessivamente sul marcio.

Gli sceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia intagliano una trama magnifica, scorrevole ed accattivante allo stesso tempo, perfetta per la durata di un film. Cosa che non era riuscita, ad esempio, nel Romanzo criminale di Michele Placido, dove la carne al fuoco era davvero troppa.

Sollima fa quello che gli riesce meglio: ritmo, montaggio alternato (suo marchio di fabbrica), scene d’azione che in Italia si vedono raramente (su tutte la sparatoria nel centro commerciale); infine, una messa in scena cupa e maestosa, tanto da rimandare a certi affreschi metropolitani del grande Michael Mann.

Un cast in stato di grazia fa il resto. Favino giganteggia; Amendola, tra un episodio dei Cesaroni ed una puntata del Grande fratello si ricorda finalmente di essere un attore di razza; Germano è qualcosa più che convincente ed Alessandro Borghi è ormai una certezza; senza dimenticare Giulia Elettra Gorietti e Greta Scarano, figure femminili borderline che si trovano invischiate in un gioco più grande di loro.

E poi c’è lei, Roma, la vera protagonista della pellicola. Una Roma sommersa dalla pioggia, lunare e decadente.

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Una città stanca, stuprata dal malaffare, suo malgrado centro nevralgico in cui il potere e la criminalità continuano (e continueranno) imperterriti la loro danza, nonostante i morti e gli scandali.

Suburra diventerà presto una serie che debutterà su Netflix (!) con lo stesso Sollima a curare il progetto. Il che dovrebbe far riflettere sugli enormi meriti del regista romano nel far risorgere non solo il cinema di genere, ma un’idea di cultura popolare purtroppo persa negli ultimi decenni.

Speriamo che il solco tracciato dal sodalizio Sollima-De Cataldo sia solo l’inizio di una nuova esaltante stagione del cinema e della serialità made in Italy.

Guarda il trailer di Suburra su Youtube.